FIRENZE: teatro della Toscana.

Un libertino seducente: Fornasetti veste Mozart ... tra Pitti e la Pergola.

Un Don Giovanni dai vividi colori musicali e scenici nella cornice di Pitti Immagine Uomo

di Domenico Del Nero

Un libertino seducente: Fornasetti veste Mozart ... tra Pitti e la Pergola.

Foto Arianna Sanesi

Fantasia, colori, una simbologia intrigante e mai stonata: e una musica davvero straordinaria. Il Don Giovanni   in scena alla Pergola – teatro della Toscana nella singolare e inedita produzione dell’atelier  milanese Fornasetti  ha sicuramente un impatto notevole e stimolante. Si può essere o meno d’accordo su alcuni particolari e  trovare qualche “stonatura” nella resa musicale, ma sono dettagli che tra l’altro sono riscontrabili anche nelle produzioni dei teatri maggiori. Ben venga dunque questo  sposalizio tra moda e musica: l’evento è stato infatti inserito nel calendario di Pitti Immagine Uomo 91 e il Teatro della Toscana ha entusiasticamente aderito all’iniziativa.

Fornasetti è una importante azienda di livello internazionale che opera nel campo del designi e della decorazione di oggetti di arredamento nel settore del lusso.  Un marchio che ha una storia e una tradizione che inizia negli anni trenta grazie a Piero Fornasetti; il figlio Barnaba  attuale titolare nonché autore del progetto e della scenografia dello spettacolo, attingendo al ricco archivio della sua azienda evidenziato una serie di temi scenici di grande interesse, che ricreano perfettamente l'atmosfera dell’opera. Lorenzo Da Ponte, autore del libretto, è anche un rappresentante di quello “spirito libertino” che molta parte ebbe nel secolo dei lumi: le carte, volti femminili,  una cascata di fotografia durante l’aria del “catalogo” di  Leporello, notturni onirici, ma con fondali da stampa settecentesca;  un modo “atemporale” di accostarsi al testo ma che sicuramente si adattava al genio di Mozart e di Da Ponte: nei colori, nei costumi vivaci  e bellissimi di Romeo Gigli e nel sapiente gioco di luci di Luigi Saccomandi si può veramente rivivere il fascino di un’epoca, ma anche quello di temi – l’amore, il piacere, l’attrazione per la bellezza  - che sono sicuramente eterni. Surrealismo, metafisica, liberty, classicismo: una felice mescolanza di stili che era tipica dell’arte di Piero Fornasetti si riversa su  queste scene ed è davvero impossibile non esserne sedotti; in questo, Barnaba Fornasetti è stato davvero all’altezza del protagonista dell’opera!  Se qualche forzatura, o forse difficoltà di comprensione, si può  manifestare in alcuni momenti – ad esempio, la scena del cimitero, quella in cui Don Giovanni invita a cena la statua del commendatore – l’insieme è sicuramente un capolavoro di intelligenza, buon gusto e profondo amore per quest’opera, che si cerca di attualizzare senza però stravolgerla o allontanarsi dalle intenzioni e dallo spirito dell’autore.  La regia di Davide Montagna ha saputo sfruttare benissimo questi elementi, imprimendo alla spettacolo una grazia e un movimento davvero mozartiani.

Ma non meno interessante è stata la parte musicale, che è voluta ritornare davvero alle origini del capolavoro. Non solo infatti è stata scelta la partitura della prima rappresentazione, basandosi sul manoscritto di Praga del 1788 (mentre di solito si preferisce basarsi sulla seconda edizione, scritta per il pubblico di Vienna nello stesso anno) ma l’orchestra Silete Venti, diretta dal maestro Simone Toni  che ne è il fondatore, ha suonato su strumenti d’epoca rispecchiando inoltre la originale formazione mozartiana, con disposizione longitudinale e archi contrapposti ai fiati: niente buca ma orchestra a livello del pubblico di platea. Del resto, ai tempi di Mozart la fossa d’orchestra non esisteva, il golfo mistico è innovazione wagneriana. Il risultato? Davvero straordinario: la musica di Mozart si rivela di una forza e di una sonorità che raramente emergono nelle edizioni con strumenti “moderni”, mai comunque con questa suggestione. Merito anche  della esecuzione degli orchestrali, di eccellente livello e della direzione appassionata e ricchissima di sfumature di Simone Toni; l’unico difetto è stato, in alcuni momenti,  una “sovrapposizione” sulle voci e l’impressione in qualche passaggio di non perfetto collegamento col palcoscenico, senza che però questo inficiasse il fascino e l’incanto generale. Molto suggestivo anche l’uso del “fortepiano” in luogo dell’usuale clavicembalo nei recitativi secchi: Fornasetti ha fatto riprodurre quello originale, usato per la prima rappresentazione, realizzato nel 1782. Un ulteriore tocco di raffinatezza e di colore d’epoca.

Discreto nel complesso il panorama della voci: Christian Senn è un baritono forse non sempre convincente sul piano timbrico e del volume,  ma dotato di un discreto fraseggio e di ottima recitazione. Molto apprezzabile e apprezzato il Leporello del baritono Renato Dolcini, sia nella resa del personaggio che nel canto grazie a un  timbro ricco di sfumature; il tenore Andres Agudelo ha interpretato  la parte di Don Ottavio benché indisposto e solo per questo merita una menzione speciale. Tra i ruoli femminili, spicca senz’altro la donna Anna della soprano Raffaella Milanesi, dotata di una discreta potenza  ma anche di una voce morbida e ricca di sfumature; l’Elvira di Emanuela Galli (soprano)  era  invece un po’ carente nel fraseggio e nella dizione. Discreti e simpatici il Masetto di Mauro Borgioni (che ha interpretato anche il Commendatore) e la Zerlina di  Lucía Martín-Cartón.

Un vivo e meritato successo salutato con calorosi applausi. Stasera ore 20,15 ultima replica,  spettacolo decisamente da vedere.

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