Maggio Musicale Fiorentino

Tra una risata e un duello all'ultimo sangue: Offenbach e Mascagni, una coppia davvero insolita!

E' iniziata stasera la rappresentazione del dittico Un mari a la porte e Cavalleria Rusticana.

di Domenico Del Nero

Tra una risata e un duello all'ultimo sangue: Offenbach e Mascagni, una coppia davvero insolita!

Il piccolo Mozart dei Campi Elisi, come lo definì bonariamente Rossini e l’avventuroso dell’opera Pietro Mascagni. Un abbinamento singolare, anche se Cavalleria Rusticana da molto tempo non è più abbinata ai soli pagliacci (anzi). Proprio a Firenze alcuni anni fa il capolavoro mascagnano fu ad esempio abbinato con Luce nel tempo, una originale creazione eseguita da Maggiodanza su musica di Haydn.

In questo caso però l’abbinamento ha una sua logica, perché Cavalleria Rusticana e un Mari a la porte, che vengono eseguite insieme da stasera per un totale di  quattro recite (  repliche 14 e 21 febbraio 2019 ore 20; 17 febbraio 2019 ore 15:30) hanno in comune il tema scomodo e scottante della gelosia, anche se in  Jacques Offenbach si tratta in realtà di un equivoco. Ovviamente nell’operetta francese si tratta di una quelle trame assurde e divertenti che il compositore tedesco naturalizzato francese, di cui ricorre quest’anno il secondo centenario della nascita, era davvero un maestro ad animare col brio della sua musica spumeggiante ma non banale.  E così Il dittico composto da Un marì à la porte e Cavalleria rusticana, in un nuovo allestimento del Maggio Musicale Fiorentino, verrà diretto dal maestro Valerio Galli con la regia curata da Luigi di Gangi e Ugo Giacomazzi.

Per quanto concerne Offenbach (che precede Cavalleria nella rappresentazione) si tratta di un allestimento molto colorito e vivace, grazie anche alle scene e ai  costumi belle epoque di Federica Parolini e Agnese Rabatti

L’operetta Un mari à la porte si può considerare il contraltare ironico e spensierato del dramma a forti tinte di Mascagni. Offenbach è sicuramente uno dei padri dell’operetta, simbolo vero e proprio di quella Parigi del secondo Impero che seppe celebrare entusiasmando lo stesso Napoleone III, ma anche prendendone garbatamente in giro vizi e debolezze. Fu una singolare figura di impresario compositore, dato che gestì in prima persona il mitico teatro dei Bouffes Parisiens, riuscendo a creare un pubblico di fedelissimi per i suoi lavori, che furono nel complesso circa un centinaio. Si trattava di un piccolo teatro e quindi i mezzi a disposizione erano molto ridotti, ma il genio del compositore riusciva a fare miracoli. Un mari à la porte debutta il 22 giugno 1859, circa un anno dopo quello che è uno dei grandi capolavori del musicista, Orfeo all’inferno, la cui edizione definitiva è pero del 1874. Composta per un organico di 15 strumenti, fu poi riscritta per una orchestra più grande per una ripresa a Vienna, ma la partitura and poi smarrita e rimaneva solo lo spartito. Il maestro Luca Logi, responsabile dell'Archivio Musicale del Maggio, l’ha nuovamente strumentata proprio per questa occasion, dando all’orchestrazione un tocco simpaticamente viennese.  

La spassosa operetta segue il modello dell’atto unico con tre personaggi (in questo caso quattro, data la presenza vocale del suddetto marito che non compare in scena ma sta dietro alla porta) e si presenta come una mini commedia degli equivoci. Ne sono protagonisti Suzanne, una moglie in lite con il marito per un futile pretesto che proprio nel giorno delle nozze si chiude per dispetto nel suo boudoir, Rosita, l’amica del cuore che tenta di placare gli animi, il giovane Florestan, un musicista coperto di debiti in fuga da un ufficiale giudiziario -  che scopriremo essere proprio il marito di Suzanne - piombato per caso nella stanza della donna attraverso il camino, e infine Henri Martel, l’ufficiale giudiziario nonché il marito tenuto fuori dalla porta che pensa di essere vittima di uno scherzo e non crede alla presenza di un altro uomo nella stanza della moglie.

Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni non ha sicuramente bisogno di molte presentazioni. Opera prima e per certa parte della critica, con ottusa miopia, anche unica creazione artistica valida di  Mascagni (per quanto non sia mancato chi abbia messo in discussione anche questa) è sicuramente un titolo di grande richiamo e popolarità. Considerata, a torto o a ragione, l’opera che ha dato il via al  “verismo Musicale” e alla cosiddetta “Giovane scuola”, si può dire che molto di più delle pur straordinarie opere narrative del grande Giovanni Verga ha dato un contributo decisivo alla diffusione del “verismo italiano” nel mondo, pur con quanto di aleatorio e discutibile c’è in questa come in tante altre “etichette”. Opera di grande fascino, robusta ispirazione, ricca vena melodica, pur con alcuni limiti e difetti è sicuramente uno dei grandi capolavori di fine ‘800 e un duro banco di prova per i cantanti.

Nel 1889 infatti la Casa Musicale Sonzogno, uno dei grandi editori di musica italiani, bandì  un concorso per un’opera in un atto il cui  vincitore avrebbe tra l’altro avuto l’onore di una rappresentazione in un grande teatro italiano. A vincere il concorso fu un giovane e sconosciuto musicista toscano, Pietro Mascagni  ( 1863-1945) che presentò appunto un’opera dal titolo Cavalleria Rusticana, tratta dal dramma di Verga adattato da due librettisti amici del compositore. Fu un trionfo che scosse l’intero mondo musicale non solo italiano, ma addirittura europeo: Mascagni conquistò un consenso incredibile, sia tra il pubblico che tra la critica: alcuni critici videro addirittura in lui l’anti Wagner, colui che aveva trovato il modo di rilanciare la solare e mediterranea “ricetta” del melodramma italiano da contrapporre a quello tedesco.

 

 

Un po’ di attenzione alle date aiuta a capire tanto entusiasmo. Cavalleria Rusticana (il melodramma) viene rappresentata nel 1890; esattamente dieci anni prima era morto Wagner; nel 1887, era stato rappresentato l’Otello di Giuseppe Verdi; Giacomo  Puccini aveva già esordito, ma per il suo primo trionfo, Manon Lescaut, bisognerà attendere il 1893. Dei due “numi tutelari” del teatro musicale europeo, uno era morto (Wagner) e comunque ancora molto contestato; l’altro, Verdi, era ormai alla fine della sua lunga parabola creativa, dove peraltro dette probabilmente il meglio di sé. Bisogna considerare che Verdi e Wagner avevano due vere e proprie “tifoserie”, che non coincidevano assolutamente con i propri paesi d’origine: c’erano accaniti wagneriani in Italia e verdiani sfegatati oltralpe. Anzi, proprio in Italia Arrigo Boito aveva cercato con il suo capolavoro Mefistofele (1868/1875) di trovare una sorta di “conciliazione” tra i due stili, anticipando per molti aspetti Mascagni e Puccini: trovare un soggetto che avesse un’alta dignità letteraria e potenziare le funzioni dell’orchestra. Il melodramma italiano infatti era basato soprattutto sul canto, e in particolar modo sul c.d. belcanto  (termine, per la verità, dal significato assai ampio e diverso da periodo a periodo ) a base strofica. Le opere di Wagner invece erano caratterizzate dalla “melodia infinita” ovvero da un flusso musicale continuo in cui l’orchestra era la vera protagonista e il canto, pur rimanendo importante, era però assai meno d’effetto rispetto all’opera italiana. (sintetizzo al massimo questioni assai più complesse).

Ebbene; si può dire che Mascagni  trovò (non per primo, ma nella forma più efficace e popolare) la “quadratura del cerchio”;  un’opera dove la parte strumentale, grazie a un’orchestrazione robusta,  all’uso di motivi conduttori e caratterizzanti e a un forte senso del “colore”, avesse  peso pari alla parte vocale. Il “ canto verista”, caratterizzato da uno stile canoro rovente ed irrequieto, con repentine impennate verso l’acuto, ha cercato di rappresentare, nell’immediatezza, la disperazione e la gioia, i forti sentimenti, attinti dalla vita popolare e dalle passioni quotidiane. Nello stesso tempo però esso fu (ed è in parte lo è ancora)  accusato di avere “rovinato” l’autentica tradizione del canto italiano, per la sua tendenza verso l’urlo.

Ma cos’è esattamente un’opera verista? Secondo alcuni, in realtà non esiste o al massimo è basata sul soggetto, che ha le stesse caratteristiche del verismo letterario: predilezioni per i drammi di vita “quotidiana”, tinte forti, attrazione verso gli strati più bassi della società. Ma tutto questo è vero sino a un certo punto; se è vero che Verga, per Cavalleria, si basò  su una vicenda realmente accaduta a Vizzini (in provincia di Catania, dove si mostrano ancora i luoghi in cui avvennero i fatti) e se la successiva opera verista, I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo (1892) sembra si basasse su un fattaccio di cronaca nera di cui fu giudice il padre del compositore (ma la notizia è dubbia), romanzieri come Capuana e De Roberto non sdegnarono classi alte e soggetti storici; così come l’altro grande compositore verista, Umberto Giordano (1867 – 1948), dette i suoi capolavori su drammi storici e persino fantastici . Non è dunque il soggetto che fa il verismo (o almeno non solo); comunque sia, Cavalleria Rusticana costituisce, a buon diritto, un vero e proprio modello del genere.

 

Un mari à la porte

Florestan Ducroquet Matteo Mezzaro

Suzanne Marina Ogii

Rosita Francesca Benitez

Henri Martel Patrizio La Placa

 

Cavalleria rusticana

Santuzza Alexia Voulgaridou

Lola Marina Ogii

Turiddu Angelo Villari

Compar Alfio Devid Cecconi

Mamma Lucia Elena Zilio

Una donna Cristina Pagliai

Figuranti speciali: Paolo Arcangeli, Elena Barsotti, Cristiano Colangelo, Gaia Mazzeranghi, Pierangelo Preziosa, jane Tayar

 

Maestro concertatore e direttore Valerio Galli

Regia Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi

Scene Federica Parolini

Costumi Agnese Rabatti

Luci Luigi Biondi

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Assistente regista Joao Carvalho, Assistente scenografo Eleonora De Leo, Assistente costumista Rosa Mariotti, Assistente alle luci Francesco Traverso

 

 

 

 

 

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