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Addio

È morto Natale Molari, con un manipolo di amici aveva fondato il Cidas di Torino

Liberale autentico, reazionario convinto, vero rappresentante della società civile, dal 1970 si era battuto per la cultura non omologata

di Simonetta  Bartolini

È morto Natale Molari, con un manipolo di amici aveva fondato il Cidas di Torino

Sigfrido Bartolini e Natale Molari nel 1972

C’è un’età della vita in cui gli amici cominciano a salutarti. Sono quegli amici che hai avuto in “eredità” dai tuoi maggiori, quegli amici che hanno rappresentato modelli di umanità, generosità impegno, cultura, professionalità, affetti.

Questa notte a salutare in silenzio è stato Natale Molari, ai lettori che non lo hanno conosciuto personalmente forse il suo nome non dirà molto, non era un personaggio pubblico nel senso vulgato del termine. Era un torinese tosto, che di professione faceva l’ingegnere, era un uomo della cosiddetta, e ora tanto in voga, “società civile”.

E Natale Molari “civile” lo era nel senso più nobile del termine, per lui il termine civiltà forse era il valore assoluto al quale improntare la propria vita, ciò che si era imposto, insieme ad un gruppo di amici e sodali, di tentare di preservare dal declino, dalla contaminazione, dall’esaurimento.

Così nel 1970 –con un manipolo di imprenditori, manager, persone che avevano fatto dell’essere onesti e perbene il loro scopo nella vita– aveva fondato a Torino il CIDAS (Centro Italiano Documentazione Azione Studi).

Documentare, agire e studiare erano i verbi di un atteggiamento verso una Storia in movimento drammatico che in quegli anni di piombo risultavano immediatamente controcorrente, reazionari, fuori moda, in una parola inequivocabilmente “di destra”, secondo la partizione che ancora stenta a finire nonostante la fine di ideologie, la sparizione delle idee, l’omogeneizzazione al ribasso, per cui “valore” di riferisce ormai solo al prezzo di una divisa monetaria o di un metallo prezioso.

Sigfrido Bartolini, acquaforte realizzata per il convegno del 1973 organizzato dal Cidas

Quelli del Cidas credevano ai valori spirituali, civili, culturali, etici. Mentre le Br a Torino sparavano alzo zero su giornalisti e dirigenti della Fiat, iniziando una rivoluzione cruenta che sarebbe fallita in un decennio lasciando solo sangue e nessuna eredità ideale, al Cidas organizzavano convegni, dibattiti conferenze chiamando gli intellettuali più controversi e fuori dal coro.

Famoso nel 1973 il «1° Congresso per la difesa della cultura – Intellettuali per la libertà» organizzato nel Gennaio con il fine denunciato di rompere il monopolio culturale della sinistra, fra i tanti aderì il commediografo Eugène Ionesco, che fino a quel momento era stato considerato un intellettuale organico. Il risultato fu un titolo significativo sull’”Avanti !” del  19 Gennaio, “Stavolta Ionesco è da dimenticare”. Da allora le sue commedie, messe in scena fino a quel punto con continuità, subirono un marcato ostracismo da parte di un sistema culturale che non ammetteva libertà di pensiero.

Quel Congresso fece in qualche modo la storia della cultura italiana non organica alla sinistra, vi parteciparono, oltre a Ionesco, fra gli altri:  Sigfrido Bartolini, Sergio Ricossa, Vintila Horia, Giuseppe Berto. E soprattutto tanti giovani dentro la sala per ascoltare parole diverse da quelle che venivano loro impartite nelle aule universitarie, nei cenacoli radical chic, sui giornali allineati, e molti giovani fuori della sala: in parte erano poliziotti in divisa a fare da cordone di sicurezza, in parte erano quelli stessi che a Roma Pasolini tacciò di figli di papà, rivoluzionari con il conto in banca, e le loro intenzioni non erano propriamente amichevoli.

Seguirono altri convegni, conferenze, iniziative editoriali che il Cidas –guidato da Natale Molari, e finanziato dagli stessi soci che si tassavano per difendere la libertà di pensarla diversamente– organizzò con la costanza di chi crede nei valori liberali.

E già, perché non si trattava di fascisti nostalgici, ma di onesti liberali che oggi faticano a riconoscersi in una dimensione che avevano difeso con forza e ora si spalma da un’estrema all’altra, indifferente alla verità del suo significato.

Natale Molari, classe 1934, era stato con Carlo Guglielmino (con il quale condivideva la passione per il rugby) e tanti altri (Bodini, Uboldi, Giacometti) l’anima del Cidas.

Amante della vela, alla quale si dedicava con religiosa dedizione nei mesi estivi, ironico fino a rasentare un simpatico cinismo che però si addolciva nel senso dell’amicizia, nella generosità, nell’affetto per i veri amici, un attimo prima di diventare indifferenza.

Questa notte Natale Molari ha salutato, con la caratteristica eleganza del torinese gentiluomo che è sempre stato, senza clamore, accanto ad Anna, sua moglie: era malato da tempo e gli anni non aiutavano, ma negli ultimi tempi la malattia che più lo affliggeva era il mondo che vedeva attraverso i notiziari, la certificazione del fallimento della politica, degli uomini, l’annichilimento di tutto ciò in cui aveva creduto.

Ciao Natale conoscerti è stato un privilegio che non dimenticheremo.

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