Editoriale

Memorie di un illustratore dal mondo del fantastico

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

iei tempi era tutto diverso, avendo ormai superato il traguardo del mezzo secolo di vita da qualche anno, lo posso dire per molte cose, ma soprattutto per ciò che riguarda il settore di quel particolare campo dell’Arte, che è l’Illustrazione, arte applicata appunto, di nobilissime origini ma da troppi, ancora oggi, ritenuta erroneamente inferiore.

Non è mia intenzione disperdermi in melensi amarcord, ma due cose o poche più, vanno anche dette per poter meglio comprendere l’attuale situazione, “tristissima” a tutti gli effetti, nella quale versa oggi l’illustrazione italiana che poi, piaccia o meno, si restringe ai pochi campi della narrativa del Fantastico e del Giallo o Thriller se preferite. Non prendo in considerazione l’applicazione dell’Arte dell’Illustrazione alle attuali derive di giochi di ruolo da tavolo o elettronici, perché appunto esse sono “derivazioni”, in quanto per Illustrazione si fa riferimento solo ed esclusivamente al mercato librario ed editoriale.

Non volendo tediare nessuno con la mia autobiografia, mi limiterò a dire che grazie a Dio e a mio padre io con le immagini ci sono cresciuto, con i mezzi a disposizione di chi, come me, è nato nei primi anni Sessanta e che erano indubitabilmente molto meno di quelli attuali.

Quindi io, come tanti altri coetanei, macinavo fumetti, allora erano i “giornalini” e non avevano alcuna dignità né d’arte né culturale, sappiatelo. Poi c’erano libri, quelli dei genitori, dei fratelli, dei cugini… e la televisione e il cinema. Questo era il nostro bagaglio, l’armamentario delle immagini con il quale potenziare la propria immaginazione oltre alla personale fantasia.

Ed ecco che Batman, L’Uomo Mascherato, Il Principe Valiant, Flash Gordon, Dick Fulmine e Tex erano la nostra “porta sui mondi”; film su carta, sogni disegnati. Vennero dopo i rutilanti colori della Marvel e quella “porta” si spalancò oltre i confini della realtà insegnandoci a viaggiare negli spazi, nel tempo e nelle dimensioni, tra una scienza improbabile e una magia impensabile. Dèi, Titani, Immortali, Semidei, Eroi, Maghi Supremi e Alieni insieme con gli Uomini lungo una cavalcata durata milioni di anni e mai terminata. Dopo Thor e Silver Surfer e Doctor Strange arrivò Conan il Barbaro. Dopo Jack Kirby, Jim Steranko, Hal Foster, Neal Adams giunsero Barry Windsor Smith e John Buscema a cambiare ancora una volta il mio mondo di avventure e bellezza. Negli anni Settanta successivi si aggiunsero rapidamente i libri, dove le “semplici” avventure – meravigliose – di Salgari e Dumas e Verne e Du Terrail verranno sostituite dagli anglosassoni nomi di Tolkien, Anderson, Smith, Howard e con i loro racconti e romanzi anche l’immagine varierà portandoci in un mondo corrusco, violento e bellissimo di eroi e fanciulle seminude, di stregoni e démoni da sconfiggere, che avevano le rutilanti pennellate di Frank Frazetta, il dettaglio morbido e caldo dei Fratelli Hildebrandt, le atmosfere surreali e fantastiche di Karel Thole. Sì, se soltanto allora, verso i dodici anni circa, avessi immaginato che meno di vent’anni più tardi sarei stato ammesso alla “corte” di Karel Thole forse l’avrei ritenuto soltanto un sogno giovanile, anche perché devo a Lui, a Karel, all’unico uomo che ho sempre chiamato sinceramente Maestro, se ho capito che nella vita potevo e volevo fare l’Illustratore. Questo senza nulla togliere a tutti gli altri Grandi, viventi che mi sono stati Maestri, a cominciare da Donato Giancola, da Michael Whelan, da Oscar Chichoni. Da tutti ho potuto sempre imparare ciò che non sapevo, buttando via tutto quello che credevo di saper fare e ricominciando quasi daccapo. Sì, perché “ai miei tempi”, quando Internet neanche lo potevamo immaginare, chi come me è cresciuto in una città provinciale e di provincia, cercava di portare i propri “disegni” a farli vedere a “quelli più bravi”. Ecco che allora, con un misto di paura e speranza, trepidazione e avventurosità si mettevano le nostre “illustrazioni”, quelle che ritenevamo migliori o a volte anche tutte, crepi l’avarizia, in una cartella e si andava “a rompere le balle” al “Maestro-Dio” che avevamo identificato in uno di quegli autori che ammiravamo. Non sempre questo era possibile, nessuno di noi, da ragazzo poteva permettersi il lusso necessario, anche economicamente consistente, di poter attraversare l’oceano per sottoporre le proprie “ciofeche” allo sguardo di un Frank Frazetta. Se eri fortunato riuscivi ad andare a Milano, dopo aver magari scoperto dove abitava il “tuo Dio” che faceva le copertine per le numerosissime edizioni di Fantascienza o di Fantasy che allora il mercato nostrano offriva. Perché tra gli anni ‘70 e ‘80 quasi ogni casa editrice aveva le sue belle collane dedicate al Fantastico. Guardatevi intorno oggi!

Quindi si andava a Milano oppure da altre parti, con la nostra cartelletta di plastica e si sottoponevano i nostri “capolavori” al giudizio temibile e insindacabile di Colui che sapeva perché faceva!

Eppure quello era IL METODO! Partire con la giusta dose di umiltà e di “presunzione”, mista al coraggio, era ed È il solo, unico modo di crescere per chi s’incaponisce a fare questo folle “mestiere” che Thole m’insegnò ad amare, nella sua crudele e smaliziata visione. Nella migliore delle ipotesi ritornavi a casa con i complimenti del tuo Esaminatore, le critiche – critiche che possono essere e devono essere soltanto DISTRUTTIVE perché siano efficaci e utili, inutile parlare come fanno certi ignoranti di “critica costruttiva” – e i suggerimenti, e ti rimettevi lì, nuovamente sul foglio a cercare di correggere tutto quello che ti avevano insegnato in quei pochi minuti che ti avevano dedicato in una pausa caffè. E su quelle matite, su quegli studi anatomici, su quei panneggi, tra quei colori, tu riprendevi le fila del tuo sogno.

Allora, grazie a tutti gli Déi, non esistevano le innumerevoli “scuole” dei Fumetti che oggi imperversano in questo paese. Ed era un bene perché se eri veramente bravo, riuscivi in qualche modo ad “andare a bottega” dove imparavi, oppure “rubavi” il mestiere, la tecnica. Per esempio personaggi meravigliosamente disponibili come Thole (be’ non con tutti, detto com ogni affetto possibile, ma questa è un’altra storia) o come Giancola non hanno problemi a mostrarti i loro “segreti”, a insegnarti le tecniche, a dirti cosa sia giusto e cosa non lo sia, cosa si faccia e cosa non si debba fare mai. Questo è essere Maestri, è essere Grandi ed è Insegnare.

Il Talento non si può invece insegnare, l’ho già detto molte volte, sia in articoli sia in qualche mio libro, perciò fatevene una ragione, se il Buon Dio, Madre Natura, Il Padre degli Asi o chi vi pare a voi, non vi ha donato magnanimamente il talento di disegnare, dipingere o scrivere (vale anche per suonare e altro ma ora non ce ne occupiamo), è inutile che insistiate a cercare di fare una cosa per la quale siete NEGATI. Altrimenti non perseguite l'Arte: la perseguitate. È diverso. 
Se invece i Numi vi hanno elargito la Grazia di un talento, allora però sappiate che non basta, perché senza studio, senza Maestri, senza gavetta, senza competenza, senza conoscenza, senza padroneggiare la tecnica, senza cultura, il vostro "talento" può essere soltanto un succedaneo della carta igienica. 

Umiltà, passione, dedizione, piacere sensuale tra i colori e la carta, la tela, i cartoni… tutto questo è fare l’Illustratore e quando finalmente capisci che “ars sine scientia nihil”, che sei un nessuno, neppure un Odisseo piccolo piccolo, ma soltanto un nessuno che deve dimostrare a un Editore o ad un Art Director di essere in grado di dargli il meglio che da lui vuole il mercato, e vai avanti allora sei sulla buona strada. Accettare le critiche da chi è migliore di te e ha più esperienza, non aver paura a imparare cose nuove e a buttar via tutto, soprattutto i preconcetti che ci siamo fatti.

Per esempio comprendere che la nostra “fantasia” può essere un intralcio, e che sempre, prima di tutto un buon illustratore è un vorace, avido, inarrestabile lettore. Ed è sempre un curioso, un ficcanaso, non dei fatti vostri ma della vita. Che prima di disegnare, anche soltanto di tirare uno schizzo esiste un pensiero e soprattutto un’idea e ancor più una Ricerca delle fonti documentarie. Oggi mi capita di vedere presunte “illustrazioni” dove la “tavola” è un delirio di errori non soltanto artistici ma soprattutto di documentazione. E allora, ragazzi miei, lasciatevelo dire, se non avete talento e non volete imparare le “regole” - Sì REGOLE, perché l’Illustrazione come qualsiasi altra Arte è fatta di regole – allora lasciate perdere e cambiate attività. Sono certo che ne abbiate una da qualche parte che vi renderà felici.

Karel Thole m’insegnava, a me come ad altri, che l’Illustratore è un mercenario, un artista che si pone, proprio come avveniva nel Rinascimento, al servizio di un Signore che in questo caso è l’Editore. Che l’Illustratore è la versione attuale del Miniatore, del Facitore di Immagini e del Decoratore, Pittore, Disegnatore al tempo stesso. Mi insegnava a non confondere l’Illustrazione con il Fumetto, basate su due principi spesso opposti anche quando vi è chi – Caza, Druillet, Andreas, Manara, Segrelles, Toppi per fare alcuni nomi – riescono a fare entrambe al meglio. Karel, Dio l’abbia in gloria nel Valhalla degli artisti, tra una birra e un’altra c’insegnava a usare sempre i modelli, a guardare, osservare, scrutare, vedere… insomma a non essere presuntuosi nel credere di poter far da sé anche quando potevamo farlo.

Oggi, intorno a me, vedo pochi talenti, uccisi dall’eccesso di possibilità e di “apparire”. Non vedo più ragazzi andare con la cartella a cercare chi, un ipotetico “Maestro”, possa dir loro cosa sia bene e cosa no. Li vedo subito mettere le loro “opere” in rete, tutti su Facebook, “The Art of Giovanfrancesco Filippepi” (spero non esista perché l’ho inventato ora), attornati da bande di amichetti urlanti che li esaltano a rango di “artisti” a suon di Like, senza aver alcuna capacità né strumento di giudizio. E guai se uno osa muovere una critica!!! Come ti permetti? Presunzione, arroganza, supponenza e incapacità sono un cocktail micidiale.

Pardonnez Moi, ma io e altri possiamo permetterci. Possiamo farlo perché abbiamo non soltanto il dono indiscutibile del talento, ma abbiamo studiato, imparato regole e tecniche, abbiamo sbagliato e rifatto ricominciando e soprattutto siamo arrivati a pubblicare anche per importanti case editrici. Ecco perché ci permettiamo!

Ci permettiamo perché abbiamo imparato.

Autocitazione obbligatoria:
Dalmazio Frau, pittore, illustratore, scrittore e conferenziere.
Studioso d’Arte, di Miti, Simboli ed Ermetismo nella Tradizione Europea, ha scritto L’Arte Ermetica. Bosch. Brueghel, Dürer, Van Eyck  per le Edizioni Arkeios (2014); per le Edizioni Simmetria il saggio Senza arte né parte. Come evitare l’arte contemporanea e vivere felici (2012) e L’Arte spiegata a mia cugina. Pensieri sull’Arte nella Tradizione, nella Politica, nel Fantastico, in pieno Kali Yuga per le Edizioni Tabula Fati (2015), Crociata contro l’Arte. Trecento anni di guerra contro il Sacro per Idrovolante Edizioni (2017). Scrive per Totalità, Il Giornale OFF e Nazione Futura.

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