Editoriale

Quote rosa di saggezza

Le ultime donne acclamate al governo non sono state gran che, forse meglio passare la mano per una volta

Gianfranco de Turris

di Gianfranco de Turris

offarbacco, ma come ha fatto un Presidente onusto di anni, di comunismo, di politicamente corretto e di una moglie che ha il nome della musa della Storia, a cadere in un simile errore? Come ha fatto, dico io, a non prendere in considerazione la necessità im-pre-scin-di-bi-le di una “quota rosa” di saggezza, ed ha nominato Dieci Saggi (dieci mica due) solo fra maschi, politici, docenti, grand commis di Stato, super-esperti? E così tirarsi dietro le geremiadi di politiche e giornaliste, e dei loro cavalier serventi?

Provo a dare alcune risposte di tanta apparente irresponsabilità autolesionista, dati i tempi che corrono inflazionati dal conformismo dell’anticonformismo.

Intanto, deve aver pensato il nostro Presidente agli sgoccioli, le uniche femmine sagge che si conoscano sono Mamma Oca e Nonna Papera, ma non le si poteva nominare. Poi, deve essersi detto, dopo le prove di saggezza che ci hanno offerto le ministre tecniche (dalla Fornero alla Severino), forse ne abbiano già provate a sufficienza e magari gli italiani non avrebbero gradito. Infine, pover’uomo, deve essere caduto nella trappola di pensare: dal mio punto di vista i Dieci Saggi lo sono già a sufficienza senza stare a scervellarmi su quante e quali Sagge dover inserire con il pericolo di compiere errori: una, due, cinque, sette? Qualunque soluzione avrebbe scontentato le odierne suffragette e i loro caudatari.

Chissà perché, deve aver anche pensato tra sé e sé il nostro Presidente sempre omaggiato (si faccia caso che quasi tutte le critiche sono state generiche e generali senza prenderlo di petto) la questione delle “quote rosa” deve essere considerata un obbligo non una libera scelta. Obbligo (in certi casi addirittura per legge) di inserire una rappresentante del’ex sesso debole pescando dei nomi addirittura a casaccio quando personalmente si ritiene che non ve ne siano di adatti, e dunque alla faccia della tanto decantata meritocrazia. Il che vale per qualsiasi situazione. Una specie di “riserva naturale” (per non dire “indiana”, ma qualcuno si potrebbe offendere) per parcheggiare qualche signora o signorina che magari non lo meriterebbe affatto, o l’amica di qualche amico e così via. Nessuno lo può escludere a priori.

Quando anno fa scrissi più o meno questo ragionamento portandolo alle estreme conseguenze suscitai le ire della signora ministro alle Pari Opportunità Prestigiacomo. Dicevo che con questo ragionamento in futuro non si sarebbero potuti negare altri tipi di rappresentanze, come “quote verdi” o “quote arcobaleno” a lesbiche e omosessuali, e poi più in là quote di altro colore a nuove categorie, come androidi e cyborg (ricordate Blade Runner?). E non si vedeva il motivo di non lasciare spazio nelle scelte oltre che ai “generi” sessuali anche ai “generi” religiosi: quote per cristiani (ce ne sono di vari tipi), musulmani (idem) ed ebrei (idem) ecc.. Se si avanzassero simili richieste in nome di che le si dovrebbero respingere?

Forse il capo dello Stato deve aver pensato anche lui così, non potendosi assolutamente ipotizzare che la sua sia stata una sbadataggine senile.

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