Editoriale

Caso Regeni, vedremo quanto conta l'Italia al momento di pretendere la verità

Mentre noi ci riempiamo la bocca con la nostra superiorità di democratici puri gli altri ci ammazzano senza complimenti

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

a crudele uccisione di Giulio Regeni in Egitto offre lo spunto per diverse considerazioni sulla nostra attualità, a partire dai commenti fioriti sui mass media. Cominciamo col riaffermare, in linea con il comune sentire e senza timore di essere retorici, che si tratta di un giovane eroe e martire, come tutti coloro che sanno di rischiare la vita per testimoniare le proprie idee, quali che siano.

Quanto alla crudeltà dei suoi assassini, l’intera storia dell’umanità è fatta di uccisioni, torture e nefandezze da parte di chi detiene il potere nei confronti di chi questo potere mette in discussione, da Gengis Khan ad Abu Graib, passando per Hitler, Stalin e chi più ne ha più ne metta. E non è solo questione di regimi: senza arrivare agli estremi di cui al caso in parola, perfino le forze di polizia di ordinamenti democratici non di rado fanno registrare comportamenti criminali. Del resto, non si può pensare che in un paese come l’Egitto, per di più in stato di guerra, il cittadino possa usufruire della pienezza dei diritti civili come li conosciamo in “occidente”.

Qui vale la pena di sottolineare come la tragica fine e il misterioso ritrovamento del cadavere del nostro connazionale, con il contorno delle imbarazzate dichiarazioni ufficiali delle autorità locali, rientrino, con ogni probabilità, nel quadro delle sotterranee lotte di potere all’interno del regime instaurato da Al Sisi: intervento delle polizie segrete, opposizione sorda dei Fratelli musulmani, dissidi sulla conduzione della guerra all’ISIS e chissà quali altre faide, magari senza escludere segnali da mandare all’Occidente ed all’Italia stessa.

Ma se diamo uno sguardo ai commenti della nostra stampa, al di là degli ovvi e condivisibili accenti di sdegno e vicinanza ai familiari del giovane, infastidisce, una volta di più, l’aura – stavo per scrivere: la spocchia – di superiorità democratica in cui sono avvolti quei commenti. In questo trovarobato tirato fuori ancora una volta dalla soffitta del Pensiero Unico, ci sono il rammarico per dover intrattenere rapporti – economici in primis, ma anche diplomatici e militari – con paesi retti da regimi autoritari; i candidi auspici per l’instaurazione, in quelle sventurate plaghe, della democrazia; la pretesa di misure sovranazionali per punire non solo i responsabili materiali, ma anche i mandanti politici di questo e similari crimini.

Il fatto è che troppo spesso ci si dimentica non solo che, secondo Aristotele, la democrazia è solo una delle possibili forme di reggimento politico, ma anche che questa forma, prevalente nel mondo cosiddetto “occidentale”, è la risultante di processi millenari, dalla polis greca ai giorni nostri, passando per la dissoluzione degli imperi, la nascita degli Stati nazionali, le rivoluzioni cruente in Inghilterra, Francia e Stati Uniti, senza dimenticare la Riforma, l’Enciclopedia, la sconfitta dei totalitarismi del XX secolo e così via. La stessa categoria di Stato non appartiene, a pieno titolo, che alla minoranza di paesi e culture che formano l’agone internazionale, la maggioranza di questo essendo rappresentata da regimi autoritari, teocrazie e consessi tribali. Pretendere di esportare la democrazia con i bombardieri, con i missionari, con le multinazionali, ignorando le specificità culturali dei popoli destinatari di tali attenzioni, è a dire poco rovinoso (basterebbe pensare all’Irak e alla Libia). E tralasciamo le considerazioni dettate dalla realpolitik, che impone agli Stati sedicenti virtuosi un habitus di interessata ipocrisia.

Tornando al caso Regeni, non si può che essere d’accordo con il nostro Guardasigilli Orlando, il quale ha dichiarato che si pretende dall’Egitto “determinazione, trasparenza e rapidità” nella conduzione delle indagini. E’ a questo punto che assume rilievo il prestigio internazionale dell’Italia: la nostra Repubblica è in grado di far pesare il suo ruolo nell’accertamento della verità e nella punizione dei colpevoli?

I precedenti in materia non sono confortanti: la tutela dei propri cittadini all’estero sembra essere, storicamente, il tallone d’Achille dell’Italia, come dimostra, da ultimo, il caso dei Marò. Quando è stato preso in ostaggio un giornalista, un cooperante, un sacerdote, il massimo che siamo riusciti a fare è stato pagare un sostanzioso riscatto, per di più negandolo. Seguiremo gli sviluppi di questo nuovo, tragico episodio: gli esordi non sembrano autorizzare inversioni di tendenza, a partire dalle versioni ufficiali inaccettabili (l’incidente d’auto, l’aggressione di criminali comuni), fino alla scarsa collaborazione ad oggi fornita ai nostri investigatori – polizia e carabinieri – inviati in Egitto. Staremo a vedere, senza dimenticare il ruolo insostituibile di quel paese e dei suoi attuali reggitori nella lotta al terrorismo islamico.

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