Firenze - Teatro della Toscana

Uno zio Vania di Checov nella versione di Vinicio Marchioni. Un teatro terremotato dei nostri giorni al posto della campagna russa, ma il testo non si tocca. Parola di regista

Si può declinare un testo verso la contemporaneità,ma non modificarlo arbitrariamente o stravolgerlo.

di Domenico Del Nero

Uno zio Vania di Checov nella versione di Vinicio Marchioni. Un teatro terremotato dei nostri giorni al posto della campagna russa, ma il testo non si tocca. Parola di regista

Attualizzazioni? Da usare con molta cautela. Un conto è ambientare uno spettacolo in un’epoca diversa per renderlo più comprensibile e godibile a un pubblico contemporaneo, altra cosa è stravolgerlo o alterarne arbitrariamente l’inizio o la fine. Non ha peli sulla lingua il regista Vinicio Marchioni, che ha presentato oggi nel foyer del teatro della Pergola, insieme a Francesco Montanari e agli altri attori della sua compagnia, il suo nuovo spettacolo Uno zio Vania di Anton Cechov, nell’adattamento di Letizia Russo. Anche se non viene fatto alcun nome, non è difficile pensare a un riferimento alla  Carmen recentemente data al Maggio Musicale e alle polemiche che l’hanno accompagnata … ed è difficile non essere d’accordo con Marchioni. Ma vi siano o meno riferimenti particolari, i criteri usati per lo spettacolo che parte stasera in prima nazionale al teatro fiorentino della Pergola, prodotto da Khora.teatro in coproduzione conFondazione Teatro della Toscana  sono sicuramente di grande interesse e promettono uno spettacolo che può scaldare il pubblico, grazie anche allo “spirito di squadra” e all’entusiasmo che il regista è riuscito a creare tra gli attori.

“con questo Uno zio Vania iniziamo uno spettacolo che rappresenta la linea del Nuovo Teatro Nazionale. L’idea è quella di uno spettacolo che prende spunto dalla nostra tradizione teatrale per una innovazione che coinvolga tutto lo spettacolo nel suo complesso” ha dichiarato il direttore della Fondazione Marco Giorgetti aprendo la conferenza stampa.  E su questo concetto è stato ripreso ed approfondito dal regista: “ Lo spettacolo è un adattamento del testo di Checov che ho seguito per quattro anni. Ogni volta che rileggevo questo testo mi sembrava che stesse parlando del nostro paese, al punto da sentirmi chiamato in causa in prima persona” – ha dichiarato Marchioni, aggiungendo: “ I protagonisti del nostro spettacolo, anziché ereditare una vecchia piantagione agricola nella Russia di fine Ottocento come accade nell’opera originaria, ereditano un vecchio teatro in Italia. In due notti ho iniziato personalmente a scrivere l’adattamento, provando a confrontarmi continuamente con il testo di Zio Vanja di Čechov: sostituivo la parola ‘proprietà’ con la parola ‘teatro’ e immaginandomi le dinamiche dei vari personaggi mi accorgevo via via che il risultato poteva funzionare. Dopo questa prima bozza di adattamento ho coinvolto allora nella scrittura Letizia Russo e abbiamo iniziato un lungo periodo di frequentazione creativa e di brain storming sul testo dello spettacolo, analizzando e discutendo insieme fino all’intuizione di ambientare l’intreccio in un vecchio teatro di uno di quei paesini colpiti in Italia dal terremoto. Io ho vissuto molto da vicino l’ultimo terremoto nelle Marche del 24 agosto di due anni fa, ho perso degli amici... Uno dei miei intenti sicuramente è quello di riuscire a dare un contributo, anche da un punto di vista artistico, per cercare di non dimenticare quello che è accaduto.”

L’idea è dunque quello di trasportare la scena in un paese della provincia italiana colpita da un terremoto: nello sfondo, le macerie del paese e del teatro: sul proscenio, le macerie di un vecchio teatro dimesso e terremotato, di cui zio Vania è l’amministratore, esattamente come nella tenuta di cui si parla nel testo di Checov. Ma allora, si tratta di una “riscrittura”? Secondo il regista assolutamente no; se mai, una nuova “declinazione” del testo di Checov: “ La scrittura di Čechov è inattaccabile, infatti non abbiamo cambiato una virgola rispetto alla costruzione verbale originale e mantenendo, per esempio, tutte le pause che ha scritto. Ancora oggi Čechov può apparire, con quelle sue atmosfere rarefatte, molto lontano dalla nostra realtà e invece la noia che accompagna i suoi personaggi si esprime come un sentimento che fa semplicemente da cornice allo sviluppo dell’azione. Nell’originale čechoviano questa piantagione in cui nulla cresce più è lo sfondo in cui gli esseri umani bruciano d’amore, si aggrappano ad un sentimento illusorio perché hanno bisogno di costruire qualcosa all’interno di loro stessi. Il testo conserva un grado tale di elettricità emotiva, soprattutto nel secondo atto, con questi tuoni e il temporale che avanza... Sicuramente Čechov è un autore classico e contemporaneo al tempo stesso, anche per questo siamo arrivati alla scelta di mettere i personaggi originari in una situazione di crisi reale attuale, che ci riguarda proprio come esseri umani. Nella nostra versione le vicende ruotano tutte all’interno di un teatro che non lavora più perché c’è stato un evento distruttivo - il terremoto - e i muri sono crollati. Però bisogna comunque andare avanti e allora il monologo di Sonia, forse uno dei più belli in assoluto della storia del teatro, acquista davvero un senso.

 

Il dramma dello scrittore russo fu rappresentato per la prima volta nell’ottobre 1899 al teatro d’arte di Mosca.  Protagonista dei quattro atti originali è Ivan Petrovic Voiniskij, zio Vanja appunto, che per anni ha amministrato con scrupolo e abnegazione la tenuta della nipote Sonja versandone i redditi al cognato, il professor Serebrjakov, vedovo di sua sorella e padre di Sonja. Unica amicizia nella grigia esistenza di Vanja e di Sonja è quella del medico Astrov, amato senza speranza da Sonja. Per il resto sono tutti devoti al professore, che credono un genio. Serebrjakov si stabilisce con i due, insieme alla seconda moglie, Elena. Le illusioni sono presto distrutte: alla rivelazione che l’illustre professore è solo un mediocre sfacciatamente ingrato, zio Vanja sembra ribellarsi: in un momento d’ira arriva a sparargli, senza colpirlo. Nemmeno questo gesto estrema modifica il destino di Vanja e di Sonja, che riprendono la loro vita rassegnata e dimessa, sempre inviando le rendite della tenuta al professore tornato in città con la moglie.

Vinicio Marchioni dirige il lavoro e interpreta zio Vanja, con Francesco Montanari (Astrov), Milena Mancini (Elena), Lorenzo Gioielli(Serebrijakov), Nina Torresi (Sonja), Andrea Caimmi (Telegin), Alessandra Costanzo (Marija), Nina Raia (Marina). Le scene sono di Marta Crisolini Malatesta, i costumi diMilena Mancini e Concetta Iannelli, le musiche di Pino Marino, le luci di Marco Palmieri.

 

26 gennaio – 4 febbraio | Teatro della Pergola PRIMA NAZIONALE

(ore 20:45, domenica ore 15:45, riposo lunedì 29 gennaio)

Khora.teatro

in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana

Vinicio Marchioni Francesco Montanari

UNO ZIO VANJA

di Anton Čechov

 

 

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Charlesgox il 28/01/2018 06:06:42

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