Editoriale

Uno stato di guerra continuo e diffuso pervade il mondo, ma qual è il nemico?

Conflitti diversamente sanguinosi incendiano regioni esterne e interne, si contano vittime e migliaia ma non sappiamo individuare da chi difenderci

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

l fondo firmato da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera di mercoledì 25 Luglio ("Un'antica diversità") ci ricorda, fra l'altro, che nell'Europa mediterranea, di cui l'Italia è parte imprescindibile, la democrazia - s'intende, quella dei "moderni" - è un'acquisizione recente e tutt'altro che ben radicata.

Quanto alla realtà italiana, ci parla, quell'articolo, del consenso comperato da partiti di varia matrice ideologica, a colpi di spesa pubblica e, alla fine, al prezzo di una crescita indefinita del debito pubblico; ci parla di scarso senso civico, di diffusa attitudine alla corruzione - attiva e passiva - di infedeltà fiscale, di egoismo endemico e spesso fatuo nelle sue manifestazioni. In definitiva, sottolinea, quell'articolo, il carattere personalistico della nostra democrazia, meno legato al merito e alle regole che non alla dipendenza da un feudatario, locale o centrale che sia.

Tuttavia, fermi restando demeriti e responsabilità dei singoli governi e popoli, non va dimenticato che il nodo della crisi è europeo, una constatazione, quest'ultima, tanto ripetuta da sconfinare nel luogo comune; così come appartiene alle banalità lapalissiane l'accusa alle burocrazie nazionali - specie italiana - e comunitarie. il fatto è che ci vorrebbe uno scatto della politica, si dice e si ripete, ma questa fantasia e questo coraggio mancano, e non solo al di qua delle Alpi. Intanto, infuria la guerra: nella nostra area geo-politica, si tratta di un conflitto giocato fra Borsa e Banche (l'economia e la finanzia come prosecuzione della guerra guerreggiata con altri mezzi); ma ai nostri confini o poco distante scorre davvero il sangue e si avvertono le esplosioni di armi autentiche: basti pensare alla Siria, ma poi anche alle braci ancora accese delle varie "primavere islamiche", alla cruenta persecuzione dei cristiani, specialmente in Nigeria, all'incendio periodicamente attizzato in Medio Oriente e, in generale, ai più disparati conflitti "dimenticati" (per esempio, in Sud-Sudan), situazioni tutte che ci dimostrano, nel modo più tragico e sanguinoso, come la politica possa ancora prendere il sopravvento, sia pure con i suoi strumenti peggiori, come il fondamentalismo etnico o religioso.

Tuttavia, guerre metaforiche e guerre reali hanno un tratto che le apparenta: la difficile riconoscibilità del Nemico. Non vi è più uno o più Stati contro i quali fare fronte comune. Fantasmatiche entità transnazionali - la Speculazione, il Terrorismo. una fede religiosa male intesa - minano la pacifica, civile convivenza. il Nemico è in casa, ma non si vede. Perfino Al Qaeda - non diversamente dalle varie centrali anarchiche - si è polverizzata in sigle  indecifrabili e in gruppuscoli inafferrabili. Il territorio non costituisce più garanzia di sicurezza e di chiarezza, dalla stagione dei dirottamenti aerei all'attacco alle Torri Gemelle, fino al recente atto terroristico ai danni di turisti israeliani in Bulgaria.

Qualcosa di analogo si sta verificando sullo scenario politico interno, dove da tempo il Nemico - anzi, l'Avversario - non è più identificabile, e non solo per l'abbandono delle uniformi ideologiche. Oggi i partiti sono castelli di legno minati dalle termiti, presi tra due fuochi  della ostile indifferenza popolare e dei nuovi movimenti "liquidi", mobilitati dalle parole d'ordine lanciate sul web. E gli occupanti di quei castelli precari sono intenti a difendere privilegi sempre più inattuali, ingiustificati e minacciati, a guardare con diffidenza - quando non a pugnalare alle spalle - i compagni di partito, a sostenere di malavoglia un governo di tecnici-cirenei , a discutere, con la mente proiettata verso una una campagna elettorale ora strisciante ora conclamata, una serie di riforme istituzionali, a partire da quella elettorale, di cui tutti hanno paura e che pure tutti invocano. Queste elezioni prossime venture riserveranno sorprese, soprattutto in materia di alleanze.

Sullo sfondo, le nubi temporalesche di un crescente, diffuso impoverimento e, sul versante delle Istituzioni, di una graduale perdita di credibilità e cessione di Sovranità, a favore di entità sovranazionali irresponsabili e sottratte al gioco democratico. E la storia dei singoli popoli? Ricacciata nell'oblio, grazia anche a politiche pedagogiche suicide; fatte salve pericolose riemersioni delle epoche - e dei codici genetici - di quando la disperazione, la pigrizia, l'incapacità di costruire alternative, portavano in primo piano "gli uomini della Provvidenza", che già oggi hanno indossato un sobrio abito gessato, e potrebbero riproporlo domani.


Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.