Editoriale

Settimana di referendum in Europa, inizio di campagna presidenziale in Francia: la questione dell’identità

Dal nostro corrispondente d'Oltralpe

Luca  Costa

di Luca  Costa

si organizzano i referendum su importanti temi come quello dell’immigrazione di massa? Nei paesi di punta della grande tradizione democratica europea? Niente affatto, si organizzano in Ungheria. Orban: drôle de dictateur, un dittatore che organizza referendum. Che i tiranni dipinti dai media occidentali (Orban, appunto, e Putin) siano diventati i più democratici di tutti? Forse sì. In Francia se ne parla moltissimo, si discute, si dibatte, ma non si vota. Pas question di chiedere cosa pensi o voglia la gente, dalla Rivoluzione in poi, la volonté générale appartiene alle élites, non al popolo. L’accoglienza dei migranti, che comporta costi sanguinosi per le finanze di un paese dove aumentano vertiginosamente i disoccupati, i poveri, quelli che non trovano casa, che non ne possono più della criminalità dilagante, fa discutere. In Francia, ovunque: tutta l’Europa si divide sulla questione migratoria. Ovunque la stessa retorica e la stesse polemiche … e gli stessi insulti. Con l’Ue che spinge (sdraiata di fronte ai diktat USA) per un’accoglienza illimitata e incondizionata, e la sinistra con le sue élites mediatiche…anche. Chi osa proporre modelli e soluzioni differenti (come Orban) a tutela della nazione, è trattato da fascista…chi alza la mano per far notare i disastri sociali ed economici del multiculturalismo e dall’immigrazione di massa…anche. Fascisti ovunque …la solita storia. Il metodo della sinistra è sempre lo stesso: le tesi di chi si oppone al pensiero unico politicamente corretto non si discutono bensì si squalificano: fascisti! reazionari! Etichette buone per tutte le stagioni. Di fronte alle élites mondialiste ed europeiste e alle loro continue ingerenze sulla politica interna, il popolo francese ha ormai chiaro che il problema fondamentale di fronte alle questioni sollevate dai flussi migratori, non è più quello della sovranità bensì quello dell’identità. La Francia è in ebollizione, e nel territorio nessun Comune (cioè nessuna comunità) è più disposto ad accettare ulteriori quote di migranti. Perché? Razzismo? Non scherziamo, la Francia ha da sempre accolto tantissimi immigrati e accoglie ancora a braccia aperte tantissimi italiani (io, ad esempio), portoghesi, e altri cittadini europei. Ma quando si parla di immigrati di cultura islamica, è tutta un’altra storia, e i francesi lo sanno: l’arrivo di dieci richiedenti asilo è ragionevole, di mille immigrati è ragionevole. Ma far entrare un milione di richiedenti asilo e milioni di immigrati, provenienti da culture impossibili da assimilare, in quanto cariche di un disprezzo ideologico irriducibile nei confronti della Francia, vuol dire correre il rischio di perdere la propria identità. Cosa vuol dire perdere la propria identità? Un esempio: nel XVIII secolo la Polonia (spolpata dalle “tre aquile”, Russia, Prussia e Austria) perse la propria sovranità, ma non la propria identità di paese cattolico, così il popolo polacco ha resistito, e resiste e vive ancora oggi. Invece in Francia, nelle periferie, scuole, ospedali, vi è un altro popolo che afferma la propria identità contro quella francese e mira ad ottenere pari dignità di fronte alla legge (menù halal alla mensa, minareti con muezzin, burkini, poligamia, velo integrale, apologetica islamica nei manuali scolastici, arabo a scuola, medici donne per le loro donne negli ospedali): l’islam. E cosa fa il governo francese da trent’anni a questa parte? Dissolve nel nulla l’identità francese (lingua, religione, cultura, gastronomia, etc.) convinto di poter così indurre i nuovi arrivati ad integrarsi in un una nuova koinè repubblicana (un po’ come vorrebbero fare in Italia i sinistroidi partigiani del “via i crocifissi dalle scuole, via le opere d’arte scandalose, via i presepi, più moschee!”, etc.). Risultato? il disastro. L’Islam avanza compatto, il comunitarismo dilaga, mentre la Francia si “suicida”, come afferma l’intellettuale di destra Eric Zemmour (ovviamente bollato come fascista…). È ormai chiaro a tutti quale sarà la parola chiave della campagna elettorale (appena iniziata) per l’elezione del Président la République del 2017: identità. Tutti i candidati ormai ne parlano, strumentalizzando più che altro (vedi Sarkozy), ma nessuno ha il coraggio di proporre soluzioni concrete. Ad avviso di chi scrive nemmeno il tanto discusso Front National ha le carte in regola per dare al paese la svolta necessaria. Dopo quarant’anni di inesorabile de-cristianizzazione del paese e di cataclismi culturali, per la Francia è arrivato il momento di fare i conti con il problema dell’identità nazionale. Trovare la forza per pretendere l’assimilazione incondizionata degli immigrati islamici…oppure scomparire. Il dibattito c’è, si discute, il popolo vorrebbe anche dire la sua e gli intellettuali che denunciano il disastro non mancano. Tuttavia, l’impressione è che ormai i buoi siano usciti dal recinto…

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