Editoriale

Quando la politica è tossica. Salvini cerca di combattere lo spaccio di droga davanti alle scuole, ma lo contestano

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

gna dare atto a Matteo Salvini di essere stato di parola. Lo aveva promesso in campagna elettorale ed ora dagli annunci è passato ai fatti. Si chiama “Scuole sicure” il piano contro lo spaccio davanti agli istituti scolastici messo a punto dal Viminale: 2,5 milioni per installare impianti di videosorveglianza, assumere agenti di polizia locale ed incrementare i controlli.

L’operazione coinvolgerà i seguenti centri urbani: Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Catania, Venezia, Verona, Messina, Padova e Trieste.

 I Comuni dovranno presentare le loro istanze alle Prefetture entro il 20 settembre. Si tratta – in fondo - di un’operazione di buon senso, necessaria per frenare un fenomeno dilagante, qual è quello dello spaccio negli istituti scolastici. In realtà si è subito trasformata nell’occasione per scatenare (da sinistra) l’ennesima polemica contro le “derive” repressive del Ministro dell’Interno.

In prima fila don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità “Exodus”, impegnata sul fronte della tossicodipendenza: “Questa iniziativa non serve a nulla. Bisogna preparare meglio gli insegnanti. Dobbiamo cambiare le nostre scuole – dichiara Don Mazzi - che hanno ancora le sembianze di collegi o caserme. La vicinanza dei docenti è più importante di qualsiasi altra cosa. Abbiamo riempito le città di telecamere facendo guadagnare milioni alle aziende che le producono. Finiamola di dare spazio a questo signore (Salvini, ndr). Lo Stato butta via 2,5 milioni per la repressione e ha le scuole che cadono. Si rende conto? Sono soldi buttati che servono alla propaganda di quest’uomo”.

Solita retorica sul valore dell’educazione, sulla “vicinanza” degli insegnanti, sulla riforma del sistema scolastico. Buoni auspici. Intanto che si fa? Dati alla mano non sembra che, in questi anni, il fenomeno dello spaccio in ambito scolastico sia diminuito. Piuttosto è da registrare la diminuzione dell’età di chi consuma droga. E poi con questa logica perché punire chi guida in stato di ubriachezza, non indossa il casco, non allaccia, in automobile, le cinture o non rispettata la segnaletica stradale ?

L’opposizione alla campagna “Scuole sicure” rende palese la sua strumentalità politica quando a scendere in campo è l’associazionismo “progressista”. Anche il “Coordinamento genitori democratici” si è subito schierato: “Mi stupisco – ha dichiarato Angela Nava, presidente nazionale del Coordinamento - che finora non sia intervenuto nessuno contro questo provvedimento. È’ chiaro che una telecamere di videosorveglianza registra dei fatti già avvenuti e non serve certo a prevenire. Non possiamo nemmeno pensare di mettere un agente davanti ad ogni scuola”.

A Genova Matteo Viviano, referente regionale del Cogede, è arrivato a dichiarare “La Lega mette un altro tassello al suo disegno di trasformare la nostra Repubblica da Stato di Diritto a Stato di Polizia”.

C’è turbolenza anche tra i dirigenti scolastici, con opinioni diverse, tra chi si irrigidisce liquidando come inutili e dannose le fioriture di telecamere davanti alle scuole e guarda alla presenza dei cani con sospetto e chi invece pensa che tutta l’operazione, se non risolutiva, possa almeno servire da deterrente.

Al di là del valore repressivo ed insieme preventivo dell’azione, importante è che non si abbassi la guardia. Repressione e prevenzione devono andare di pari passo – nessuna lo nega. Gli insegnanti hanno un ruolo importante sul fronte dell’educazione. Ma intanto uno Stato che si rispetti non può ignorare la rilevanza del fenomeno-spaccio ed intervenire con gli strumenti necessari per rispondere efficacemente. In gioco non c’è una generica idea di ordine pubblico o chissà quale volontà di instaurare uno Stato di Polizia. In gioco c’è l’avvenire delle giovani generazioni e quindi dell’intero sistema Paese.

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