Volgarità inaccettabili

Ancora una volta non siamo Charlie Hebdo, e la satira dovrebbe avere un limite

Nessun buon gusto, nessuna compassione, nessun sentimento di solidarietà con i morti dell'aereo russo, in compenso guadagni milionari

di Marika Guerrini

Ancora una volta non siamo Charlie Hebdo, e la satira dovrebbe avere un limite

Non si ride alle spalle dei morti innocenti

Quando lo scorso gennaio si impose al mondo l'attentato a "Charlie Hebdo" e i riflettori si accesero sull'univocità delle folle e dei canali d'informazione al grido "Je suis Charlie" e "Siamo tutti Charlie",  fattisi simboli di difesa della libertà di stampa e di solidarietà con il giornale, confondendo la parola libertà con vilipendio, blasfemìa, sacrilegio etc.  e in molti casi menzogna, noi dichiarammo senza mezzi termini "No, jamais, je ne suis pas Charlie! ".  Da allora Charlie Hebdo da giornale che viveva alla giornata quasi sull'orlo del fallimento, si è arricchito di milioni di euro ricevuti in donazioni da decine di aziende, istituzioni, persone comuni. Da allora, dopo l'ospitalità nella sede di Libération vive quasi in incognito in una sede-bunker costata 1milione e 500.000 euro. Da allora è passato da una tiratura di 60.000 copie precedenti l'attentato alle 300.000 di quest'anno, da 7.000 abbonamenti precedenti a 210.000, senza contare la tiratura di 8 milioni di copie del numero subito successivo al 7 gennaio, che riportava la vignetta di Maometto in lacrime. 
Pur ricco e famoso, ora, Charlie Hebdo non ha mai smesso di ragliare, al contrario, visto che  il mondo continua ad alimentare la vita della sua carta straccia ritenendola portavoce di libertà d'espressione,  l'ha fatto anche in questi giorni, ha ragliato, no, non su Maometto o sulla Trinità o soggetti del genere, ha ragliato sulla morte di 224 persone, ha ragliato sul frantumarsi del Metrojet Airbus A321 russo partito da Sharm el-Sheik per San Pietroburgo e spezzatosi in due a pochi minuti dal decollo. Ha ragliato sulla tragedia. Tragedia senza un perché, un come, non ancora, dato che la versione del micro-ordigno nella stiva o in qualche altro luogo a bordo, non  convince, né lo fa la rivendicazione dell'Isis, entrambi le versioni fanno troppo gioco a favore dell'Isis e a sfavore della Russia, troppi gli interessi in campo, chi è saggio attende, vaglia, pensa e... attende.

Ma Charlie Hebdo non ha atteso e a tre giorni dal disastro ha pubblicato le vignette sacrileghe che per scelta noi non pubblichiamo: " Daesh: l'aviazione russa ha intensificato i suoi bombardamenti" questa la scritta sulla prima in cui viene raffigurato un jihadista dell'Isis che si protegge il capo mentre dall'alto cadono pezzi di aereo e persino un corpo, e: " I pericoli del low cost russo" dice la scritta sulla seconda vignetta la cui illustrazione riporta un teschio con occhiali da sole semi fusi dall'incendio dell'airbus disegnato sullo sfondo, mentre il fumetto dice: "Avrei dovuto prendere l'Air Cocaïne", in riferimento alla vicenda dei due piloti francesi di recente accusati di traffico di droga dalla Repubblica Domenicana alla Francia.
Quel che sconcerta, ma neanche tanto, è che su quest'ennesima azione indegna di qualsivoglia giornale e di qualsivoglia satira anche se caustica come in Charlie Hebdo, la nostra stampa non abbia preso posizione o quasi, si sia pronunciata solo riportando le parole di sacrosanto sdegno di molti russi tra cui Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, portavoce del Ministero Affari Esteri di Mosca, Aleksandr Romanovich, vice capo della Commissione della Duma per gli Affari Internazionali, Konstantin Kosaciov, presidente della Commissione Affari internazionali del Senato etc. Si potrebbe continuare a comprendere l'intera Unione Giornalisti della Russia il cui  segretario Timur Sharif si è così espresso riferendosi a Charlie Hebdo: " Lo staff della rivista ha oltrepassato la linea di confine che separa il giornalismo libero a la libertà di parola dalla volgarità, dal cinismo e dalla provocazione criminale", parole che sottoscriviamo pienamente e senza dubbio alcuno, così come sottoscriviamo le parole di Dimitrij Peskov con cui chiudiamo: "Nel nostro paese questo si chiama sacrilegio e non ha niente a che vedere con la democrazia o la libertà di espressione". Anche nel nostro ci piacerebbe dire, ma ci limitiamo al personale: anche per noi e qualcun altro, dato che il silenzio nel condannare i ragli di Charlie Hebdo nella nostra stampa si fa sentire.

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