Una finestra sulla storia

I rapporti tra i legionari fiumani e l’associazione degli arditi tra antifascismo e antagonismi

D'Annunzio attinge a piene mani nei miti, nei riti e nei simboli dell’arditismo

di Ivan Buttignon

I rapporti tra i legionari fiumani e l’associazione degli arditi tra antifascismo e antagonismi

Vige ancora la falsa credenza che fa corrispondere il dannunzianesimo al fascismo o che lo vorrebbe come una parte di questo. Nelle righe che seguono ripercorriamo i pochi ma fondamentali passaggi storici che dimostrano invece gli antagonismi tra i legionari fiumani (cui la maggioranza approderà senza riserve all’antifascismo militante) e il fascismo. I due soggetti sono incudine e martello, dove al centro si staglia l’Associazione tra gli Arditi d’Italia, che si schiera con gli uni o con gli altri a seconda delle opportunità politiche.

Tutto inizia alla fine della Grande Guerra in Italia, quando emerge l’idea del combattente quale “categoria umana” che ha il diritto, ma anche il dovere, di porsi alla testa della Nazione.

Ben lo spiega Curzio Malaparte nel suo pamphlet La rivolta dei santi maledetti, in cui sostiene che i soldati, nel caso specifico parla di fanteria[1], debbano dapprima conquistare le istituzioni e nell’immediato seguito creare una nuova civiltà connessa con un nuovo ordine politico, economico, sociale, morale ed etico[2].

Questo nuovo concetto di combattente alla guida di una rivoluzione viene confortata e corroborata dal prestigio degli Arditi, le truppe scelte per gli assalti.

Questi soldati, mentre il bombardamento sconvolge le linee del nemico, escono all’attacco con le bombe a mano e il pugnale. Tutto si sbriga in poco tempo. È la vittoria o la morte. I corrispondenti non parlano che di loro. Le gesta degli Arditi, tutte rapidità e fuoco, fanno dimenticare le miserie, la pena, lo sporco della guerra di posizione[3].

L’Ardito assume così un ruolo politico: quello di rappresentare un combattente di tipo nuovo, che sia di stimolo all’Italia del dopo-Caporetto.

Corre l’anno 1919 quando gli Arditi e Gabriele D’Annunzio s’incontrano. All’incirca un sesto degli arditi della 1° divisione d’assalto (un decimo della sua forza complessiva) segue il Poeta soldato a Fiume.

D’Annunzio attinge a piene mani nei miti, nei riti e nei simboli dell’arditismo.

Si veste quasi sempre da Ardito e vuole gli Arditi intorno a sé come guardia personale. Chiama “Arditi” e “fiamme” i suoi seguaci. Ne adotta l’armamentario di teschi e pugnali[4]. Lancia le grida degli Arditi e ne canta le canzoni di guerra, fino a confondere l’opinione pubblica, che finisce con l’attribuire agli Aditi nell’impresa fiumana un ruolo maggiore del vero.

La scelta dannunziana sfalda allora il fronte ardita. Quello che oggi chiameremmo collateralismo tra Arditi fiumani e Associazionismo ardita si infrange in corrispondenza al I congresso nazionale dell’ANAI (Associazione nazionale tra gli arditi d’Italia), tenuto il 13-14 marzo 1921 a Milano.

L’ANAI afferma l’alleanza di fatto con il fascismo, ma condanna il dannunzianesimo, in quanto definito socialista e internazionalista, nonché una forza che mira a ridefinire l’assetto istituzionale in senso repubblicano, laico, anticlericale e sindacal-socialisteggiante[5].

Altro motivo di divisione sono i progetti insurrezionali con le Sinistre da parte dei legionari fiumani[6], così come le rivendicazioni sulla Dalmazia (mentre sia Mussolini che l’ANAI accettano il Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920)[7].

Non va dimenticato che il movimento legionario tenta di organizzare una centrale sindacale rivoluzionaria che si opponga all’avanzata del fascismo[8]. A ciò si collega la cosiddetta “congiura rossa” dei dannunziani che vogliono esportare la repubblica in Italia con una marcia su Roma e l’insurrezione della Romagna e delle Marche (tentativo fallito sul sorgere causa la contrarietà del Partito socialista)[9].

Infine, all’ANAI non piace il cosiddetto “Disegno di un nuovo Ordine dell’Esercito Liberatore”. Questo atto rivoluzionario, redatto da D’Annunzio assieme al Capitano Giuseppe Piffer, prevede la creazione di un esercito di tipo nuovo - “d’assalto” - basato sul più completo rapporto fiduciario tra il comandante e i suoi uomini, ma anche sull’autogoverno di questi in tempo di pace, senza distinzione di grado[10].

L’ANAI si rifiuta così di far ammettere i legionari fiumani in quanto tali. Appena a fine giugno dello stesso anno, la situazione si capovolge: l’ANAI riprende i contatti con D’Annunzio e incita i propri iscritti a rinunciare alla tessera fascista, pena l’espulsione. Inizia un tira e molla che qui, per motivi di brevità, non sarà trattato.

Ecco allora che l’Associazione degli Arditi, se in un primo momento prende le distanze dal fiumanesimo, perché indubbiamente un fenomeno politicamente rosso, nel periodo immediatamente successivo ritrova una forte convergenza d’intenti in senso esplicitamente antifascista.



[1] C. Malaparte, L’Europa vivente ed altri saggi politici, Vallecchi, Firenze, 1923, p. 12.

[2] G. Pardini, Curzio Malaparte. Biografia politica, Luni Editrice, Milano-Trento, 1998, pp. 47-48.

[3] M. Cancogni, Storia dello squadrismo, Longanesi, Milano, 1959, pp. 12-13.

[4] S. Pozzani, Il D’Annunzio fiumano (1919-1920), Prefazione di Stefano Biguzzi, QuiEdit, Verona, 2010, p. 15.

[5] S. Pozzani, Il D’Annunzio fiumano (1919-1920), cit., p. 15.

[6] R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario (1883-1920), Einaudi, Torino, 1965, pp. 545-587.

[7] S. Pozzani, Il D’Annunzio fiumano (1919-1920), cit., p. 60.

[8] F. Perfetti, Fiumanesimo, sindacalismo e fascismo, Bonacci, Roma, 1988, p. 108.

[9] P. Alatri, Nitti, D’Annunzio e la questione adriatica, Feltrinelli, Milano, 1976 (II edizione), pp. 421-424.

[10] R. De Felice, D’Annunzio politico 1918-1938, in AA. VV., D’Annunzio politico, a cura di R. De Felice e P. Gibellini, Atti del convegno (Il Vittoriale, 9 - 10 ottobre 1985), Garzanti, Milano, 1987, pp. 87-88.

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

    3 commenti per questo articolo

  • Inserito da piccolo da Chioggia il 01/04/2014 16:16:47

    a Annabell: sono tutte cose che so perchè le ho lette sui memoriali di Costa, o sui testi di De Felice. ho intravisto poi una volta il pronipote del capitano Maroni, un vero dandy simpaticone tutto abbigliato come un motociclista. ci siamo incontrati in un locale di Venezia ma qui ci sarebbe da raccontare tutta la storia che è quasi picaresca. e in ogni caso dilettevole. cerco comunque di tenermi per quanto possibile a osservare freddamente i miti estetici. pur avendo io qualche pretesa estetica quando imbratto le mie tele di fantasie astratte. ma un conto è la vanità del momento un altro sono il rischio e la decisione. questo lo ho imparato leggendo i testi dei grandi condottieri germanici che ho nominato. sono scettico sulle fumisterie estetiche da "beau geste"...

  • Inserito da annabell il 01/04/2014 13:20:23

    COme fai Piccolo a sapere tutte ste cose, sei una fonte inesauribile di conoscenza e cultura

  • Inserito da piccolo da Chioggia il 01/04/2014 13:13:46

    questo eccellente scritto mi muove alle seguenti concise e fredde ovvero gelidamente siberiane riflessioni: il vero artefice della resistenza antifascista del biennio 43-45 fu Alfredo Pizzoni, volntario di guerra e già legionario fiumano. ciò è statuito con autorità nell'opera di De Felice. Vincenzo Costa avverte il Duce durante la RSI che nei comitati di liberazione milanesi svariati erano gli ex-fiumani. ma ciò dice lo stesso nulla: il fedelissimo Maroni, il capitano Maroni architetto del Vittoriale dà ospitalità nella dimora dannunziana al comandante della Resega, appunto Vincenzo Costa, quando questi sorte fuori dalla dolce prigione di Volterra (nella quale quasi quasi credo si stia meglio che non in una città lombarda: vista sulle colline senesi dalla fantastica argilla rossa, aria lontana del mare elbano, cacio pecorino e verdure dop etc etc.) riassunto: tra i fiumani c'era di tutto, il bolscevista, il futuro fascista, il monarchico il repubblicano il carabiniere ottuso il delinquente simpaticone. tutti accomunati dallo stesso errore di fondo: quello di credere di contare qualcosa sulla scena internazionale. quando leggo degli arditi non posso che mettermi sull'attenti. ma allo stesso tempo mi vien un po' da ridere. dopo che si è letto "Erinnerungen eines Panzergenerals" di Heinz Wilhelm Guderian, o che si è letto "Soldat bis zum letzten Tag" di Albert Kesselring, o ancora si leggono i dispacci di Erich von Manstein, quelli di Jon Antonescu, le memorie di Saburo Sakai, quelle di Hans-Ulrich Rudel come si possono più prendere sul serio le fumisterie estetiche del 1919-20? Malaparte è bravissimo ma pure lui scrive sui ruscelli della retorica. noi siamo in una provincia delle province europee. da dopo la scoperta dell'America. da quando la povera Venezia, di fronte agli imperi transoceanici di Spagna e Portogallo si scoprì che sguazzava dentro lo stagno adriatico, parte del lago mediterraneo. non scrivo ciò alludendo alle civiltà antiche ma alludendo a quanto si è venuto a profilare negli ultimi due secoli. vorsicht! queste linee non sono assolutamente una critica o una diminuzione dello sforzo generoso degli arditi. ma le prospettive estetiche purtroppo non sono i motori soli degli eventi: dietro il bell'ardito col pugnale scintillante pronto a farsi strappare l'addome da una altrettanto bella scarica di mitragliatrice, il senatore Agnelli tratta con l'alto comando militare le consegne dei Fiat 18bl. banalità direte. vero. però il pronipote dell'ardito oggi fa la fila al supermercato a cercarsi le offerte a minor prezzo. il pronipote del senatore....

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.