Taci Imbecille

Andrea Scanzi, «il Fatto Quotidiano», 9 agosto 2013

Pur recitando il copione di sempre, fatto di toghe rosse e "Costituenti sulla giustizia", pareva una delle migliori o meno peggiori. E non certo per la piacevolezza fisica, che anzi la Carfagna dimostrava di voler offuscare in ogni modo, quasi a punire un'avvenenza fuoriluogo. Lontani i tempi di Miss 1997, di Frizzi, di Magalli e di Mengacci. E ancor più lontani le foto osè e gli attacchi di Sabina Guzzanti.
Lady Mara era stimata. Non alzava la voce, non si arrabbiava. Soleva indossare tailleur vedovili e ballerine antieros, inseguendo l'antica pretesa di tutte le belle, ovvero il plauso per il cervello e non per le curve. Anche il lungo crine era stato sacrificato all'altare della carriera politica, lasciando spazio al caschetto scuro da donna in carriera. E poi lo sguardo, perennemente e insondabilmente sgranato, come di chi si è imbattuto in qualcosa di oltremodo stupefacente e proprio non se ne capacita.
Mara Carfagna era la colomba dorata nel poco pacificato mondo dei falchi berlusconiani. Allieva prediletta di Silvio, che le dedicò nel 2007 la celebre frase "Se non fossi già sposato, la sposerei immediatamente", sembrava avercela fatta: da Alessia Fabiani Deluxe a Ministro della legge sullo stalking. Novella Jovanotta, era partita da frivoli Gimme Five televisivi per poi acquisire le stimmate della donna impegnata. Assai affabile, da Vespa come da Santoro. Brava a evitare le imboscate, come quando a RaiTre trasformò un'intervista teoricamente perfida di Luisella Costamagna in un contrattacco spietato.
Pare che il suo spin doctor fu Antonello Piroso, socio dell'ex marito Marco Mezzaroma. Il testimone dello sposo era Giuseppe De Mita, nipote di Ciriaco. Quello di Lady Mara era Berlusconi. Luna di miele alle Maldive. Poi la separazione. Da settimane Mezzaroma viene fotografato con Gabriella Giammanco, deputata Pdl e già compagna a fasi alterne di Augusto Minzolini. La Carfagna, legata ora al finiano Alessandro Ruben, è anche direttrice editoriale del portale ThinkNews.
Se qualcuno la attacca in Rete, indossa le vesti della martire vittima di minacce, anzitutto dei grillini, che reputa fascisti 2.0. Neanche un mese fa scriveva che i toni di Grillo incitavano all'odio; poi, quando Bondi ha parlato di "guerra civile", lo ha difeso. Due pesi e due misure, ma guai a farglielo notare: è allora che Lady Mara tira fuori la litania del maschilismo. Come a dire: "Io son donna e dunque inattaccabile". Una tesi così debole da essere cara financo alla Biancofiore.
Poi però il giocattolo si è rotto. Colpa della sentenza della Cassazione, che ha trasformato Lady Mara in una epigona sbiadita della pitonessa Santanchè. Da colomba a falco, quasi come una Stracquadania. A dire il vero, la Carfagna ha sempre avuto una suscettibilità elevata. Il 18 giugno 2009, a Milano, Piero Ricca cercò di intervistarla. Protetta da un'amica poco avvenente (vecchia regola delle belle: avere sempre accompagnatrici che non le offuschino), Lady Mara rispose chiedendo a Ricca di allontanarsi, "perché lei puzza". Lady Mara si mostra elegante quando va tutto bene.
Non appena il professore le dà 7 invece di 7+, il mondo crolla. Se poi al professore (anzi al Maestro) danno 4, quattro anni di galera, il dolore è intollerabile. A Nello Trocchia, cronista del Fatto.it , ha detto il 2 agosto di smetterla "con le domande idiote". Il giorno dopo, al Tg di La7, ha deragliato contro Pippo Civati e Gaia Tortora. Due sere fa, l'errore sommo: l'abbandono dello studio.
Come una Mussolini qualsiasi, che tre anni fa definì "vajassa". Era una puntata normale, Bianca Berlinguer si mostrava incalzante e il "rivale" era Orfini, non esattamente Foreman. Lady Mara non ha però retto all'ardire della conduttrice, che chiedeva ironicamente il permesso di andare avanti. La Carfagna, con maglietta tristemente sgargiante, ha messo su il broncio dei bambini piccati, si è alzata ("Non è questo il modo") e si è tolta il microfono. La Berlinguer non ha pianto dal dolore, Orfini ha continuato a dormicchiare. E Lady Mara è volata via. Terrorizzata all'idea che, senza Berlusconi, non ci sarà futuro. Non politico. Non per lei.

Quelli del «Fatto», si sa, non brillano per eleganza e neppure per signorilità, per non parlare di quel minimo di correttezza che si chiama onestà intellettuale, ma da loro ovviamente nessuno se l'aspetta. Però questo attacco greve e abbastanza rozzo dell'astro nascente del giornalismo di finta opinione (alla larga dalle notizie), Andrea Scanzi – che con la Carfagna condivide senza dubbio il far leva sul fascino personale debitamente sottolineato, nel suo caso, di Scanzi da anelli vari, molto trendy, capello impeccabilmente fashion, abito finto stropicciato secondo la moda del momento– questo attacco francamente sembra tanto dettato dal livore che prova chiunque veda in un altro i propri difetti come in uno specchio che li amplifica dicendogli, guardati! 

L'unico vero rammarico nel caso della trasmissione televisiva dalla quale la Carfagna se n'è andata, è stata la pessima figura fatta dalle due signore: l'on e la direttrice Berlinguer, che si sono comparate come comari nevrasteniche piuttosto che come serie professioniste. Più grave la Berlinguer che come ospite avrebbe dovuto mostrare maggiore tolleranza. Ma sembra che certe donne facciano di tutto per dar ragione agli uomini che le considerano poco capaci di essere equilibrate e di tener saldi i nervi, facendo prevalere la professionalità sulla voglia di tirare la classica frecciatina acida alla rivale.


Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.