La buona scuola

ALTERNANZA SCUOLA - LAVORO: il modello tedesco e il pasticciaccio italiano

Le intenzioni - forse - potevano anche essere buone. Ma i risultati ...

di Lorenzo Somigli

ALTERNANZA SCUOLA - LAVORO:  il modello tedesco e il pasticciaccio italiano



La riforma del governo Renzi prometteva grandi cambiamenti. A due anni dall'entrata in vigore della Riforma restano non pochi nodi problematici e l'alternanza scuola-lavoro è uno di questi. Il principio ispiratore, agevolare l'inserimento nel mercato di lavoro coordinando scuola e impresa, è sacrosanto: era da tanto tempo infatti che si cercava di normalizzare le norme sull'apprendistato. Nonostante i buoni propositi e una buona dose di retorica sembra che l'esperimento italiano non stia dando i risultati sperati: si è ben lungi dal formare giovani lavoratori altamente qualificati.

È in vigore da poco tempo ma sta già suscitando aspre critiche soprattutto tra i destinatari del provvedimento. Sta portando ad una recrudescenza della conflittualità degli studenti e le manifestazioni di piazza si susseguono come le occupazioni scandite da slogan come "No buona scuola No sfruttamento". C'è anche uno slogan più centrato e graffiante: "Vi vogliono ignoranti e Fedeli!".

A leggere le proposte dei studenti viene quasi da sorridere: uno statuto dei diritti e dei doveri e un osservatorio contro i nuovi fascismi. Eppure, al netto delle assurdità e dell'immancabile fobia per il fascismo, si tratta di un segnale del magma sociale che ribolle: non si può ignorare la rabbia dei giovani che dall'oggi al domani si ritrovano catapultati nella galassia frastagliata del precariato, dei contratti atipici, dello sfruttamento.

Eppure in Germania funziona. Perché il modello tedesco è affidabile mentre quello italiano? Perché gli studenti tedeschi riescono ad inserirsi nel mercato del lavoro mentre quelli italiani arrancano tra disoccupazione, centri per l'impiego, lavori dequalificanti?


Ausbildung: nascita di un modello di successo

Il Duale Ausbildung nasce ufficialmente nel 1969 con la legge federale sulla formazione professionale come metodo di inserimento degli studenti nel mercato del lavoro.

Un tratto saliente del modello tedesco è la possibilità di scelta tra un percorso formativo che preveda l'alternanza e uno che invece non lo prevede. All'età di 16 anni si presuppone che lo studente abbia un'idea più nitida delle proprie attitudini e quindi ha facoltà di scegliere, con l'ausilio dei docenti, quale percorso intraprendere: può proseguire lo studio in vista del diploma e successivamente dell'università oppure può scegliere la formazione professionale che a sua volta è suddivisa in scolastica e duale. Quest'ultima soltanto presuppone l'apprendistato in azienda.

All'interno del percorso duale si contano 300 indirizzi tutti stabiliti da norme del governo centrale che si applicano in ogni Land cosicché tutti abbiano la stessa formazione pur assicurando alle aziende la flessibilità necessaria.

È sicuramente degno di nota che l'alternanza scuola-lavoro non si applichi agli indirizzi tradizionali: è difficile rintracciare un'applicazione pratica per determinate competenze.

Tutto inizia con la ricerca di un lavoro che preveda la formazione: una volta presentato il curriculum e sostenuto il colloquio, entrambi passaggi estremamente formativi comincia un percorso che dura dai due ai tre anni e che vede l'apprendista-studente impiegare la maggior parte del tempo in azienda con alcune ore di studio a scuola in base all'indirizzo scelto. 

Il Duale Ausbildung assicura un contratto a tempo determinato, nella maggior parte dei casi le ore di lavoro settimanali sono 40, lo stipendio mensile oscilla tra 500 e 800, cifre da non sottovalutare per un apprendista che sta imparando ancora e che mentre apprende può sbagliare più di un professionista, i giorni di ferie sono circa 25. Non è tutto: gli apprendisti usufruiscono di tutta una serie di agevolazioni. Terminato il ciclo si ottiene un titolo. All'età di 19 si è già inseriti nel mercato del lavoro con alle spalle un'esperienza pratica preziosa da inserire nel proprio curriculum e in più si ha la sensazione di essere stati valorizzati senza sprecare il proprio tempo in mansioni per le quali non si è portati.

Si tratta di un sistema rigido, altamente stratificato ma meritocratico ed efficace: o si sceglie un percorso professionalizzante o si sceglie un percorso accademico senza molte possibilità di cambiare in itinere ma con la certezza di trovare un impiego. Non stupisce infatti che oltre la metà degli studenti usciti dalla scuola dell'obbligo scelgano il percorso del Duale Ausbildung.

Non è tutto: chiunque può accedere all'alternanza scuola-lavoro. Giovani e meno giovani. Chi sta per entrare nel mercato del lavoro e chi già lavora ma vuole intraprendere un percorso differente. Non è facile reinventarsi ma è consentito anche questo.

Mentre gli studenti tedeschi a Ingolstadt si trovano nel cuore produttivo dell'AUDI, gli studenti nostrani del Liceo Scientifico Marie Curie di Varese si sono trovati a servire i clienti del Mac Donald's a riprova dell'inutilità dell'alternanza scuola-lavoro per gli indirizzi tradizionali. Non è un caso isolato e per questo bisogna intervenire.


Che fare?

L'alternanza scuola-lavoro oggi è una buona idea solo sulla carta: oggi è sinonimo di sfruttamento quando dovrebbe significare formazione, qualità, esperienza. Ciò che sembra mancare di più è l'elevato coordinamento tra impresa privata e Stato che contraddistingue l'archetipo tedesco. Fino ad oggi è stata una lauta occasione di profitto per imprenditori senza scrupoli alla ricerca di manodopera scarsamente qualificata piuttosto che una possibilità concreta di apprendere un mestiere e di entrare nel mercato del lavoro dalla porta principale. È chiaro che per far funzionare l'alternanza scuola-lavoro bisogna lavorare insieme nella stessa direzione. Imprenditoria, classe politica e docenti dovrebbero lavorare di concerto: lo Stato stabilisce quali percorsi formativi possono essere intrapresi, le aziende creano una forza lavoro altamente qualificata e si ritrovano con un capitale umano inestimabile (si pensi a quanti artigiani ne avrebbero bisogno per non veder sparire la loro professione), gli studenti crescono, imparano ciò che desiderano imparare, si sentono valorizzati e anche mali atavici che da decenni attanagliano il mercato del lavoro italiano, disoccupazione e in special modo disoccupazione intellettuale si attenuano. Non è impossibile vero?

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