Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Scommetto che vincerà l’Oscar Glenn Close, battendo l’amica –rivale Meryl Streep, candidata per ‘The iron Lady’, con la sua memorabile interpretazione di ‘Albert Nobbs’, film diretto da Rodrigo Garcia (il figlio del premio Nobel colombiano), che lei stessa ha coprodotto e cosceneggiato: ‘Ho rivisto tutti i film di Charlie Chaplin’, ha detto la Close a ‘Repubblica’ . ‘Ho studiato la sua postura e tutti i particolari, li ho fatti miei: le scarpe troppo grandi, la camminata. E, spero, la poesia’. E ce l’ha fatta: la dark Alex di ‘Attrazione fatale’, la marchesa di Merteuil protagonista delle ‘Relazioni pericolose’, la Crudelia Demon della ‘Carica dei 101’, già sei volte candidata all’Academy Award, realizza una perfetta prova di attrice nei panni di un uomo, un ometto alla Charlot, maggiordomo di un albergo della Dublino di fine ottocento, nei cui panni è costretta a nascondersi per poter lavorare. Il suo viso diafano, i suoi occhi vispi e controllati, la sua sofferenza celata e mortificata, l’ingenuo entusiasmo che, contemporaneamente, affiora qua e là, non potranno non entusiasmare i giurati di Hollywood e le platee internazionali. Glenn Close ha da sempre amato questo personaggio, protagonista di un racconto di inizio secolo di George Moore: l’aveva interpretato a teatro 30 anni fa e, finalmente, è riuscito a portarlo sul grande schermo, complici il romanziere irlandese John Banville e il regista ungherese Istvan Szabo.
Albert Nobbs e la vera Glenn Close
‘Albert Nobbs’ vuole essere un omaggio sincero alla faticosa, dolorosa, ingiusta, eppure vitale, esperienza della donna in un mondo costruito e dominato dall’uomo: non è difficile volare con il pensiero- tanto per restare dalle parti in cui il film è ambientato – a uno scandalo affiorato soltanto da poco, quello delle 30mila lavandaie-schiave d’Irlanda, espulse adolescenti da famiglie che non le volevano, costrette a finire in comunità religiose, obbligate per 50 anni, fino al 1966 – senza che nessuno ufficialmente ne sapesse niente – a lavare panni gratis e a subire violenze psicologiche, fisiche e anche sessuali, in un paese dove ancora oggi è vietato l’aborto; oppure ricordare la lunga battaglia delle donne italiane, dal dopoguerra, al boom economico, a oggi, per ottenere gli stessi diritti e le stesse opportunità degli uomini, dal voto, all’istruzione, al lavoro, compreso il diritto di non firmare – nel 2012 - l’inammissibile lettera preventiva di licenziamento in bianco, in caso di gravidanza, e di essere pagate come gli uomini: discriminazione che permane persino nell’America di Obama, dove le donne – secondo un rapporto ufficiale dell’Amministrazione – continuano a guadagnare il 25% in meno degli uomini, a parità di studio e mansioni, nonostante apposite leggi destinate a abolire la disparità salariale uomo-donna.
Esempi tra i tanti: potrebbero essere infiniti e questo articolo un trattato. Ciò che colpisce, commuove e indigna in ‘Albert Nobbs’ è che il film rimarca come, da sempre, la donna sia costretta a dissimulare. Qualunque cosa, il fatto di essere un’orfana maltrattata da genitori adottivi, di aver subito violenza da adolescente, pure il proprio sesso, anche quando provoca a se stessa gioia entusiastica e infantile, e, naturalmente, anche l’omosessualità, persino quando si esprime nel sogno tenero di ‘sposare’ una camerierina maltrattata da un uomo di cui si è invaghita e che l’ha messa incinta. La dissimulazione, il segreto – addirittura del proprio genere e delle proprie scelte sessuali - come primo segno della discriminazione, dell’inammissibilità.
Un tipico sguardo rivelatore della Close
Giustamente le donne non vogliono compassione e, per questo, ‘Albert Nobbs ‘ e Glenn Close si tengono alla larga dalla volontà di suscitare qualcosa di lontanamente simile: purtroppo, però, il finale, realmente commovente, pieno di poesia, paga il prezzo di questo apparente, voluto distacco, fino a sembrare – come un po’ tutto il film – trattenuto e algido, mentre è profondo e toccante. Peccato.
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