Calunnie e doppiopetto blu

Il supplizio e la sofferenza

Uno strano signore ottantenne che molestava le minorenni e adorava i cavalli (Cap. 34)

di  

Il supplizio e la sofferenza

Peter nella sua arrogante e malcelata disperazione aveva dato a quest’ultima parola un suo significato ben preciso.

Definiva la disperazione una malattia di lunga durata la cui fase risolutiva era solo ed esclusivamente nella morte.  Gli serviva anche come sinonimo per spiegare che lui era estinto, estinto nell’anima, quel giorno in cui i poliziotti entrarono nella sua abitazione.

Allo stesso tempo egli pensava che “chi si dispera non può morire. Come un pugnale non serve a niente per ammazzare i pensieri, mai la disperazione, verme immortale, inestinguibile fuoco, non divora l'eternità dell' io che è il suo supporto attinente, ma questa distruzione di sé stessi è impotente e non arriva quasi mai alla realizzazione dei propri propositi”.

Peter Cummings si sentiva il soggetto della disperazione universale, un uomo che aveva creduto in un momento e non più; la vera disperazione, la vera figura della disperazione già sorse in lui in una determinata occasione.

Disperando di qualcosa, in fondo disperava di sé stesso e, dunque, pretendeva di liberarsi di questo suo ego malato.

Così succede quando l'ambizioso dice:  « Voglio essere Cesare o niente». Peter non arrivava ad essere più quello che era e quindi l’ abbattimento e lo sconforto.

In realtà, non si disperava per non essere più ciò che era, bensì di quell'io che non riuscì a continuare ad esserlo.

Allora, era l’incapacità di raggiungere il suo supplizio, indistruttibile in lui. Disperare della sua situazione non era, ancora, la vera disperazione; era l’inizio; si stava incubando, come una malattia.

Nel tardo pomeriggio di una piovosa giornata Peter ricevette l’invito a presentarsi nell’ufficio di Nigel Grossman, sostituto procuratore distrettuale di Hoboken.

Cummings e l’avvocato Bourke, l’indomani, si trovarono di fronte al burbero e avvizzito Grossman, un signore che faceva di tutto per farsi passare come il più odioso uomo di legge di Hoboken.

Appena ne vedevi la figura ti veniva in mente la parola odio e provavi una forte avversione ed una subitanea antipatia. Lo si distingueva molto facilmente sin da quando pronunciava la prima parola. Notavi la sua nauseante volontà di distruggere chi aveva davanti a sé, e la percezione del suo sostanziale personale concetto di giustizia. Per lui rettitudine equivaleva a distruzione dell’imputato. Si percepiva il suo bramoso gusto per la violenza psichica, che andava ben al di là delle leggi e imperativi morali; distruggere la vita, le vite, questo era il suo imperativo.

Figurarsi, quindi, come si crogiolò alla vista di Peter, i suoi occhi cominciarono a brillare d’ insana soddisfazione mentre dette il via ad una raffica di domande alle quali Cummings, con l’appoggio dell’avvocato Bourke, seppe contrastare con la sola fermezza della verità.

Il sostituto vedendosi a sua volta mitragliato da risposte fredde e precise cominciò a usare la tattica dello scoraggiamento affermando che le prove messe a sua disposizione erano troppo lampanti e esaustive per poter uscire da questa impasse legale, che i Roughoaks avevano portato a loro suffragio altre dimostrazioni inoppugnabili per la condanna di Peter.

L’avvocato Bourke intimò a quest’ultimo di rimanere calmo bisbigliandogli nell’orecchio che Grossman non aveva proprio niente da poter utilizzare contro di lui.

Il mattino dopo sulla cronaca nera dell’ Hudson Reporter apparve un notizia che incuriosì molto Peter. Un anziano signore era stato accusato da una famiglia di Hoboken di aver ripetutamente infastidito la loro ragazzina dodicenne abitante vicino alla casa del depravato.

Il vecchio ogni qual volta la vedeva tornare da scuola la invitava a fare una passeggiata con lui in cambio di regali molto costosi che attiravano l’attenzione della giovane. Quando un IPhone, quando una maglietta di Gucci, quando un nuovo Ipod.

Un pomeriggio l’ottuagenario la pregò di salire in macchina per accompagnarlo vicino a un maneggio. Il regalo stavolta non fu il solito apparecchio tecnologico, ma ben 800 dollari in contanti.

Alla piccola stavolta, però, oltre che sfilarsi le mutandine e farsi sfiorare, dall’attempato uomo

fu richiesto di andare vicino ad un cavallo di un galoppatoio fuori città, stranamente vuoto e avvolto nel silenzio. La ragazzina impaurita pretese una spiegazione e il vecchio allora afferrandola per un braccio l’avvicinò a forza al cavallo.

Pretendeva che la dodicenne sfiorasse e facesse drizzare il pene del cavallo mentre l’anziano pervertito si sarebbe masturbato di fronte a tale bestialità.

La minorenne, intuita la situazione, riuscì a divincolarsi dalla stretta del vecchio e si dette alla fuga, trovando rifugio dietro una fitta vegetazione non distante dal maneggio.

Peter, smise improvvisamente di leggere, e la sua memoria tornò al vecchio Roughoaks e ai suoi tanti dissoluti racconti in cui affermava che non «c’è cosa più bella che vedere il cazzo di un cavallo quando si drizza… Ti verrebbe voglia di toccarlo».

Ai numerosi dvd porno, che teneva nascosti nel suo studio, dai titoli Il cavallo e la puttana, Il pony e la cameriera, ecc.. aventi come soggetti pornostar che si accoppiavano con stalloni a quattro zampe.

Cummings, pensando che il vecchio perverso fosse proprio Roughoaks, telefonò all’ avvocato Bourke la quale però gli chiese di finire la lettura dell’articolo perché lo scandalo era veramente di grande portata, ma il tutto veniva poi svuotato di interesse in quanto il caso, accaduto mesi prima, era stato archiviato il giorno antecedente all’uscita della notizia da un certo Nigel Grossman, sostituto procuratore distrettuale, il quale in sede dibattimentale aveva ritenuto giusto comportarsi così perché “non vi erano chiare e convincenti prove per chiedere la reclusione dell’imputato”.

Il nome del vecchiaccio pedofilo non venne mai fuori sebbene molti, già, avevano capito di chi si trattava, di chi infastidiva giovani e meno giovani, e aveva una particolare simpatia per i purosangue.

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da beatricegallus il 27/04/2012 16:21:49

    Interessante descrizione di un dualismo non così raro, in cui coesistono bene e male. In realtà in esso il male predomina, il bene serve soltanto a celare alla propria coscienza il mostro che divora i principi per i quali il soggetto stesso si batte. Situazione riscontrabile in tutti quei casi in cui chi dovrebbe difendere le vittime e i più deboli è in realtà il carnefice. Quanto di più attuale?

  • Inserito da Loredana il 27/04/2012 12:26:00

    Magistrale nel dipingere la depravazione. Fa sorgere il desiderio di far assaggiare a Grossman un po' di quella cattiveria che la debolezza altrui gli fa nascere...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.