Trump presidente

I GIORNI DI DONALD: l'insediamento contrastato del nuovo presidente Usa.

Il politicamente corretto in rivolta contro il nuovo presidente, democraticamente eletto. Con isterismi e reazioni tra il ridicolo e il grottesco.

di Domenico Del Nero

I GIORNI DI DONALD: l'insediamento contrastato del nuovo presidente Usa.

E Trump sia. Con buona, anzi pessima pace delle vestali di turno del  politicamente corretto, che stanno avendo  le loro giornate più  nere.  Solo “farsi un giro” tra i commenti  è uno spettacolo tra il varietà e la tragedia più truculenta.  Repubblica va a scovare Jacques Attali, già consigliere di Mitterand, per il quale Trump potrebbe essere “il nuovo Mussolini”, pontificando: “All'inizio avrà successo, se farà davvero quello che ha promesso. Il problema è che, oltre ai piani per gli investimenti che sono positivi, smantellerà la scuola pubblica,distruggerà la sanità pubblica, isolerà gli Stati Uniti dal resto del mondo”[1]. A parte il fatto che Mussolini la scuola pubblica non la distrusse affatto, mentre in compenso ci stanno riuscendo benissimo i governanti attuali, il monsieur in questione farebbe meglio a pensare ai “leader” di casa sua, che quanto a combinare disastri non sono secondi a nessuno: tra Sarkozy e Hollande davvero arduo riuscire a dire chi abbia fatto peggio. Per eguagliarne anche uno solo dei due, il nuovo presidente americano dovrebbe davvero impegnarsi.

Molto divertenti anche le affermazioni di Unità Tv  (del resto, data la fonte) che così esordisce: “Fin qui abbiamo scherzato. E con Donald Trump non è solo un modo di dire. Visto che oggi l’uomo che in campagna elettorale ha praticamente affermato tutto e il suo esatto contrario dovrà smettere di scherzare e iniziare a fare sul serio.”   Viene il dubbio che si stiano confondendo con Matteo Renzi ma non è così. Oltre a descrivere la cerimonia di insediamento, l’articolo si premura di farci sapere che Trump non sarebbe nemmeno capace di presentare un governo: “Si è presentato il problema che l’amministrazione Trump non era preparata nel presentare un governo (….) in aggiunta hanno scelto sia miliardari con situazioni finanziarie complicate sia persone che hanno grandi conflitti di interesse. Fonte “autorevolissima”: il senatore democratico Sheldon Whitehouse.[2]

Un altro che sicuramente non ha “festeggiato” è papa Bergoglio, che ha mandato al nuovo inquilino della casa Bianca un messaggio generico e infarcito di luoghi comuni: “In un momento in cui la nostra famiglia umana è afflitta da gravi crisi umanitarie che esigono lungimirante e unitarie risposte politiche, io prego perché le Sue decisioni siano guidate dai ricchi valori spirituali ed etici che hanno formato la storia del popolo americano e l’impegno della Sua nazione alla promozione della dignità umana e della libertà in tutto il mondo” sentenzia il pontefice argentino. Sicuramente non ci vorrà molto perché se ne preoccupi più di Obama; basterebbe provare a domandarlo ai siriani. Ma è probabile che  il cuore e la benedizione di Bergoglio siano andati a chi, in America, ha “democraticamente” contestato l’insediamento del nuovo presidente. [3] Proprio un’altra delle vestali del politically correct, Lily Gruber, ha evidenziato nella trasmissione otto e mezzo di questa sera come Trump rappresenti per molti aspetti – soprattutto su islam e immigrati – l’esatta antitesi del pontefice argentino (e meno male!)  e lei e i suoi ospiti hanno espresso la viva preoccupazione che il neopresidente Usa possa diventare un punto di riferimento per quei cattolici “retrivi” (non è stato questo il termine usato, ma il senso del discorso sì) che non approvano l’azione di “el papa”. Certo, perché ovviamente persone del genere non hanno diritto di parola o di cittadinanza, figuriamoci di “sentirsi rappresentati”  e per di più da un presidente USA!

Ma dove veramente si raggiunge il culmine del grottesco è con la “marcia delle donne” a Washington, stimata (ma quanto ci sarà da fidarsi?) in mezzo milione di persone, venute a contestare non l’ultimo       dittatorello sudamericano o afrocubano, ma un presidente democraticamente e legalmente eletto: che può certo piacere o non piacere, ma che non si è fatto da sé, anzi è riuscito a vincere pur avendo schierata contro tutta la marmaglia mediatica del politically correct.

Non c’è che dire: ci voleva Trump per ridestare certi animali preistorici,  che vegetano nel letargo assoluto quando di tratta di fenomeni come l’infibulazione o la tragica condizione della donna in tanta parte del mondo islamico; e visto che si preoccupano tanto dei diritti degli omosessuali (tanto per cambiare) lo sanno che in certi civilissimi paesi dove il Corano è legge essi possono essere addirittura impiccati? Forse ci siamo persi qualcosa, ma non risultano marce o mobilitazioni recenti per “inezie” di questo genere!

Ovviamente, ancora una volta Repubblica (ormai non solo la bibbia dei radical chic, ma anche il surrogato dell’Osservatore Romano) esulta nel riferire i numeri dell’armata delle pitonesse, ma non perde occasione per contrapporle al discorso inaugurale di Trump  che ha dato il tono della sua presidenza: “orgogliosamente populista, ferocemente nazionalista, determinato a rompere con l'eredità del suo predecessore democratico”. E’ rimasto nella tastiera giusto “fascista”, si può capire con quanto rammarico del’estensore dell’articolo (anzi, dell’articolessa). [4] E la marcia, ovviamente, trova la benedizione di Hillary Clinton (grazie per parlare e marciare per i nostri valori), che non ha nemmeno quel minimo sindacale di dignità per accettare la sconfitta.

Ma non c’è nulla di strano. “Io sono l’ultima cosa tra voi e l’Apocalisse” era stato uno dei suoi tanti isterismi in campagna elettorale.   Ma un isterismo che ha  delle ragioni ben precise, individuate con lucidità dall’ex ministro del tesoro Giulio Tremonti: Trump potrebbe essere la fine dell’era della globalizzazione. “Un'utopia che era stata costruita sulla base di due formule chiare e interconnesse: 'politically correct' e 'responsibility to protect'  (…)  Lanciata nel gennaio del 1996 col secondo mandato alla Casa Bianca di Bill Clinton, immaginata come l’anno zero dell’umanità, articolata come progetto di creazione dell’uomo nuovo e di un mondo nuovo. L’uomo nuovo è il consumatore ideale, l’uomo a taglia unica, a cui vanno cancellate radici e tradizioni, in tutto e per tutto conforme allo schema ideale del consumo e del comportamento politicamente corretto  (…) uno degli ultimi atti di questa presidenza è stato l’adattamento in logica gender delle toilette degli edifici federali...” ha dichiarato l’ex ministro.[5]  Un’analisi con cui si può, per una volta, concordare in pieno.

Ci vuole infatti una malafede gigantesca per scagliarsi come un personaggio che è al potere solo da poche ore, passando sotto silenzio o facendo finta di ignorare i danni spaventosi creati dagli ultimi presidenti Usa, sua democratici che repubblicani: la destabilizzazione di tutta una serie di aree quali l’Irak, la Siria, L’Ucraina, l’Africa Centrale, con costi altissimi in termini di vite umane, servendosi spregiudicatamente dell’arma a doppio e triplo taglio dell’integralismo islamico (che però per Bergoglio e altri alfieri del “polically correct” non esiste o può essere addirittura messo sullo stesso piano di un fantomatico “integralismo cattolico”) e portando la tensione con Russia al calor bianco, rischiando di provocare una terza guerra mondiale.  La nevrotica Hillary avrebbe significato la continuazione di tutto questo, ma alle vispe megere in cappellino rosa  in marcia a Washington e altrove tutto questo stava benissimo.

“L’America prima di tutto” ha dichiarato Trump nel suo discorso inaugurale, che non ha risparmiato stoccate a politicanti e oligarchie  (“Per troppo tempo un gruppo ristretto di persone ha gestito il governo. La prosperità era solo per i politici, non per le imprese. L'establishment ha protetto se stesso, non le imprese. Non sono stati i trionfi della gente, c'era poco da celebrare per le famiglie che lottavano in tutti gli Usa. Da ora tutto cambia. E' il vostro momento, vi appartiene".) [6]

Vedremo se dietro queste ed altre parole del neopresidente americano ci saranno fatti concreti e in che direzione andranno. Intanto i fiumi di bile delle vestali del politicamente corretto, dei buonisti a un tanto al chilo, di coloro che vogliono affossare una civiltà millenaria (con tutti i suoi limiti e difetti) per sostituirla con un gigantesco villaggio globale molto simile ad un gulag dove la sola cosa importante è consumare non possono che rallegrare profondamente chi invece guarda con orrore e contrasta tutto questo. E intanto, a Coblenza, città simbolo della controrivoluzione, si ritrovano i rappresentanti delle destre “populiste” d’Europa: bollati così, tra l’altro, da quelle sinistre che ieri cantavano avanti popolo alla riscossa e oggi si accomodano nei salotti buoni dell’alta finanza e degli eurocrati.

Solo per questo… grazie Trump. O per usare un’espressione popolare fiorentina Grazie per ora.

 

 



[3]Fonte:   http://www.interris.it/2017/01/20/111248/cronache/papa/vaticano-il-messaggio-di-auguri-di-bergoglio-al-presidente-trump.html

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