La pericolosa anarchia democratica del web

La falsa libertà dei social network ci condurrà a leggi liberticide

Patiboli sociali, insulti e offese gratuite legittimeranno il potere a esercitare una censura indiscriminata. Poi potremo ringraziare Grillo!

di Simonetta  Bartolini

La falsa libertà dei social network ci condurrà a leggi liberticide

L’anarchica democrazia del web rischia di condurci, neppure tanto lentamente, ma impercettibilmente (nel senso che non ce ne rendiamo conto, ubriachi come siamo di “libertà”), ad una reazione antilibertaria che potrebbe conculcare anche i più elementari diritti di espressione e di critica.

Cominciamo dai social network in particolare twitter e facebook. Tutti coloro che abbiano avuto modo di connettersi con uno o entrambi, ma anche coloro che seguano le cronache della stampa tradizionale, sanno che si tratta di piazze virtuali che, a differenza di quelle reali, permettono l’anonimato (nascondendosi dietro un falso profilo) e quindi l’irresponsabilità di quello che si rende pubblico sulle varie bacheche: dal fotomontaggio, all’offesa, all’insulto all’esortazione alla violenza.

Il falso profilo non è difficile da creare perché chiunque può aprire un account di posta elettronica con una falsa identità.

Si tratta di un imbarbarimento etico e civile che negli ultimi mesi ha subito un’accelerazione impressionante, complice la “lezione grillina” che ha fatto del web il luogo della battaglia politica condotta senza regole, guidata dall’istinto rabbioso di chi è legittimamente nauseato dalla vecchia politica. Sollecitare solo l’istinto viscerale cavalcando il malessere diffuso accentuato dalla crisi economica, senza parimenti introdurre l’esercizio del ragionamento della razionalità, del controllo delle reazioni più aspre, senza proporre un modello costruttivo è quanto di più pericoloso si possa immaginare. E i grillini lo hanno applicato coscienziosamente.

Paragonabile solo al fomentare la piazza reale offrendogli gli strumenti (dai forconi ai fucili) per abbattere quello che è stato individuato come nemico. Che poi lo sia veramente o sia solo un falso bersaglio non conta, basta far scorrere la lama della ghigliottina sul collo di qualcuno, anzi di tanti per placare la voglia (inutile peraltro) di vendetta.

Il web e i social network in particolare si sono rivelati meravigliosi (!) strumenti per moltiplicare i patiboli sociali: la protesta, l’insulto, l’invettiva cruda e spesso irragionevole vengono rilanciate senza fatica di bacheca in bacheca, autorizzando sempre più utenti a aumentarne l’effetto violento e deflagrante, rilanciando aggressivamente per dare sfogo alla propria frustrazione (spesso giustificata ahinoi, altre volte solo individuale).

Non è richiesta autorevolezza, raziocinio, argomentazione, non è necessario sapere neppure di cosa si stia parlando in quel momento sul social, basta aver litigato con la moglie, essere frustrati dal capufficio, aver subito il gestaccio di qualche automobilista, andando al lavoro; a fronte di tutta la rabbia accumulata ecco il social, la bacheca sulla quale sfogare la propria frustrazione, lanciare insulti, inserendosi in un dibattito che magari non ci riguarda, di cui non si sa niente, che ci irrita così, a pelle.

Per carità siamo esseri umani, irritabili suscettibili, e i tempi sono tali che abbiamo tutti i diritti di esserlo, il problema è che i social ci permettono di esprimerci senza remore, né regole, né civiltà.

Ma c’è di peggio perché i social, sono mezzi ipocriti e vigliacchi. Infatti a fronte di questa assoluta libertà che ciascuno ha di offendere chicchesia, c’è il controllo della comunità. Ovvero gli utenti possono (come si dice in gergo) bannare e indurre gli amministratori del social a chiudere un account dichiarato sgradito (ma ovviamente l’accusa è di diffondere materiali inappropriati o tenere comportamenti impropri –il problema non è mai la violenza verbale ma semmai il fare troppe richieste di amicizia o il postare troppi messaggi a troppe persone! Che la dice lunga su quali siano i valori tutelati dai social!).

Peccato che i cosiddetti amministratori, che fanno i miliardi con i social e quindi potrebbero spenderne un po’ per pagare chi segua personalmente la faccenda,  si guardano bene dall’esercitare un effettivo controllo, verificare se colui che è stato bannato ripetutamente o segnalato come utente dannoso lo sia veramente: ricevuta la segnalazione chiudono l’account incriminato o gli impongono limitazioni assurde probabilmente attraverso un meccanismo automatico.

È notizia di oggi la denuncia dello scrittore Aldo Nove che si è visto chiudere l’account senza motivo, è accaduto al giornalista Camillo Langone, e chissà a quanti altri finiti nel mirino della democrazia del web che, con la forza di (pochi) numeri, dichiara qualcuno non gradito e lo fa cacciare, così, senza un perché, per la soddisfazione di esercitare un potere su qualcuno, famoso o ignoto.

Twitter non è meglio, anzi la brevità richiesta per ciascun cinguettio è fatta per esaltare la forza offensiva, l’insulto puro, l’offesa gratuita e immotivata.

Ecco perché rischiamo seriamente che la reazione di fronte al malcostume (eufemismo per non dire di peggio) verbale via web sia una censura che, come sempre accade in questi casi, colpirà indiscriminatamente e soprattutto giustificherà uno stato di polizia che conculcherà la libertà di critica e di espressione alla faccia dell’articolo 21 della Costituzione.

In genere accade così si lascia proliferare un fenomeno negativo fino a renderlo inviso alla maggioranza delle persone o almeno fino a quando esso non appaia ingovernabile e potenzialmente dannoso, a quel punto il potere è legittimato a esercitare un controllo e una censura che appariranno giustificate e indispensabili, per quanto liberticide e ingiuste.

È una vecchia legge pedagogica dei genitori democratici nei confronti dei bambini: non hai saputo gestire la libertà che ti ho concesso e ora te la tolgo completamente. In questo modo i genitori si sottraevano all’obbligo e alla fatica educativa che si compie giorno per giorno, con il controllo assiduo, impegnativo e con l’educazione al bene e al male o almeno alle regole, e mostravano il loro limpido valore di educatori democratici dispensatori tolleranti di libertà, fino a quando il bambino, che non può saper gestire la libertà, non sbaglia ripetutamente…

Non occorre continuare… credo.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da NewBalance547 il 15/11/2014 10:37:44

    Xs235New@163.com

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