Una vicenda sconcertante.

Nessuna pietà per Charlie, se non è politicamente corretto. Quel bambino deve morire!

Charlie Gard, il bambino inglese costretto a morire... per il suo bene! L'atteggiamento sconcertante della Chiesa e i mezzi silenzi di Bergoglio.

di Domenico Del Nero

Nessuna pietà per Charlie, se non è politicamente corretto. Quel bambino deve morire!

Nessun Je suis, questa volta.  Forse le anime belle sono in ferie, il caldo torrido di questi ultimi giorni deve aver fatto evaporare le ultime tracce dei loro neuroni.  O, più semplicemente, il soggetto non è abbastanza interessante. Non è gay, non è di colore né rom, non è un immigrato; e neppure un piccolo di foca o di tapiro.

E’ semplicemente un bambino, un cucciolo d’uomo di cui i grandi media non si erano accorti e forse se non fosse stato  per il web il caso sarebbe filato via in sordina, come i tanti, troppi che non godono della ribalta  dorata e  coccolata del politically correct.  In Italia, per esempio, nei “salotti buoni” del potere  ci si scandalizza molto di più per uno striscione goliardico esposto durante un gay pride e che inneggiava, diciamo così, all’eterno femminino, al punto che la senatrice Monica Cirinnà   chiede “pene rieducative” per l’autore ritenuto reo di lesa omosessualità. Pene rieducative, un’espressione che ricorda nientemeno che i tempi del feroce dittatore cambogiano Pol Pot. C’è da aspettarsi che gente simile possa commuoversi o preoccuparsi per un bambino nato in una famiglia  etero e per di più, orrore degli orrori, pare persino cattolica?

La vicenda in sintesi è questa: Charlie Gard è un bambino  britannico di dieci mesi , fortemente desiderato e accolto con gioia nella sua famiglia. Purtroppo  alla felicità si è sostituita ben preso la croce: il piccolo infatti, nato apparentemente sano, si è scoperto essere affetto da una malattia tanto rara quanto spietata, la  “la sindrome da deplezione del dna mitocondriale”. Se ne conoscono al momento 16 casi al mondo:  le forme principali di questa terribile specie di patologia sono tre e si differenziano per una più marcata compromissione di un determinato organo o tessuto. La forma miopatica coinvolge in modo particolare la muscolatura scheletrica, la forma encefalomiopatica i muscoli e il sistema nervoso, la forma epatocerebrale invece compromette in primis il fegato e a volte il cervello. [1] A causa del progressivo indebolimento dei muscoli, il piccolo non è in grado di muoversi, mangiare e respirare in modo autonomo. Ed allora ecco la sentenza: Non intravvedendo possibilità di miglioramento, i medici del Great Ormond Street Hospital for Children (Gosh), che pure è o dovrebbe essere una struttura di eccellenza,  hanno proposto – ma meglio sarebbe dire deciso -  di staccare il respiratore e lasciarlo morire previa somministrazione di adeguate cure palliative.

  Igenitori non hanno accettato la sentenza né tanto meno di gettare la spugna. Iniziano così una battaglia legale, destinata purtroppo a conoscere una sconfitta dietro l’altra: prima i giudici dell’Alta Corte di Londra, pur lodando  i coniugi Gard “per la loro campagna piena di dignità e amore” hanno dato ragione ai medici. Ma cosa chiedevano i genitori di Charlie? Di portarlo negli Stati Uniti per sottoporlo a una cura sperimentale, dopo aver raccolto con una campagna che aveva ricevuta una risposta entusiastica più di un milione di sterline.

Ma la comunità scientifica ritiene, a quanto pare, che si tratti di un tentativo inutile e di conseguenza che sia nell’interesse del bimbo staccare definitivamente la spina. Di questo parere, purtroppo, anche la Corte Europea dei diritti umani, a cui i genitori del bambino si erano rivolti in extremis.

Ai genitori è stata persino negata la consolazione di poter far spirare il figlio nella loro casa, nel suo lettino. Solo è stato concesso loro un po’ più di tempo prima di staccare definitivamente il respiratore. Sconvolti e addolorati: "Noi e soprattutto Charlie siamo stati terribilmente abbandonati lungo tutto il processo – hanno dichiarato su Facebook – Non ci è stato permesso di scegliere se nostro figlio potesse vivere e nemmeno quando e in che luogo dovesse morire”.[2] Viva invece la loro gratitudine verso i tanti comuni cittadini che li hanno sostenuti e li hanno aiutati a raccogliere la somma che sarebbe dovuta servire per le cure.

Sull’argomento le opinioni sono  divise: alcuni – anche tra i medici – giustificano e addirittura difendono tali decisioni dicendo  che é “umano” porre fine alle sofferenze del bimbo, anche se i genitori ovviamente non riescono ad accettarlo. Ma c’è chi obietta che in realtà non è possibile sapere se e quanto Charlie soffra realmente e che negargli comunque una possibilità estrema, per quanto improbabile possa essere, è assurdo e disumano.

Sicuramente, è impressionante sentire dei medici che giustificano il fatto di negare per legge la possibilità a dei genitori di curare il proprio bimbo: le possibilità e gli scenari che si aprono sono impressionanti. Qualcuno grida al nazismo, ma senza voler certo difendere uno dei regimi più aberranti, insieme al comunismo, del XX secolo, c’è da dire che è troppo facile e comodo scaricare sempre tutto sui soliti noti. In realtà questa decisione rientra perfettamente nella logica laicista, tecnocratica e utilitaristica delle “democrazie” così come si fanno configurando nel XXI secolo, dove la vita umana vale soltanto ed esclusivamente se ha “ancora un senso”; dimenticando che questo “senso” non spetta assolutamente all’uomo darlo. Quello che i genitori di Charlie chiedevano non era l’accanimento terapeutico, ma semplicemente tentare tutte le strade possibili – per quanto improbabili – per salvare la loro creatura. Se poi anche la terapia negli Usa si fosse rivelata una chimera, allora si sarebbero rassegnati all’inevitabile,se non altro con la consolazione di aver tentato tutto ciò che era anche lontanamente possibile.

Toccante a questo riguardo la testimonianza di Antonio Guidi, ministro per la famiglia nel primo governo Berlusconi e uomo politico attualmente militante in Fratelli d’Italia: Quando nacqui nel 1945 mi davano tutti per morto anche se dentro il mio petto si nascondeva un piccolo, flebile battito. I medici non credevano in me… i miei genitori, loro si..e avevano ragione!! “. E inoltre: Per lunghi anni i migliori medici del Paese ripetevano ‘Non capirà mai, non parlerà, non camminerà mai signora … suo figlio è meglio che muore’. Dentro di me urlavo per quel silenzio che non riuscivo ad infrangere parlando, ma capivo tutto!! A 4 anni ho iniziato a parlare..e a 11 a camminare. Le estenuanti ore di fisioterapia costosissima alla fine mi hanno ripagato..alla faccia di quella scienza asettica e senza cuore e senza speranza che mi aveva dato per spacciato e mi aveva condannato tante volte. In questi giorni mi si stringe il cuore a pensare al piccolo Charlie Gard e penso a chissà che destino avrei avuto se questa crudele Corte europea dei diritti umani avesse potuto decidere il mio destino”.[3]

Ma di cosa meravigliarsi, se la stessa Chiesa, in perfetta sintonia con la linea Bergoglio di mettere in secondo piano le tematiche etiche, ha esitato a lungo prima di dire qualche parola?  Lo stesso Francesco, più volte sollecitato a dire qualcosa, se l’ è cavata con un tweet che più asettico e generico non potrebbe essere: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d'amore che Dio affida ad ogni uomo". Davvero un po’ poco, da parte di chi, come ricorda Antonio Socci,non si perita di sproloquiare persino contro chi si tinge i capelli. [4] Persino il presidente Mattarella ha fatto di meglio. Cosa aspettarsi del resto da un personaggio che più che il vicario di Cristo è ormai l’alfiere e mosca cocchiera del politicamente corretto? E questo nonostante in tantissimi abbiano telefonato a Santa Marta chiedendo un intervento diretto di Bergoglio, al punto da intasare le linee, ottenendo dalle suore risposte evasive e generiche, finché – ricorda Socci -  la risposta è stata che si era espresso monsignor Paglia, il presidente della Pontificia Accademia della vita.  Proprio una bella “espressione” quella del monsignore in questione, che aveva lasciato sconcertati e perplessi numerosi cattolici. Un perfetto cerchiobottismo in puro stile Francesco, con affermazioni contraddittorie del tipo: “va rispettata e ascoltata anzitutto la volontà dei genitori e, al contempo, è necessario aiutare anche loro a riconoscere la peculiarità gravosa della loro condizione, tale per cui non possono essere lasciati soli nel prendere decisioni così dolorose” o anche “Quando l’alleanza terapeutica tra paziente (in questo caso i suoi genitori) e medici si interrompe tutto diventa più difficile e ci si trova obbligati a percorrere l’estrema ratio della via giuridica, con i rischi di strumentalizzazioni ideologiche e politiche sempre da evitare e di clamori mediatici talvolta tristemente superficiali. Alla faccia del “si si no no”: dalla Chiesa ci si aspetterebbe una parola di chiarezza, non ulteriori dubbi e incertezze.  Basterebbe un po’ di coerenza con quanto il Magistero ha detto al riguardo prima che Bergoglio arrivasse a sconvolgere del tutto la linearità del magistero cattolico, senza peraltro avere nemmeno il coraggio di  dichiarare “sbagliate” o “superate” certe affermazioni quali la sacralità della vita, dal suo concepimento sino alla fine.

Qualche voce ferma e coraggiosa, come quella del cardinale Carlo Caffarra, (Fermatevi in nome di Dio!)c’è stata. Ma  la sua utilità è relativa se il vertice si defila e sembra pensare che questi non siano affari degni dell’attenzione divina.  Qualunque siano le reali condizioni di Charlie, il modo assurdo in cui è stata condotta questa vicenda rappresenta una sconfitta per la vita e per quel che rimane della civiltà cristiana (e non solo).



 

 



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