Il carcere di Bagram

Afghanistan e non solo: i colori della tortura

Dov'erano gli attuali urlatori dell'Human Rights Watch, dov'erano tutti i media, anche nostri, che come loro ora urlano indignati appellandosi all'organizzazione di cui sopra...

di Marika Guerrini

Afghanistan e non solo: i colori della tortura

Ed ora, ora hanno chiuso il carcere di Bagram, sì, due giorni dopo lo "scandalo". Bagram, quell'inferno che più e più volte le nostre pagine, a partire dal 2012, hanno segnalato, denunciato, quel luogo di abusi d'ogni tipo, torture d'ogni fattura a cui venivano sottoposti i prigionieri "di guerra al terrore", compresi centinaia di bambini di cui il più grande aveva si e no tredici anni. E colori, sì con colori venivano e vengono segnalati nei rapporti i luoghi delle prigioni segrete della Cia, quelle in cui s'aprivano le porte dell'inferno. E quattro erano i colori-codice riguardanti l'Afghanistan: grigio, blu cobalto, arancio e marrone. Già, quattro colori a nascondere indicibili sofferenze. 

Ma non solo lì, non solo in quella terra si consumava e si consuma questa crudele danza colorata, vi sono paesi come la Romania il cui colore in codice è il nero, come la Thailandia il cui colore è verde, come la Lituania il cui colore è violetto, mentre l'azzurro corrisponde alla Polonia, tutte prigioni segrete a marchio Cia. E' il colorato quadro in codice delle nefandezze subumane statunitensi. Sì, statunitensi perché la Cia è solo il braccio nascosto, neanche troppo, di quel paese, dei suoi governanti, qualunque sia il nome, da anni in qua. Non si diventa presidenti Usa se non si è pronti a far eseguire  anche questo genere di azioni, e, quando e se accade che qualcuno si ribelli, fosse presidente o non, si viene assassinati. Eppure nulla accadrà agli esecutori di tutto questo, tanto meno ai mandanti e comandanti, nulla accadrà, tutt'al più qualche parvenza di punizione, tutt'al più qualche capro espiatorio pagherà per tutti o si fingerà che paghi, mentre l'ipocrisia continuerà a regnare sovrana.

Dov'erano gli attuali urlatori dell'Human Rights Watch, dov'erano tutti i media, anche nostri, che come loro ora urlano indignati appellandosi all'organizzazione di cui sopra, al suo dovere di tutelare i diritti umani anziché rendersi complice con il suo silenzio. Dov'erano tutti mentre noi e pochi altri si urlava all'obbrobrio denunciando quelle stesse prigioni. Dov'erano i Governi d'occidente, quando nel 2013 si rese noto che medici militari Usa torturavano i prigionieri, che lo facevano in Afghanistan come in Iraq, come a Guantanamo, altro inferno a cielo aperto che il Nobel "per la pace" Obama, consapevole di mentire, promette di chiudere dal tempo del suo primo insediamento alla Casa Bianca. 

Dov'erano tutti costoro che sapevano, che hanno sempre saputo. Sì abbiamo speso intere pagine su queste atrocità passate sotto silenzio ed ora ci vengono a dire cosa, cosa ci vengono a svelare, i metodi della Cia? E a cosa serve questo dire, a cosa serve questo svelare della stessa Cia circa i propri "metodi perfezionati d'interrogatorio", perché così si chiamano le torture, così si esprimono al proposito i vari John Brennan, i vari James Clapper, rispettivamente direttore della Cia e capo dell'intelligence nazionale Usa, cosa ci vengono a svelare, le aberrazioni di cui sono affetti i loro uomini, dato che non ci si presta a tutto questo se non si sia affetti da ben precise patologie psichiche e psichiatriche? E noi dovremmo credere alla buona fede di questo svelare? Dovremmo stare ancora una volta al loro gioco? 

No, noi non ci stiamo. Eppure, un moto di pietà va indirizzato verso questi esseri, tutti, anche torturatori, perché "non sanno quel che fanno". Forse.

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.