La notte dopo gli esami

Diario di bordo della maturità: fra paura, risate isteriche, patti di mutismo provocatorio e poi la nostalgia

Entrare nell'età adulta significa abbadonare con sollievo e un po' di malinconia la scuola dove ancora essere una classe significa essere una comunità

di Tommaso Nuti

Diario di bordo della maturità: fra paura, risate isteriche, patti di mutismo provocatorio e poi la nostalgia

Quando tutto finì, quando guardarono i risultati affissi pubblicamente sul muro della scuola, le preoccupazioni, le tensioni, i litigi o qualsiasi tipo di discussione svanirono nel nulla. Erano altre persone. Ragazzi come nuovi, impacchettati ma consapevoli di aver passato un mese indimenticabile, nel bene e nel male. I saluti scorrevano immersi nel fluire dei ricordi che tornavano a galla via via che gli ormai ex compagni si guardavano in faccia e ridevano,mentre un sorriso strappava loro il ricordo più bello di tutti: la loro classe.

Il 16 giugno non era una serata come altre, la mattina successiva alle 7 la sveglia avrebbe suonato la solita musica stressante e per quanto potessero aver dormito, i ragazzi avrebbero avuto la prima prova dell’esame di maturità. In realtà, quello che preoccupava gli alunni di quella classe così strana non era la prova in sé, ma l’atteggiamento che avrebbero avuto nei suoi confronti. Erano sempre stati abituati ad affrontare una particolare situazione in gruppetti di amici molto spesso separati tra di loro; stavolta però l’esame, la maturità e la commissione che avrebbero trovato davanti li avrebbero scelti e giudicati uno ad uno, da soli. Così però, non sarebbe stato.

La sera del martedì infatti si erano ritrovati a cantare a squarciagola le canzoni più improbabili con una bevuta in mano e il piatto stracolmo dal buffet dell’aperitivo nell’altra. Erano sempre i soliti, qualcuno però aveva rinunciato ad uscire preso dall’angoscia, qualcun altro aveva litigato con la ragazza mentre altri invece, come al solito, erano clamorosamente in ritardo. E’ incredibile come un solo evento come la maturità abbia il dono di poter far sembrare una serata così speciale. Timore, paura, voglia di concludere un ciclo, soddisfazioni: tutto ciò dopo quella settimana sarebbe passato. Il problema era che ancora la fine sembrava troppo, troppo lontana.

Uno di loro alzò il bicchiere per aria incitando al brindisi per gli anni passati insieme e tutti lo seguirono. Riaffioravano molte cose alla mente: interrogazioni, compiti, polemiche molto spesso inutili con professori che evidentemente di ascoltare non avevano proprio voglia.

Era una classe strana; una di quelle che nel giro di pochi giorni poteva passare da una grande famiglia unita ad un tutti contro tutti per le più insignificanti vicende.

Le piccole cose facevano la differenza e nel caso di quel gruppo l’inferno si scatenava per le assenze alle interrogazioni “programmate”, o per le varie richieste d’aiuto che andavano a vuoto durante un compito. Era tutto sospeso su un filo precario e leggero pronto sempre a rompersi. Quando questo però non veniva spezzato, poteva reggere qualsiasi urto.

“ Ma voi siete pronti per domani?”.

“ Non ho mai studiato così tanto, ma non mi ricordo niente”.

“E come fai?”

“Non importa, adesso mangio e bevo un po’, ci penserò domattina”.

Fra bevute energetiche, caffeina che scorreva dentro le tazze nelle nottate piegati sui libri, quella classe si era giocata praticamente tutte le carte. 

La mattina del 17 giugno e quella successiva volarono sotto gli occhi degli studenti, increduli di essere sopravvissuti con suggerimenti e sconforto, nel mezzo tra le camminate in stile sentinella dei vari professori della commissione.

Le prime ore del compito di matematica furono l’emblema della V F: quando la presidente della commissione dette il via alla prova, una manciata di ragazzi si trovò di fronte a numeri, lettere e grafici che non avevano mai visto prima. All’incrociarsi di sguardi esplodeva un’inevitabile risata, mista di tristezza e isteria; poi un secondo sguardo si soffermava sui compagni piegati sui fogli a scrivere interminabili serie di numeri e il tutto scaturiva in una seconda risata, di totale paura; un altro sguardo, e gli occhi si spostano sul compito, con equazioni e risultati da dimostrare. Ma le prime due prove, in attesa di quella del 22 giugno, furono un ostacolo che risultò, tutto sommato, abbordabile.

Ci fu un pomeriggio in particolare in cui quattro o cinque compagni si ritrovarono a casa di uno di loro per interrogarsi in modo da prepararsi al famigerato “quizzone”: domande a raffica, a cui però venivano date risposte molto spesso vaghe e incomplete. Tutto ciò scoppiava in una risata condivisa, smettevano per un po’ di studiare e chiacchieravano in terrazza, chi con una sigaretta accesa e chi “messaggiando” con il cellulare, in attesa di affrontare la prova di lunedì.

La domenica pomeriggio le chat dei telefoni si riempirono di informazioni. Si passava dal chiedere la data di nascita di Sigmund Freud a domandare ai potenziali “100 e lode” quali domande potessero fare su fisica. Già, la bestia nera di quella classe si poteva presentare sotto forma di tre fatidiche domande a sorpresa. Così, fortunatamente per i più, non fu.

La mattina della prova i ragazzi si presentarono a scuola due ore prima dell’inizio, nella speranza di poter avere qualche informazione sulle materie oggetto del test, ma invano. Le domande si moltiplicavano fra loro, le interrogazioni improvvisate davanti al cancello della scuola sottolineavano la situazione di molti: si passava da chi sapeva perfino le date delle opere di storia dell’arte a chi non sapeva chi fosse Adolf Hitler.

Dopo tutto però, anche la terza prova passò fra lo stupore di molti.

Al giorno delle affissioni dei risultati c’erano risultati strani: chi prima pensava di sapere poco aveva preso di più di chi era quasi sicuro di averlo fatto bene, ma tutto sommato per quasi tutta la classe andò bene. 

“E ora si ride”

“ Perché?”

“Il 3 ho l’orale, devo ancora farmi tutto…”

“Domani allora calcetto, così ci passa per un giorno il pensiero”.

“ Sei completamente pazzo… ma ci sto!”

Fu straordinario come venne affrontato l’orale. Qualcuno si isolò completamente, cambiando addirittura telefono per non essere rintracciabile. Qualcun altro invece condivideva il suo tempo con le persone che gli stavano più vicine, confrontandosi sulle varie materie.

Si sa che nei momenti difficili, per quanto l’esame possa rappresentare un ostacolo effettivo, le reazioni sono diverse a seconda dei vari caratteri. Qualcuno aveva acquisito nuove sorelle, come la caffeina o la taurina delle bevande. Altri ancora preferivano veder sorgere il sole tra le prime pagine del libro di storia, così da arrivare a vedere il tramonto e chiudere il libro.

Fu la serata del 24 giugno ad essere la colonna sonora dell’esame. Ancora oggi, a ripensare a quella notte, i ragazzi ringraziano la maturità per aver fatto vivere emozioni che infondo, porteranno inevitabilmente per tutta la vita. Un primo aperitivo, poi la discoteca, i cori, gli abbracci. Un’altra bevuta e la pioggia finale. Naturalmente erano tutti in motorino.

 “ Va bene, mi faccia la dimostrazione del teorema di Lagrange .”

Nome mai sentito, sguardo perso nel vuoto, scena praticamente muta.

“ Ok, allora passiamo a fisica; illustri brevemente il circuito RLC “

“ Ehm, sì, il circuito RLC… “

Seconda scena muta, fra le risatine dei compagni in sottofondo mentre assistevano all’orale dell’amico, ma consapevoli che avrebbero fatto lo stesso. Esisteva quasi una sorta di “patto” mai detto esplicitamente: matematica e fisica andavano affrontate in silenzio. Era impensabile che un amico fra molti di quella classe potesse rispondere a qualcosa di queste due materie.

Fra i compagni increduli però uno di loro, il più impensabile, cominciò con disinvoltura a illustrare e dimostrare grafici, teoremi ed esperimenti di fisici e scienziati mai sentiti prima. Le facce degli amici sulle sedie dietro l’interrogato si allungarono, gli sguardi si incrociarono per l’ennesima volta e per polemica uscirono dall’aula. Fu una cosa spontanea, quasi telepatica che condivisero insieme. Un gesto quasi scaramantico e di protesta contro un amico che aveva “violato” quel patto.

Dall’altra parte, se i ragazzi si presentavano con qualche lacuna davanti ai professori, le ragazze di quella classe cominciavano ad aggiungere e limare le rotelle dell’ingranaggio dello studio: sapevano tutto. Chi più chi meno riuscì a scampare dalla commissione. Le sedie erano così vicine, le menti così lontane. I potenziali “cento” si confermarono, alcuni rimasero delusi, altri stupefatti. Tutto in un mix di emozioni che o verranno incorniciate nei ricordi, o totalmente cancellate. Tuttavia è impossibile poter rimuovere una parte della propria vita. Si può non considerare, si può ignorare, altrimenti si può prendere e considerarla base per ripartire.

Fra errori, sviste e qualche aiuto tutti passarono: i voti scivolarono da sorprendenti a mediocri, altri ancora con qualche rimpianto dovuto a situazioni non troppo favorevoli, ma consapevoli alla fine che tutto lo sforzo era finito, che l’incubo era concluso.

L’esame ingrossa le spalle, gli scritti e poi l’orale le fortificano e perfezionano ponendo fine ufficiosamente alla maturità di un ragazzo, che però non si conclude integralmente nello svolgimento di un semplice test, o di alcune domande.

È un percorso lento, quotidiano, con persone con cui si condivide la vita per cinque anni. Giorno per giorno si entra a contatto con realtà totalmente diverse che formano una persona. Situazioni, vicende, conversazioni con persone vicine o di passaggio portano a traguardi che da soli sarebbero irraggiungibili.

Uscire da quella classe, varcare l’ingresso della scuola e girarsi significa fare un passo avanti in una nuova scuola, più grande, quella della vita. Il liceo per quei ragazzi è stata una palestra per le situazioni che dovranno affrontare durante il loro percorso, quello più serio che si costruiranno un mattone alla volta insieme o da soli, non importa.

Quello che consideravano un lungo labirinto con poche probabilità di uscita si è infondo rivelato una strada da percorrere con amici e compagni di classe.

La maturità è l’ultima scena di una rappresentazione, un ultimo spettacolo alla fine del tour. Attori, protagonisti, ragazzi di quella che è stata la messa in scena di un viaggio lungo e particolare dei ragazzi di quella strana classe, assorta nelle luci mattutine di un sole scolastico. Bidelli, professori, preside e compagni di classe hanno sviluppato un percorso funzionale al miglioramento individuale di ognuno di loro.

Cala il sipario, un ultimo saluto prima di intraprendere la propria strada, quella che verrà costruita insieme a chiunque possa dare una mano, un piccolo aiuto per costruire un altro grande film come lo è stato quello dei ragazzi di quella meravigliosamente strana V F.

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