“Zitti e Mutu”

Tra follie ed inchini: si ritira Adrian Mutu

«Sembrava una pazzia, loro giocavano benissimo e noi non facevamo tre passaggi, si vede che abbiamo tirato qualcosa fuori da dentro di noi e siamo riusciti a pareggiare questa partita»

di Tommaso Nuti

Tra follie ed inchini: si ritira Adrian Mutu

Adrian Mutu

15 febbraio 2009. 1,2,3 stella. No scusate, pareggio. Corsa verso la panchina in piedi, con le braccia alzate, i giubbotti sbottonati e casacche che volano in cielo. Sembrava la vittoria di una coppa dei campioni, ma era un pareggio della Fiorentina in casa del Genoa, in uno scontro da Champions League.

 Dice addio al calcio giocato anche Adrian Mutu. Non voglio parlare di calcio, mi sono ritirato, questa la dichiarazione del giocatore rumeno nel giorno del suo 36esimo compleanno, contattato dalla rivista Digisport per fargli gli auguri.

Ex Parma, Inter, Chelsea,  Juventus, Fiorentina e Cesena. Stinco di santo? Uomo per bene? Neanche per sogno. Forse però è proprio questo che riusciva a rendere Adrian, nel momento in cui indossava le scarpe da calcio, un vero e proprio fuoriclasse.

Nel 2000 arriva a Parma, dove incontra Cesare Prandelli. Nel 2004, sui giornali esce la notizia della positività dell’attaccante in forza al Chelsea alla cocaina, con conseguente licenziamento, squalifica di 7 mesi e una multa di circa 20.000 dalla Football Association. Nel Gennaio 2005 viene acquistato dalla Juventus, ma non potendo tesserare ulteriori extracomunitari viene tesserato dal Livorno, che a quel punto lo “cede” al club torinese. Nella stagione 2005-2006 totalizza un totale di trentatré presenze con sette gol all’attivo.  A luglio dello stesso anno viene ceduto alla Fiorentina, dove ritrova Cesare Prandelli; strade che si rincontrano dopo Parma, e che porteranno il club viola in alto, fino alla Champions League. 

Dopo essere stato nominato miglior giocatore del campionato italiano, con 17 gol (di cui 5 su rigore), più 6 in coppa Uefa, raggiungendone la semifinale e avendo occupato il quarto posto in campionato, viene multato dalla FIFA per aver rotto il contratto con il Chelsea che lo aveva trovato positivo alla cocaina. 17 milioni di euro. Due infortuni lo perseguitano nel 2008, ma è comunque nominato miglior giocatore rumeno lo stesso anno. Il 15 febbraio 2009 ecco la prima tripletta in carriera, contro il Genoa.

Un’altra circostanza scomoda incrina la carriera di Adrian Mutu; il 10 gennaio 2010, all’interno di alcuni campioni prelevati dalla commissione del C.O.N.I per l’antidoping, si riscontra la presenza di metaboliti della sibutramina, uno stimolante chimico: droga, 9 mesi di stop.  Nel 2011 viene ceduto al Cesena, nel 2012 all’Ajaccio ed infine torna in Romania nel 2014, al Petrolul Ploiesti. Nel giorno del suo 36esimo compleanno, l’8 gennaio 2015, annuncia il suo ritiro dal calcio. Era tornato ad allenarsi a Firenze, nella città che lo aveva lanciato, ma per problemi familiari ha preferito fermarsi, pur avendo ritrovato una buona forma fisica. Voglio stare vicino a mia madre.

Ma chi era Adrian Mutu? Sicuramente uno fuori dalle righe. Un gentiluomo? Non proprio. Era uno di quelli che giocavano per sfogarsi, per connettere la testa ai piedi, ma non per ragionare. Calciava, portava i suoi compagni davanti alla porta, li accompagnava. E poi gol, gol e ancora gol. Dai più complessi ai più semplici, come la punizione contro il PSV Heindoven per il vantaggio viola e il tap-in vincente per il 2-0.

Follia, classe, genio e sregolatezza, in due parole, “il fenomeno”, come lo chiamava la curva Fiesole. Non era esattamente il prototipo di giocatore da prendere ad esempio, quelli che fin da bambino i tuoi genitori o chi per loro ti indicano come obiettivo da raggiungere, da seguire. Ma forse era proprio quell’atteggiamento strafottente, sia in campo che fuori che lo rendeva così speciale. Per adulti e non.

 

Adrian Mutu ha girato molte squadre, ma c’è n’è stata una in particolare in cui ha lasciato la sua firma, in cui quel nome continua a riecheggiare, ed è quella viola.

Spero di essere degno di indossare quel 10 che è stato di Antognoni.

Ha sudato, ha meritato quel numero dieci, quella doppia cifra che ad oggi sembra aver perso il suo vero significato, acquistandone uno banale, a tratti semplice. Ma il numero dieci era del fuoriclasse, era di quello che riusciva a rimettere in piedi una partita, chi prendeva la squadra per mano, se la caricava sulle spalle; Mutu è stato anche questo.

Ma torniamo a quel 15 febbraio. Traversa, gol. Rigore, portiere spiazzato. 3-2. Genoa – Fiorentina sembrava finita, dopo il vantaggio dei genoani con ben tre gol di scarto. Qualcuno a Firenze ha già spento la televisione e rimesso a posto la sciarpa, altri patiscono in silenzio. Ma il colpo del genio l’ha riaperta. Palla al limite dell’area, uno, due rimpalli, poi la palla rotola per qualche metro, tiro a cercare il secondo palo, la rete si gonfia. Mutu ne ha fatti tre, per la prima volta in carriera, nella partita forse più importante per quella stagione. Poi la corsa folle e decisa verso l’abbraccio dei compagni e della panchina. Una macchia bianca formata da giocatori della Fiorentina si catapulta sopra “Il Fenomeno”.

Firenze è sempre stata e sempre sarà riconoscente a ciò che Mutu ha fatto per la squadra gigliata, per la squadra della sua città. Chiaro ed evidente è, che il suo carattere abbia acceso gli animi dei tifosi, molte volte in negativo. Ma nel fondo di ogni cuore Mutu si è ritagliato uno spazio, un suo spazio, come ogni campione sarà in grado di fare.

 Dopo lo stop legato alla positività all’antidoping, torna in campo a Bologna il 2 febbraio 2009. Mutu spazza via ogni dubbio sul suo conto con una prestazione al di sopra di ogni aspettativa condita da una doppietta e da una maglietta alzata nel momento del gol con un numero: “100”, come i gol messi a segno in Italia.

 Un altro gol, stavolta all’Artemio Franchi di Firenze, uno dei tanti. Corsa verso la sua curva, la Fiesole. Era ormai diventato tifoso della sua squadra, ma prima di questo di se stesso e dei suoi compagni. Si ferma, guarda i suoi tifosi e si piega, il braccio destro si allarga. Adrian Mutu s’inchina di fronte alle migliaia di voci che esultano. Adrian Mutu è uno di loro, poi un dito davanti alla bocca in segno di silenzio dopo tutte le critiche legate alla sua vita extracalcistica, il fenomeno ha segnato di nuovo. “Zitti e Mutu”.

 

 

 

 

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