Editoriale

Tornano i dinosauri, sugli schermi e nel nostro immaginario

Perché questa passione per gli animali preistorici, perché i bambini ne sono affascinati?

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

itornano sugli schermi e, soprattutto, riaffiorano nell’immaginario di noi spettatori, i dinosauri. Il record fatto registrare nei botteghini di tutto il mondo da “Jurassic World”, il film di Colin Trevorrow, ricalca il precedente di Steven Spielberg, “Jurassic Park” e offre lo spunto per qualche riflessione sulle motivazioni di fondo di un simile successo planetario. Ripropongo qui l’articolo che scrissi anni fa sul tema, avendone riscontrato la persistente attualità.

I dinosauri sono dunque fra noi. Sono in una sala cinematografica su tre, sono alla Stazione Termini, sono sul teleschermo domestico, sono nei negozi di gadgets, sono in libreria, sono insomma sotto i nostri occhi e nel nostro immaginario. Eppure la nuova scossa innescata dal libro di Crichton e dal film di Spielberg non è che l'ultima, in ordine di tempo, di uno sciame sismico sotterraneo e ininterrotto, antico quanto l'uomo. Con la loro mole e la loro forza, con la loro misteriosa e improvvisa scomparsa, i dinosauri si agitano da sempre nei nostri incubi e nelle nostre fantasie, in questo essendo nostri contemporanei. E non è solo questione di mostri, di manifestazioni del meraviglioso e del terribile (mostro, fra l'altro, deriva dal radicale mon, lo stesso di monito); non si tratta soltanto dell'ennesima insorgenza metaforica del Male e del Pericolo Universale.

Dal mito del Minotauro ai bestiari medievali, dalle spaventose creature che popolano il Mare Oceano e le sue leggende, fino alle versioni filmiche della teratologia classica - squali e gorilla, lupi mannari e vampiri - nella paura dell'uomo, il Male ha assunto spesso sembianze bestiali, insieme attraendo e respingendo. Tanto che può estendersi forse agli adulti quello che giorni fa dichiarava a Repubblica il pedagogista Antonio Faeti: "Può essere bello l'orrido? Per un bambino sì. Perché i1 bambino non è monotono, non ama le cose linde, ma quelle scompaginate, barocche, grottesche, arzigogolate. E il mostro è tutto questo”. Del resto, basti pensare che il successo di pubblico di Jurassic Park è paragonabile solo a quello recente del disneyano La Bella e la Bestia...

Ma il dinosauro - e qui sta, ancora una volta, l'intuito, qui sta il genio affabulatorio di Spielberg - evoca i1 fondo tenebroso del tempo storico, anzi, pre-istorico. Jurassic Park ci riporta, in qualche modo, all'infanzia del pianeta, in uno spazio e in un tempo in cui la vita dell'uomo non era che futuro, forse remoto.

Jurassic Park è l'inopinata intersezione del passato, del presente e del futuro, è la prefigurazione di un domani possibile e incontrollabile, nato dal caos primigenio che fu la nostra Prateria, l'immensa Distesa Acquea, la Sconfinata Savana. Di più: è Jurassic Park è l'illusione faustiana del Carbonio 14, è la favola del Pitecantropo, la Grande Menzogna di Cro-Magnon, rinfocolata da ritrovamenti come quello della Mummia di Similaun, dal cui seme secco mille donne di oggi vorrebbero essere fecondate. Parodia dell'Eterno Ritorno... Il film di Spielberg sembra rispondere a una ricorrente esigenza di regressione verso un'origine amniotica e zoologica, verso un Eden giurassico, appunto, situato cioè fra dogmi scientifici e sacre leggende, dove l'uomo è ancora assente come specie, ma già si annuncia, inscrivendosi prometeicamente nel destino di una contesa metastorica con l'animalità primordiale. La Bibbia e Darwin, Walt Disney e Francis Fukuyama, James Hillman e Meliès vengono frullati e serviti nella magia di effetti speciali ad alta e sofisticata tecnologia; svago infantile ed esorcismo dell'apocalisse prossima ventura, dove si ritrovano insieme I1 Mago di Oz, L'Apprendista Stregone e Alice nel Paese delle Meraviglie.

A rinnovare continuamente il fascino del Dinosauro, concorrono il vago timore e, al tempo stesso, la tentazione di abbandonare le certezze tangibili offerte dalla materia, soprattutto in quella marca di frontiera rappresentata dalla paleontologia e specialmente al cinema, nel regno dei sogni meccanici eppure immateriali. Ectoplasmi avvolgenti, luminescenti e rombanti, di fronte ai quali cedono il passo enciclopedie e manuali cartacei, e cellulose e papiri sprofondano nella memoria di paludi fumiganti, col contrappunto di strepiti e fruscii di velociraptor e tirannosauri, ma anche nel silenzio insidioso di miliardi di esseri unicellulari.

C'è infine i1 contrasto perenne fra Caos e Cosmo, Dioniso e Apollo, Natura e Città. In Jurassic Park - con maggiore evidenza nel libro - vi è un personaggio, il matematico Malcom, che proprio della "teoria del caos" fa il centro filosofico non solo della vicenda, ma della vita, perfino di quella quotidiana. Vi è il caos in agguato, dietro le speculazioni e le elaborazioni delle menti più astratte e complicate; e non è questione di limiti morali, di codici bioetica, per frenare, in particolare, quelle manipolazioni genetiche ormai ordinarie anche nei laboratori della  realtà; qui è in discussione la continuità stessa della specie e dell'ordine imposto al pianeta.

"...Per tranquillizzarci - dice Malcom - ci siamo illusi che i mutamenti improvvisi avvenissero solo al di fuori del normale ordine delle cose. Consideriamo un mutamento improvviso come un incidente, come uno scontro d'auto. O al di là del nostro controllo, come una malattia mortale. Ma non concepiamo il cambiamento improvviso, radicale, irrazionale, come qualcosa che appartiene al tessuto stesso della nostra vita. E invece lo è, e la teoria del caos ce lo insegna".

Ecco il monito del mostro: ricorda che sei sospeso fra l'Angelo e la Bestia, fra il Caos e la Stella, fra l'Immobilità e il Moto Perpetuo, fra la Vita e la Morte. E ricorda che di tutto questo puoi fare un gioco.

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