Editoriale

Le sorelle Ligresti non sono simpatiche ma non meritano la tortura del carcere preventivo

Una delle sorelle, Giulia, è in condizioni fisiche e psicologiche critiche, ma il giudiche ha negato la libertà . Anche se sono colpevoli non meritano questo trattamento prima della condanna definitiva, né loro né altri come loro

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

Ligresti non sono esattamente una famiglia di simpaticoni. In tempi in cui le famiglie normali stentano ad arrivare alla fine del mese, guardano con angoscia i prossimi mesi con l'ingorgo fiscale che le costringerà ad attingere, alle ormai sempre più scarse riserve, per pagare le tasse. 

In tempi in cui le speranze che le cose migliorino si fanno sempre più esili, la famiglia Ligresti che ci dicono (e per quanto ne sappiamo non abbiamo motivo di dubitare)  abbia fatto affari non propriamente limpidi (per usare un eufemismo) utilizzando allegramente denaro che non sarebbe stato nelle disponibilità personali per finanziare cavalli, borsette e molto altro, non gode delle nostre simpatie.

Le inchieste avviate su di loro hanno portato alla scoperta di un diffuso malaffare, di conseguenza i loro beni stono stati bloccati. Se le indagini confermeranno la disonestà di comportamenti quali vengono loro imputati è giusto che paghino come prevede la legge.

Quel che invece è incomprensibile è ancora una volta l'accanimento dei magistrati e dei giudici con la carcerazione preventiva.

Il padre, ottantenne, agli arresti domiciliari per raggiunti limiti di età che non prevede il soggiorno in carcere, le due figlie invece sbattute in galera, ormai da diverso tempo Giulia e Jonella sono private della libertà personale in via cautelativa.

La regola dice che i casi in cui si applica la detenzione preventiva sono tre: pericolo di fuga, inquinamento delle prove, reiterazione del reato.

Tre casi che funzionano e hanno motivo di esistere soprattutto quando si tratti di un imputato di delitti di sangue o comunque contro la persona.

Curiosamente però  il carcere preventivo se qualcuno è imputato di stupro, di omicidio, di rapina a mano armata, o furto con scasso  e simili amenità non viene quasi mai applicato. Il sospettato nella stragrande maggioranza dei casi dopo pochi giorni (in genere dopo aver sostenuto l'interrogatorio di garanzia) viene rilasciato in attesa di giudizio. È in genere, le cronache ci dicono, torna a delinquere!

Se proprio è sfortunato gli toccano un po' di domiciliari.

Se invece l'indiziato è accusato di delitti contro il patrimonio, va in galera senza passare dal via, e ci rimane. 

Non importa se, come nel caso delle sorelle Ligresti abbiano ormai rinunciato ad ogni incarico nelle società di famiglia e quindi non possano reiterare il reato, non importa se i loro beni sono stati confiscati e quindi non ne possano godere, in quanto frutto di illecita provenienza (se così sarà provato alla fine).

Non importa se una delle due sorelle sia stata dichiarata, da una perizia non di parte ma dai medici e psicologi del carcere dove è stata rinchiusa, a rischio di anoressia avendo smesso di mangiare ed essendo preda di una profonda depressione.

Il giudice ha respinto la richiesta di rimetterla in libertà, adducendo il pericolo di fuga perché un loro fratello, anch'egli imputato è cittadino svizzero e ha fatto sapere che non intende consegnarsi alle autorità italiane (e come dargli torto, visto il trattamento riservato alle sorelle!).

Si dirà che le sorelle Ligresti, seppure private dei patrimoni personali possono sempre contare su disponibilità economiche di parenti o comunque di mariti o compagni o fidanzati o amici che potrebbero agevolare la fuga. 

Non si tratta di disgraziate qualsiasi come noi o voi. 

Questo è comprensibile, ma allora perché non usare nel loro caso uno dei dispositivi elettronici di controllo dei movimenti (i famosi braccialetti elettronici) che pure sono nella disponibilità dell'autorità giudiziaria (sono pochi ma ci sono) e che giacciono inutilizzati in qualche magazzino?

È la solita storia, il carcere preventivo viene utilizzato come l'inquisizione utilizzava la tortura: per far confessare, per piegare la volontà  dell'imputato, per evitare che in caso di mancanza di prove vada ad un processo che i pubblici ministeri non potrebbero vincere e quindi convincerlo della necessità di un patteggiamento.

Chi sta agli arresti, anche se innocente, a meno di una grande forza d'animo, crollerà e pur di uscire dal carcere in cambio di un patteggiamento che si risolva con la sospensione condizionale della pena, sottoscriverà la propria colpevolezza. 

Lo farà anche se non è colpevole, anzi lo farà tanto di più se non è colpevole, ma se è fragile, se è una persona perbene che non sopporta la gogna sociale del carcere preventivo ingiustificato. È i giudici questo lo sanno e quindi non lo rimetteranno in libertà fino a che non avrà sottoscritto il patteggiamento che aggiungerà una condanna al palmares del magistrato.

Nel caso delle Ligresti, poi, viene anche il sospetto che venga nutrita la speranza che le cattive condizioni di una delle sorelle possa indurre il fratello, considerato latitante, a costituirsi per alleggerire la posizione delle recluse.

Niente di nuovo sotto il sole, le sorelle Ligresti stanno subendo quello che altri (oltretutto innocenti) hanno subito prima di loro, in questo senso bisogna ammettere che i magistrati sono equi e imparziali: ingiusti col ricco e con il povero, con il vip e lo sconosciuto se sospettati di delitti patrimoniali. Se invece si tratta di violenza fisica di qualunque genere, dall'omicidio, alle percosse, alle minacce, allo stalking, massima comprensione e compassione, per il sospettato.

Bisogna dire basta alla tortura, è incomprensibile che chi non si sia macchiato o sia sospettato di reati di sangue venga torturato dalla detenzione preventiva.

Urge la riforma della giustizia. Andiamo tutti a firmare per i referendum promossi dai Radicali: è una battaglia di civiltà.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da donnecontro il 18/08/2013 18:17:46

    "Curiosamente però il carcere preventivo se qualcuno è imputato di stupro, di omicidio, di rapina a mano armata, o furto con scasso e simili amenità non viene quasi mai applicato" sinceramente non mi risulta questa cosa: l'avvocato di Verona che ha ucciso la moglie è in carcere, l'altro che ha acidificato la compagna pure (da diversi mesi), i ragazzi accusati di stupro prima che l'accusatrice fosse sconfessata da numerose testimonianze e da tabulati telefonici si sono fatti tre settimane. Credo che chi ha scritto questo articolo debba portare dei dati a supporto di quanto sostiene, o quantomeno alcuni controesempi. Dai casi di cronaca purtroppo emerge l'esatto contrario, e cioè che chiunque è accusato di questi reati trascorre in carcere, in media, diversi mesi prima di essere ammesso a regimi meno afflittivi.

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