Maggio Musicale Fiorentino

Buon compleanno maestro. Una Tosca per omaggio, Firenze e Zubin Mehta festeggiano

In occasione del suo ottantacinquesimo compleanno, mercoledì 19 maggio Mehta dirige a Firenze la Tosca di Puccini in forma di concerto. Un sodalizio antico e collaudato.

di Domenico Del Nero

Buon compleanno maestro. Una Tosca per omaggio, Firenze e Zubin Mehta festeggiano

Senza dubbio, quelle stelle le ha fatte rilucere più volte. Quello tra Tosca e Zubin Mehta è un sodalizio antico, e se certo nessun grande direttore può essere confinato a qualche singola per quanto nobile partitura, in questo caso la sintonia è indiscutibile e profonda, anche perché il capolavoro di Puccini ha in un certo senso scandito la carriera di Mehta: se è vero che il primo amore non di scorda mai, che dire della prima opera diretta? La vicenda della bella e appassionata Floria, amante dello sfortunato Cavaradossi, è proprio il primo titolo con il quale il maestro Mehta fa il suo debutto operistico nel 1963 a Montreal. Da allora l’ha affrontata in moltissime occasioni sui palcoscenici di tutto il mondo e incisa in molte edizioni discografiche. Al Maggio Fiorentino l’ha diretta per la prima volta nel 1965, tornando a offrirla nel 1986, 1991, 2005, 2010 e 2011 (in tour), collezionando nel complesso 29 recite complessive. Maggio a parte però, occorre almeno ricordare lo straordinario evento Tosca nei luoghi e nelle ore di Tosca, quando l’opera di Giacomo Puccini viene trasmessa in diretta televisiva in 107 paesi, con oltre un miliardo e mezzo di spettatori, l’11 e il 12 luglio 1992, con le riprese effettuate nelle reali ambientazioni romane dell’opera, tra cui Palazzo Farnese e Castel Sant’Angelo. Anche allora, a dirigere l’orchestra di quell’evento straordinario, con un cast di prima grandezza (Placido Domingo, Catherine Malfitano, Ruggero Raimondi) e la regia di Giuseppe Patroni Griffi, fu chiamato il maestro Mehta.

Non poteva esserci dunque scelta migliore per festeggiare l’ottantacinquesimo compleanno del maestro (la cui ricorrenza era il 29 aprile scorso), legato al Maggio Musicale Fiorentino da un rapporto consolidato e di lunga data: mercoledì prossimo (19 Maggio) l’opera verrà eseguita nel teatro fiorentino in forma di concerto e naturalmente sul podio ci sarà il festeggiato, Con lui sul palco, al suo debutto fiorentino, Saioa Hernàndez Tosca, Francesco Meli Cavaradossi, Luca Salsi Scarpia, Francesco Milanese Angelotti, Alfonso Antoniozzi il sagrestano, Francesco Pittari Spoletta, Giulio Mastrototaro Sciarrone, Adolfo Corrado un carceriere. Coro, Coro di voci bianche e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Direttore del Coro, Lorenzo Fratini. Un evento dunque che ribadisce il forte e duraturo legame tra il maestro e il teatro fiorentino: Mehta debuttò a Firenze giovanissimo nel 1962, stabilendo un rapporto che culminò nel 1985 con la nomina a direttore musicale e nel 2017 a direttore onorario a vita e che lo vede tuttora nel pieno della sua attività. Un periodo molto ampio e costellato da trionfi, esecuzioni ed edizioni memorabili di opere e concerti, che sarebbe impossibile rievocare in dettaglio.

Il soggetto dell’opera è molto diverso da quello dei capolavori precedenti: si è parlato – anche per quanto concerne la vocalità – di accostamento al verismo, sebbene la cosa sia altamente discutibile: come ricordava  Claudio Casini “la vocalità di «Tosca» fu condotta a lacerazioni prodotte dalle particolari tensioni cui il sistema pucciniano venne sottoposto, sì che parve avvicinarsi molto al verismo, mentre in realtà, se gli esiti possono sembrare simili, i moventi furono diametralmente opposti “

Il compositore si “innamorò” del soggetto assistendo a una rappresentazione del dramma di Sardou a Milano nel 1889. Pare però che Sardou non fosse inizialmente propenso a cedere il soggetto a Puccini, non abbastanza celebre per il borioso commediografo francese Tuttavia, se non fosse per Puccini e Giordano, oggi in pochi si ricorderebbero dello “eccelso ingegno” dell’autore francese.

Tosca  venne così per terza dopo Manon e Bohéme  e contribuì a consacrare Puccini tra i primi musicisti europei dell’epoca: il progetto di Ricordi, del sor Giulio, di farne l’erede di Verdi  stava ormai diventando realtà.  Fu però un trionfo molto di più per il pubblico che per la critica, che per molto tempo rimase diffidente nei confronti di Puccini. C’è comunque dire che lo stesso Puccini, dopo aver affermato a proposito di Tosca : “Questa musica la può scrivere Dio e poi io” , solo un mese dopo il battesimo in teatro se ne usciva fuori con “Tosca mi pesa sulla coscienza  come un peccato grave! La falsità del tema mi ripugna e vorrei non sentire più quest’opera”.

Certo il dramma di Sardou era un discreto “polpettone”, ma c’è anche da dire che Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, come sempre  “marcati stretti” dal compositore, avevano snellito e semplificato quel testo farraginoso  compiendo una sorta di miracolo: da cinque atti a tre e da 23 personaggi a nove, dove quelli che contano  (e … cantano, almeno in misura degna di nota) sono solo tre: il pittore  filo francese Cavaradossi, la  sua bella amante, la cantante Floria Tosca  e il barone Scarpia, cattivo da manuale e  manco a dirlo capo della polizia pontificia, un personaggio talmente ripugnante da non sfigurare affatto  nella galleria di depravati e assatanati proposta da certo decadentismo, quello finemente analizzato da Mario Praz;  il tutto, nell’anno di grazia  1800.  Puccini poi curò assai meticolosamente il colore locale, nei minimi dettagli: basti pensare che volle ascoltare personalmente l'effetto delle campane mattutine dai bastioni di Castel Sant'Angelo (per l'introduzione del terzo atto) e si documentò in modo scrupoloso sulla liturgia del  Te Deum  che chiude il primo atto. Inoltre, in quest’opera Puccini cambia decisamente … registro rispetto ai due capolavori precedenti: sin dal vigoroso attacco iniziale, Tosca si mostra opera appassionata e sanguigna, con una perfetta caratterizzazione vocale dei personaggi: tenore lirico sognante e appassionato Cavaradossi, soprano passionale e decisa Tosca, malvagio integrale il baritono Scarpia, il cui leitmotive, con i “tre accordi in testa all’opera” è uno dei più celebri del dramma e chiude ciclicamente il primo atto. Si è parlato a questo proposito di un “wagnerismo” di Tosca; senza entrare in dettaglio nella questione, è certo che l’orchestra in quest’opera, con le sue impennate, le sue accensioni e le sottolineature liriche di alcuni momenti, ha un ruolo di primo piano.   Infine il binomio Eros – Thanatos, sempre presente nei grandi lavori del compositore lucchese, assume qui una connotazione particolarmente sensuale.

 

 

 

 

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da Giuseppina ANITA il 07/06/2021 22:46:16

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