Cultura »

Una Finestra sulla Storia

Negli Stati Uniti l’androgina degli anni ruggenti. La flapper.

Il verbo to flap riporta al concetto di irrequietezza: agitare, agitarsi, colpire, battere, dondolare...

di Ivan Buttignon

Negli Stati Uniti l’androgina degli anni ruggenti. La flapper.

Il concetto di androgino è oggi nell’occhio del ciclone del gossip. Uomini-donne, donne-uomini, trans come succulenta preda di notabili e potentati (meglio se politici), atteggiamenti e look omologati. Non più maschile e femminile, bensì tutto (e tutti) unisex. Usato talvolta come sinonimo di trans o ermafrodito, l’androgino non corrisponde né all’uno né all’altro. Non c’entra l’orientamento sessuale, meno ancora i genitali. È un tratto esteriore della persona e a volte della personalità. Indica la coesistenza in uno stesso individuo di aspetti esteriori, sembianze o comportamenti propri di entrambi i sessi. Ne sono esempi Alex Band, cantante e leader del gruppo rock californiano “The Calling”, piuttosto che l’attrice britannica Katherine Mathilda “Tilda” Swinton (l’Arcangelo Gabriele di “Constantine”, tanto per intenderci). Esempi in casa nostra possono essere Andrea Fumagalli “Andy”, tastierista della synth pop/rock band Bluvertigo, o Emma Marrone[1], icona pop del momento.

L’androginia è però un concetto tutto sommato vecchio e che faceva tendenza già un secolo fa o poco meno.

Partì tutto dal diciannovesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America. Approvato nel 1920 dal Congresso americano sotto le pressioni del Presidente Wilson e sottoscritto da tutti gli Stati federati, il documento garantiva il diritto di voto a tutte le donne maggiorenni americane.

Magnanimo, il Presidente Wilson? Macché. Semplicemente un ottimo calcolatore. Doveva assolutamente escogitare un “premio” in favore del movimento femminista, infervorato per l’entrata in guerra degli Stati Uniti.

A quel punto, lentamente, i movimenti per i diritti delle donne iniziano a dissolversi. Sia per l’esaurimento della lotta per il proprio diritto di voto (e per la soddisfazione di aver contrastato efficacemente i movimenti maschili antifemministi che si erano organizzati, con propagande al vetriolo, contro le “suffragette”), sia perché, dopo la Prima Guerra Mondiale, le donne preferirono ritirarsi dalle lotte sociali.

Al contempo, le femministe iniziarono a scorgere tre grandi e gravi realtà:

-       primo, le donne non votavano come un blocco compatto, pertanto quello del “voto femminile” rappresentava un principio fasullo;

-       secondo, parecchi spunti programmatici del movimento femminista vennero accantonati successivamente all’acquisizione del diritto di voto;

-       terzo, le giovani donne abbandonarono l’interesse per le riforme sociali in favore di una posizione piuttosto rivoltosa rispetto ai canoni della società.

È in quest’ambito che emerse una nuova figura femminile, che fece della ribellione contro il “sistema” uno stile di vita, e che fece tendenza durante gli anni Trenta: la flapper.

Le giovani donne che vi si ispirano ambiscono alla emancipazione civile a colpi di un look che insegue alcuni canoni maschili: capelli corti, lisci o a boccoli, sotto raffinati cappellini, gonna corta sopra il ginocchio o lunga con uno spacco da capogiro, mood anticonformista e lunatico.

Celebre flapper è Lousie Brooks, una delle più famose modelle del tempo, mentre Edward Steichen, famoso fotografo degli anni Venti, è l’artista che probabilmente descrive meglio il fenomeno click dopo click.

Il verbo to flap riporta al concetto di irrequietezza: agitare, agitarsi, colpire, battere, dondolare; non a caso la rappresentazione letteraria restituita da Fitzgerald sul fenomeno connota negligenza e volubili scatti, dileggio e sfrontatezza acuminata.

Le flapper si muovono controcorrente. Le donne tradizionali portano i capelli lunghi? Le flapper li accorciano. Le donne tradizionali inseguono gli stili delle mamme? Le flapper li avversano. Le donne tradizionali nascondono il loro corpo? Le flapper lo scoprono. Le donne tradizionali si truccano discretamente? Le flapper fanno largo uso di make-up, soprattutto in pubblico, magari esaltando gli zigomi e assomigliare (paradossalmente) agli uomini.

Le flapper rappresentano insomma una rivoluzione più civile che sociale in senso marxiano del termini. Una rivoluzione estetica ed esteriore ma al contempo cerebrale ed interiore. Un modo di apparire coerente con il concetto del mondo assiepato negli anni ruggenti e dell’era jazz.

 

 

 

 



[1] Così scrivono le riviste scandalistiche, esaltando il suo look maschile e volendola a tutti i costi una lesbica non dichiarata. Personalmente la trovo molto femminile e certamente non bisognosa di maschere lesbiche che la renderebbero (così va il mondo) ancora più famosa o attraente.

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da nico84 il 21/02/2014 10:04:52

    Ma perche fate articoli tanto Inutili quanto stupidi...scomodate nomi come Alex Band sposato tre volte non rispettando le persone...invece parlate della sua voce e del suo talento.Ridicolii

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.