UN TRIONFO MERITATO

​Il Farnace di Antonio Vivaldi: prima rappresentazione della prima versione, Venezia, Teatro Sant’Angelo, Carnevale 1712. Prima rappresentazione dell’ultima versione: Firenze, Teatro Comunale, 29 maggio 2013

Un storia davvero avventurosa, e per certi aspetti pazzesca, che però ha permesso al Maggio Musicale Fiorentino di offrire un’esperienza straordinaria e per certi aspetti unica

di Domenico Del Nero

​Il Farnace di Antonio Vivaldi:  prima rappresentazione della prima versione, Venezia, Teatro Sant’Angelo, Carnevale 1712.  Prima rappresentazione dell’ultima versione:  Firenze, Teatro Comunale, 29 maggio 2013

Il Farnace di Antonio Vivaldi:  prima rappresentazione della prima versione, Venezia, Teatro Sant’Angelo, Carnevale 1712.  Prima rappresentazione dell’ultima versione:  Firenze, Teatro Comunale, 29 maggio 2013.  A esattamente due secoli di distanza, o meglio, a esser precisi, a 174 anni, perché la versione andata in scena ieri sera, mercoledì 29 maggio, avrebbe dovuto essere rappresentata a Ferrara nel 1739; ma in seguito a un assurdo boicottaggio nei confronti del “Prete Rosso” la prima rappresentazione ha dovuto (per nostra fortuna!) aspettare fino a ieri sera.

Un storia davvero avventurosa, e per certi aspetti pazzesca, che però ha permesso al Maggio Musicale Fiorentino di offrire un’esperienza straordinaria e per certi aspetti unica: una prima assoluta di uno dei più grandi compositori italiani, vissuto nel primo settecento. E, se si considera che Vivaldi scrisse circa un centinaio di opere e ce ne  sono giunte (o meglio, ne sono state ritrovate) appena una ventina, c’è da sperare che eventi simili siano destinati a ripetersi: ma ben difficilmente potrà ridarsi una prima assoluta di un grande del passato, che neppure i suoi contemporanei avevano potuto vedere o ascoltare.

Il Maggio Musicale ieri sera ha ritrovato se stesso, la sua tradizione, la sua storia di festival nato proprio per riportare in vita capolavori dimenticati o poco conosciuto: missione che ha adempiuto fedelmente, se pensiamo al contributo dato alla riscoperta del Rossini tragico, di Spontini ma anche di Meyerbeer.  E  quanto accaduto la scorsa serata può, anzi deve, segnare una di quelle date memorabili di cui giustamente il Teatro va fiero.

“Piena Solidarietà al Maggio, lunga vita al Maggio” ha esordito il direttore Federico Maria Sardelli, vero protagonista della serata, che ha dato vita a un Vivaldi per certi aspetti nuovo e davvero insolito. E il pubblico, che era quello delle grandi occasioni,  per molti aspetti ha compreso e apprezzato:  lo spettacolo è stato seguito con silenzio e attenzione quasi religiosi (peccato che a disturbare, ogni tanto, fossero alcuni fastidiosi rumori di scena) e salutato da un’ovazione diretta soprattutto al maestro e ai cantanti.

“Far opera senza di me non posso, perché non voglio affidare all’altrui mano  un soldo sì grande. Alle scritture io sono tenuto, onde ecco un mare di disgrazie.”

Così il musicista al suo protettore ferrarese, il marchese Luigi Bentivoglio d’Aragona. Era accaduto che il legato pontificio di Ferrara, il cardinale Tommaso Russo, aveva vietato a Vivaldi l’ingresso in città, con una doppia umiliazione, artistica e …  di stato , per lui che era un sacerdote.  Il motivo, è sempre il compositore a spiegarcelo: “Esser religioso, che non dice messa, e perché ho l’amicizia con la Girò cantatrice”  Ovviamente la caccia al gossip si è scatenata, ma con scarso successo: Vivaldi non sembra affatto essere un libertino, e il fatto che non dicesse messa era dovuto a motivi di salute, per cui ne era stato regolarmente dispensato.

Ma questo “veto” legato, che poi dette luogo al boicottaggio in Ferrara del Siroe,  fischiato il 2 gennaio 1739 e di conseguenza all’annullamento del Farnace, previsto in Carnevale, ha fatto sì che quest’opera di  Vivaldi ci sia pervenuta in una redazione molto accurata, perché il compositore non avrebbe potuto, come era sua abitudine, essere presente alle prove. Peccato solo che la partitura sia mutila del terzo atto;si spera che un colpo di fortuna possa sottrarre anche questo all’oblio.

Infatti, da quanto si è potuto vedere a ascoltare, l’opera vivaldiana (la penultima, tra l’altro, da lui composto ma  l’ultima, il Feraspe,  è oggi perduta) è un capolavoro, sia per la vocalità che per  la strumentazione.

Vivaldi  è molto attento, nelle sue opere, a sottolineare, attraverso le arie, le emozioni dei suoi personaggi. E in un dramma fosco e angoscioso come questo, in cui si fronteggiano soprattutto l’odio e la sete di potere, contrastati dall’amore che però sembra poter far poco in questo contesto: Farnace non ascolta l’affetto disperato della sposa Tamiri, la regina Berenice è tutta chiusa nel suo odio contro il genero per cui dimentica di essere anche madre e nonna, giungendo al punto di voler sacrificare la vita del figlio di sua figlia pur di vendicarsi di Farnace.

Il direttore Sardelli si è dimostrato perfettamente all’altezza della sua fama, dando vita a una partitura avvincente, ricca di colori e di sfumature, drammatica e a tratti maestosa, con effetti strumentali veramente straordinari : Farnace ha così confermato, cosa del resto ormai acquisita,  l’eccellenza di Vivaldi anche nella musica teatrale. I ruoli vocali erano soprattutto femminili: lo stesso Farnace è un contralto, esattamente come la sua sposa Tamiri (ruolo pensato proprio per Anna Girò, la chiacchierata cantante preferita dal compositore), la crudele regina Berenice e la principessa Selinda, sorella di Farnace. Ruoli maschili, ma senza una grande parte, sono Pompeo e Aquilio, mentre il principe Gilade è un soprano.  Gli interpreti della serata si sono rivelati dignitosi ma con voci non molto corpose anche se abbastanza abili nelle coloriture delle arie. Il migliore è stato forse il principe Gilade di Roberta Mameli, sopratutto nella splendida aria “ dell’usignolo” del secondo atto. Il punto più debole dello spettacolo, e quello meno apprezzato dal pubblico,  è stata però la regia di Marco Gandini: il suo proposito di creare “una forma scenica senza le sovrapposizioni di costumi di una qualsivoglia epoca” ha portato ha una realizzazione per alcuni aspetti interessante, ma per altre un po’ dispersiva tra luci a tratti accecanti, tubi metallici, proiezioni di personaggi contemporanei e suggestive, ma poco comprensibili, immagini sullo sfondo.

Un trionfo, comunque, decisamente meritato.

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