Subculture 0.1

Tribute band ovvero: l'irresistibile tentazione di essere una stella del rock

Solo negli ultimi anni il fenomeno è esploso, e nella sua deflagrazione ha travolto i pub, e live music club di tutta Italia

di Pier Luigi Manieri

Tribute band ovvero: l'irresistibile tentazione di essere una stella del rock

So You Wanna Be A Rock 'N Roll Star  cantavano i Birds.

A loro hanno fatto eco i Rolling Stones (..I know It's only rock'n roll but  i like it, like it, yes, I do), gli Ac Dc ( ...Try playing in a rock n roll band), i Dio (...come as you are, You’re a superstar
) e ancora, Billy Idol, Roxette, Oasis,  insomma chiunque abbia fatto musica professionalmente, prima o poi ha cristallizzato con note e parole la personale suggestione del rock e del fare rock.

Fare rock è un desiderio che in tempi come questi, contrassegnati da appiattimento culturale e omologazione dei costumi, diviene qualcosa di più. Diviene esigenza.

Fuga straniante verso pulsazioni forti come quelle di un  basso elettrico bello tosto, fino a maturare, perché no,  il desiderio estremo di essere qualcun altro, almeno per una buona ora e mezza di concerto.

Salire su un palco e ripeterne le movenze e reinterpretarne i brani più conosciuti entrati nell'immaginario generazionale.

Uno psicanalista probabilmente lo spiegherebbe come  una fantasia adolescenziale motivata dall' inconscio desiderio di rimanere per sempre giovani, o diagnosticando una qualche mania di protagonismo, sta di fatto che il richiamo del gruppo o singolo amato è sempre più avvertito.

Stiamo ovviamente parlando delle tribute band, un fenomeno  in continua espansione e inarrestabile, che da  impiegati postali  a centralinisti,  da giornalisti sportivi a politici, colpisce chiunque, e nessuno resiste!

Il fenomeno a dire il vero non è recentissimo, gli Actung Babies e gli Apple Pies, formazioni dedicate rispettivamente agli U2 e Beatles ne sono stati tra i precursori. Furono proprio questi "gruppi - omaggio", a fissare tutti quegli elementi che  caratterizzano una tribute band, quali l'attenzione ai costumi di scena, che devono essere il più possibile identificabili con quelli originali. O il ricreare l'impianto scenico al meglio delle possibilità laddove, come nel caso dei Pink Floyd, abbia una valenza distintiva.  I nomi scelti poi, sono quasi invariabilmente  giochi di parole che rimandano a titoli di canzoni o album. Non meno rari sono quei gruppi che distorcono il nome originale in qualcosa di assonante. 

Ma è solo negli ultimi anni che il fenomeno è  esploso, e nella sua  deflagrazione ha travolto i pub, e live music club di tutta Italia.  Già perché le tribute band non solo sono spesso composte  da musicisti che sanno suonare e sanno stare sul palco veramente, ma sono una vera e propria manna dal cielo per i gestori di locali. Ogni formazione che si rispetti vanta infatti un seguito di pubblico variabile da centinaia a migliaia di persone, che tradotte in introiti serali, sono  cifre a tre zeri che entrano senza particolare sforzo in cassa.

Oggi il movimento è talmente vasto e codificato, che  le tribute band con profilo e curriculum meno amatoriali, si dotano per promuoversi  di siti istituzionali e  pagine personalizzate nei principali social network.

Indipendentemente dalla qualità di ogni singola formazione, questa scena  può essere presa come specchio riflettente di tutto il fallimento in termini di ricerca e di proposta qualitativa dell'industria discografica, oggi più che mai incapace di offrire o peggio, disinteressata a farlo, artisti di reale valore che resistano alla prova del tempo. Se il settore discografico è orientato al fast food, prodotti realizzati rapidamente e altrettanto rapidamente metabolizzati e dimenticati (chi si ricorda delle Spice Girls?), il pubblico cerca rifugio nella solidità del classico, anche quando si tratta di una replica dell'originale. A questa funzione assolvono le tribute band (ma esistono anche solisti), che ludicamente  danno vita ad un rituale celebrativo con la complicità del pubblico, in cui e di cui anzi, tutti sono protagonisti.

 All' interno di questa  galassia trovano cittadinanza i gusti e le passioni di ognuno senza preclusioni dettate ad esempio dalla datazione dell'artista o gruppo originale.

 Risulta invece differente il grado d'immedesimazione coi modelli di riferimento.

 Fatti salvi, gli elementi scenici e iconografici da cui non si può prescindere, è affascinante constatare come alcuni -nel ricalcare gesti e imitazione della voce del cantante-, come pure le movenze caratteristiche degli altri membri (il balletto di Angus Young, la sigaretta pendente di Keith Richards), si spingano verso un'immedesimazione totale anche al di fuori del palco.  Quasi un consacrarsi definitivo all'icona con cui ci si rapporta in idolatrante relazione. 

Altri, più sobriamente si concentrano unicamente sull'esecuzione, arricchendo la performance con aneddoti sui brani e carriere.

E' il caso dei  The Bulldogs, interessante cover band dei Beatles in cui milita il giornalista sportivo Fabio Maccheroni, qui nel convincente ruolo di chitarrista in luogo di George Harrison. I Bulldogs che si sono esibiti nei più celebri spazi musicali della Capitale, come il Big Mama e il centro Culturale Elsa Morante, sono una formazione che propone una immaginaria reunion dei Beatles, pertanto oltre al repertorio del gruppo, eseguono anche i brani che hanno caratterizzato la carriera solistica di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr.

Altre formazioni come i  ReTrog e gli  Undertull, non rifuggono di fronte ad accostamenti musicalmente più complessi, rispettivamente i Genesis e i Jethro Tull. Ecco che se i primi, capitanati da Gianni Lai, di professione centralinista, hanno la mission di  seguire e riverberare il ciclo di Peter Gabriel, i secondi reinterpretano la band progressive di Ian Anderson,  recuperandone  anche i costumi mediovali.

Gli  Undertull, sono una formazione nata alla fine del 2009 su iniziativa del chitarrista Lorenzo Costantini e del bassista Claudio Maimone, da coniderarsi vere e proprie memorie storiche della scena musicale Italiana nei primi anni ’70 di cui i concerti dei Jethro Tull rappresentano una chiave di lettura fondamentale nel panorama non solo musicale ma anche socio-culturale e di costume. Fin da subito, l'intento dei due è  quello di cercare di ricreare quell’energia che i Jethro Tull dei primi anni sapevano trasmettere dal vivo, anche per tramandare alle generazioni più giovani un’eredità, un patrimonio di emozioni uniche accumulato assistendo alle performance più rappresentative del gruppo di Ian Anderson.

Con loro, il flautista e cantante Alex Mevi, già attivo con il duo acustico “The Whistlers”, che ripropone il lato acustico dei Jethro Tull, il tastierista Gianluca de’ Rossi, molto noto nel panorama odierno del Progressive Rock italiano, e Gabriele Cannone, batterista proveniente dalla scena romana rock e blues.

Sia i ReTrog che gli Undertull e i Bulldogs, questi ultimi anche col contributo del The Official Beatles fan Club Pepperland, riconosciuto dai Beatles, di cui è presidente Luigi Luppola, arricchiscono le loro esibizioni con esposizioni di memorabilia, presentazioni di testi tematici, e incontri divulgativi.

La reinterpretazione di classici del rock è in taluni casi qualcosa che sconfina dalla dimensione nostalgico- revival per divenire prezioso progetto artistico, Giampaolo Ascolese , in una "Solo performance" suona dal vivo il vibrafono e le percussioni, su di un progetto visivo originale di  immagini che descrivono  le strofe delle canzoni dei "Fab Four".

Il progetto è talmente pregevole dall' esser stato segnalato da Sir. George Martin, storico produttore dei Beatles e presentato all'Auditorium Parco della Musica a Roma , per il 40° anniversario della pubblicazione di "Sgt Pepper's hearts club band".  

Sul fronte della musica italiana,  si distinguono i Ciao Rino, band dedicata  al mito di  Rino Gaetano e l' omaggio al genio di Lucio Battisti e Mogol degli Anime Latine, plurale dell'omonimo album e singolo.

Concludiamo questa immersione nel fenomeno  tribute Band, con i Peones, agguerrito gruppo di recente costituzione, nato sulle corrosive e dissacranti note e parole dei Ramones.

Nel ruolo, anzi, nel chiodo di Joey Ramones vi è il Consigliere Comunale Andrea De Priamo, Presidente della Commisione Ambiente di Roma Capitale che sul palco diventa Andy Peone, cantante del gruppo. Lo accompagnano Bert Peone (chitarra), al secolo Alberto Spampinato, siciliano, che si  occupa di promozione di attività rivolte ai giovani e di formazione professionale, Ralph Peone (basso): impiegato delle Poste Italiane SpA e Freddi Peone, attualmente disoccupato, alle percussioni. I

Peones che il 13 settembre  sul palco di Atrjeu dopo Angelo Branduardi, eseguiranno  mitiche hits come The good The bad The ugly, She's The one, Durango 95, Blitzkrieg bop, Poison heart, Pet sematary,dicono:"Amiamo i Ramones perchè, oltre alla forza dei loro pezzi, pur avendo l'umiltà di chi suona per divertirsi senza prendersi troppo sul serio, rappresentano l'elemento di congiunzione tra molti generi: hanno anticipato il punk stimolando, con i loro live inglesi, l'evoluzione di band come i Sex Pistols e i Clash, influenzando una miriade di gruppi che, consapevolmente o meno, hanno tratto ispirazione dai fratelli Ramones. Nonostante questo godono dell'ammirazione di artisti e appassionati di ogni rivolo in cui si sviluppa l'impetuoso corso del rock. Lemmy dei Motorhead, ad esempio, gli ha dedicato R.A.M.O.N.E.S. che in alcuni live cantò con i Ramones.
Hanno trasformato i loro limiti tecnici in una peculiarità di pregio. (Johnny Ramone è stato indicato da Rolling Stones come uno dei più influenti chitarristi della storia del rock pur non avendo mai suonato un assolo).


Nonostante siano, forse erroneamente, ricondotti tout court al punk, hanno sempre evitato di darsi una connotazione politica. I loro brani parlavano di tutto sebbene Johhny fosse dichiaratamente di destra e Joey di sinistra. Quello che importava era incarnare il rock.
E pur non avendo avuto, nella vendita di dischi, dei riscontri adeguati alla loro fama e influenza, a 16 anni dal loro scioglimento rappresentano un fenomeno vivo del rock. I loro brani hanno un sound attuale ancora oggi e proprio in questi giorni sono usciti un nuovo LP postumo di Joey Ramone e la biografia ufficiale di Johnny Ramone, che sta già facendo discutere. Insomma, Ramones... it's alive!".

Questa considerazione dei Peones ne suggerisce un'altra, conclusiva: al di là del gusto di suonare brani delle icone musicali, nel fenomeno delle tribute Band c'è ben altro, c'è il desiderio di condividere con gli altri una passione che appartiene a tutti e allo stesso tempo, di preservarne nel modo più basico possibile, l'essenza. Lunga vita alle tribute band, allora. Senza prendersi troppo sul serio.

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