Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Manifesto dell'opera (Toccafondo), fonte ufficio stampa MMF
Opera celebrativa e trionfale o piuttosto intimistica, scontro di sentimenti e passioni contrastanti? Parlando dell’Aida di Giuseppe Verdi la risposta parrebbe scontata: La prima cosa che viene in mente di quest’opera è la marcia trionfale. Tuttavia ridurre l’opera verdiana a questo è come voler confinare la Walkiria di Wagner alla fin troppo celebre cavalcata: ed è proprio questo che il Maggio Musicale Fiorentino ha evitato nella edizione che si è conclusa il 1°luglio scorso, con grande successo e partecipazione di pubblico. Una messa in scena che ha visto il maestro Zubin Mehta e il regista Damiano Michieletto agire in perfetta sintonia: “ Sbaglia chi fa prevalere in Aida il lato spettacolare, lo show della marcia trionfale o dei grandi cori sul contrasto fra i caratteri “ aveva dichiarato Mehta, e da parte sua il regista: “Ho in parte rinunciato a raccontare l'Egitto per concentrarmi nel narrare l'umanità e la psicologia dei personaggi e cioè il fatto che Aida è una schiava che vive dovendo tener nascosto il suo amore”.[1]
E così, il regista insieme al drammaturgo Mattia Palma respinge le scenografie dell’Egitto faraonico di Ghislanzoni (che già presentava curiose anomalie come un tempio di Vulcano accanto a quelli di Iside e Ptah!) per porre difronte allo spettatore una palestra trasformata in una sorta di rifugio bellico, in cui Aida e altre donne cercano di prendersi cura di bambini feriti o comunque sopravvissuti. L’allestimento è quello della Bayerische Staatsoper di Monaco del 2023 e sicuramente il punto di riferimento non dichiarato è la guerra in Ucraina: la palestra presente evidenti segni di bombardamenti nel soffitto, mentre la cenere che piomba a tratti sulla scena ricorda la presenza ineludibile della morte e della distruzione.
Funziona? Come spesso (per non dire sempre) le regie di Michieletto, possono suscitare grandi entusiasmi o viscerali avversioni e anche questa volta c’è chi tra il pubblico “non ha gradito”. Non c’è dubbio che letture di questo genere, che stridono spesso con il testo drammatico che è alla base dello spettacolo, richiedano allo spettatore un maggiore sforzo di identificazione. Ma non si può certo negare a Michieletto di aver saputo scegliere (purtroppo!) il momento più opportuno per uno spettacolo di questo genere. Il regista coglie soprattutto in quest’opera l’opportunità per una denuncia di che lagrime costi e di che sangue la guerra, al di là di trionfalismi e celebrazioni. Di qui la scelta di una “atemporalità” con forti richiami al momento attuale. Il regista inserisce inoltre nello scorrere dei primi due atti dei flashback del passato di Aida, soprattutto della sua infanzia.
I momenti migliori di questa lettura sono senz’altro la seconda scena del secondo atto, quella della “marcia trionfale”, in cui il regista fa vedere quel che si nasconde dietro un trionfo bellico: soldati mutilati, scene di morte e devastazione. Un impatto emotivo molto forte e sicuramente geniale. Molto delicata e poetica la scena finale, in cui l’angosciosa atmosfera della tomba che si è ormai chiusa sui due sventurati amanti viene in qualche modo “alleggerita” dalle immagini di gioie passate o anche sperate, da ciò che avrebbe potuto essere, come le immagini di un matrimonio destinato a non realizzarsi mai.
Non mancano però momenti di staticità e anche il lavoro sui personaggi sembra a tratti un po’ carente, soprattutto considerando che la palestra più o meno solita (a parte l’ammasso di detriti) per tutti quattro gli atti un po’ stanca. I costumi di Carla Teti, le belle scene di Paolo Fantin e soprattutto l’abile gioco di luci di Alessandro Carletti sono determinanti nel creare l’atmosfera di drammatica atemporalità, anche se bisogna dire che Aida vestita quasi da… badante lascia un po’ perplessi, mentre sta benissimo con il vestito da sposa nell’ultima scena.
Zubin Mehta è un “veterano” di quest’opera e la sua direzione realizza fedelmente quanto da lui dichiarato: una lettura fortemente “intimistica” che si nota sin dalla splendida esecuzione del proemio, nell’aria Celeste Aida, nel monologo ritorna vincitor della infelice schiava e in tanti altri momenti, per non parlare del bellissimo finale. Non per questo il direttore rinuncia a sottolineare anche i momenti grandiosi, che però appaiono come velati da una tinta cupa e malinconica. Una lettura particolare, affascinante e coinvolgente, con un buon equilibrio (tranne qualche sbavatura) tra palcoscenico e golfo mistico. Tempi dilatati? C’è chi lo ha sottolineato ma questa volta (sarà forse perché la recensione si riferisce all’ultima recita) non è sembrato così. Sempre in forma eccellente l’orchestra del Maggio, con il suo suono curato e limpidissimo, e il coro preparato dal Lorenzo Fratini.
Buono nel complesso anche il cast vocale: L’Aida del soprano Olga Maslova mostra un buon volume dello strumento vocale, un agile salita al registro acuto e un bel timbro chiaro; meni efficaci invece il fraseggio e il lato interpretativo. Il Radames del tenore Seok Jong Baek presenta uno strumento vocale potente e ben calibrato, mentre la Amneris di Daniela Barcellona lascia un po’ perplessi nei primi tre atti, ma nel quarto si dimostra perfettamente all’altezza della sua meritata fama, sia per mezzi vocali che scenici. Amonasro era nelle due ultime recite impersonato dal baritono Leon Kim: una interpretazione convincente anche sul piano scenico, appassionata ed energica mentre la voce si distingue il colore brunito e il discreto volume, insieme a un fraseggio accurato. Buone nel complesso anche le parti minori, tra cui ben centrato il Ramfis di Simon Lim.
Molti applausi con particolare entusiasmo al maestro Mehta e alla Maslova; da notare una contestazione poco comprensibile ma soprattutto alquanto cafonesca nei confronti del tenore. Nel complesso, uno spettacolo che si farà ricordare.
E ora, concluso il festival, partono gli spettacoli nella cavea del teatro: lunedì 7 luglio 2025 alle ore 21, la suggestiva Cavea del Maggio torna ad aprirsi al pubblico per il primo appuntamento della Stagione Estiva 2025. In scena L’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, con repliche il 9, l’11 e il 14 luglio 2025 sempre alle ore 21. Sul podio, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, Alessandro Bonato; la regia del nuovo allestimento è affidata a Roberto Catalano.
[1] Aida, programma di Sala del Maggio Musicale Fiorentino, p. 62; p. 68.
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