Editoriale

L'ora di Pilato: Bergoglio e la santificazione di Lutero

Mentre in Italia crollano le cattedrali, qualcuno demolisce quel poco che resta dell'identità cattolica.

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

hissà se era davvero lui, il grande ignavo, colui che fece per viltade il gran rifiuto,  misterioso personaggio in cui invece molti commentatori dantisti, su basi peraltro piuttosto fragili, si ostinano a vedere il povero Celestino V.  Altri insigni studiosi, fra cui Natalino Sapegno, preferivano invece identificarlo in Ponzio Pilato, il procuratore imperiale che, per l’appunto, “si lavò le mani” di una responsabilità che avrebbe dovuto essere soltanto sua.   Un’ipotesi naturalmente; eppure, se veramente l’identificazione fosse corretta, c’è una frase da lui detta  che   caratterizza benissimo il  procuratore romano in quel ruolo:

Che cos’è la verità?

Pilato dunque ignavo come archetipo del relativismo, del rifiuto di impegnarsi nella affermazione di un principio, del sacrificio dietro una bandiera.

Nel caso del Cristiano, quella bandiera è la croce. I nuovi, recenti martiri in Asia e in Africa, per i quali nessuno tira fuori un Je suis qualunque,  liquidati con poche e frettolose parole – pensiamo solo per paragone al vero e proprio diluvio a favore degli immigrati – persino da colui che oggi siede sul trono di Pietro.

Norcia :la basilica di san Benedetto, che secondo la tradizione sorgeva sulla casa natale dei santi Benedetto e Scolastica, crolla; rimangono in piedi solo la facciata e parte delle navate. Un segno dei tempi, di una Chiesa che sta abbandonando del tutto la via di una spiritualità di cui il monachesimo rappresenta una pietra miliare? Non si tratta di fare del determinismo a buon mercato, di pensare a un Dio che fa crollare un monumento secolare per far comprendere che è di malumore. Anche l’abbazia di Montecassino è stata più volte distrutta: l’ultima, in modo del tutto immotivato e gratuito, dai “liberatori” angloamericani, eppure è sempre risorta.  Ma persino un ateo o un diversamente credente non potrebbe non rimanere colpito della coincidenza: nel momento in cui Bergoglio va in Svezia a rendere omaggio a Martin Lutero, crolla la basilica di San Benedetto, patrono d’Europa e fondatore del monachesimo occidentale, pilastro delle spiritualità cattolica;  il cui nome, tra l’altro, rimanda a quello del predecessore del prelato argentino.  Coincidenze forse, ma che non mancano, o non dovrebbero mancare, di far riflettere. “"È rimasta in piedi solo la facciata, un'immagine che a molti è apparsa come un presagio di una chiesa che sta crollando lasciando in piedi, appunto, solo la facciata" ha osservato con profonda amarezza Antonio Socci.

Ma non è giusto dialogare? Non è giusto cercare di ricomporre le fratture, di ritrovare i fratelli “ovunque dispersi”?

Il problema è che oggi per dialogo si intende resa incondizionata, come una battaglia a cui si partecipi dando per scontata la sconfitta e la superiorità dell’avversario. Ora, un dialogo, per essere tale, dovrebbe presupporre sempre e comunque una pari dignità delle parti in causa, che possono anche non arrivare a un accordo, a una sintesi: le religioni poi non sono filosofie e il cristianesimo non somiglia – o non dovrebbe somigliare – al pensiero di  Hegel.

“Abbiamo imparato che ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide” ha dichiarato Bergoglio aggiungendo poi:  “Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma, confessiamo e deploriamo davanti a Cristo il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa. Differenze teologiche sono state accompagnate da pregiudizi e conflitti e la religione è stata strumentalizzata per fini politici.” Una dichiarazione sconcertante che banalizza e annulla qualche secolo di storia, ma soprattutto che nasconde quelle che furono le vere ragioni dello scisma protestante.

“La contesa si apre, è vero, su certe proposizioni di fede, qual  è appunto la teoria delle indulgenze, ma alla condanna di Lutero da parte del Papa segue immediatamente la pubblica bruciatura della stessa bolla papale da parte di Lutero e quindi la divisione tra i seguaci di questi e la Chiesa di Roma; caso limite, il Papa è  identificato con l’Anticristo!   (….) Ma se da un lato la Chiesa Cattolica continua a restar salda nella propria unità, le chiese protestanti  prendono subito a dividersi tra loro: perché il principio dell’unità è appunto quel seggio romano dal quale i riformati vollero separarsi “. Così scrisse il fiorentino Attilio Mordini, uno degli ultimi grandi teologi e pensatori cristiani del  secolo scorso; [1]mentre da parte sua l’allora Cardinale Ratzinger nel celebre Rapporto sulla Fede scritto con Vittorio Messori, ricordava : “ Il protestantesimo è nato all’inizio dell’epoca moderna ed è pertanto molto più apparentato  che non il cattolicesimo con le idee forza che hanno dato origine al mondo moderno. La sua attuale configurazione l’ha trovata in gran parte proprio nell’incontro con le grandi correnti filosofiche del XIX secolo. E’ la sua Chance e la sua fragilità questo suo essere aperto al pensiero moderno. Così può nascere l’opinione (proprio presso teologi cattolici che non sanno più che fare della teologia tradizionale)  che nel “protestantesimo” si possano trovare già tracciate le vie giuste per l’intesa tra le fede e il mondo moderno”.[2]

E allora, quali sono in sostanza “le cose che uniscono” in una confessione (Il luteranesimo) che non riconosce gli stessi sacramenti della Chiesa cattolica e nega la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, oltre naturalmente a disconoscere il primato di Pietro? Ma dato che per Bergoglio queste questioni sono solo insignificanti minuzie teologiche (!!!), come conciliare ad esempio l’impostazione cattolica sul sacerdozio e quella morale che persino lui si è sentito in dovere (anche se con ben scarsa credibilità) di ribadire di recente? Cosa ne pensa  il successore di Pietro di una confessione che permette non solo a una donna di diventare vescovo, ma accetta la possibilità di benedire le unioni gay e annovera tra i suoi presuli  la “vescovessa” di Stoccolma, dichiaratamente omosessuale con tanto di compagna e bambino?

E sono solo alcune delle “lievi e insignificanti differenze”  che dividono cattolici e luterani. Tutte superabili ovviamente, secondo Bergoglio, nel nome del “volemmose bene” :

“Preghiamo Dio che cattolici e luterani sappiano testimoniare insieme il Vangelo di Gesù Cristo, invitando l’umanità ad ascoltare e accogliere la buona notizia dell’azione redentrice di Dio. Chiediamo a Dio ispirazione, incoraggiamento e forza affinché possiamo andare avanti insieme nel servizio, difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza. Dio ci chiama ad essere vicini a coloro che aspirano alla dignità, alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione. Oggi, in particolare, noi alziamo le nostre voci per la fine della violenza e dell’estremismo che colpiscono tanti Paesi e comunità, e innumerevoli sorelle e fratelli in Cristo. Esortiamo luterani e cattolici a lavorare insieme per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della persecuzione, e a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti cercano asilo.”[3]

Il solito “minestrone” buonista cucinato per mettere insieme chiunque: chi potrebbe essere favorevole all’ingiustizia o alla persecuzione dei poveri? Senza dimenticare, ovviamente, il solito stucchevole ritornello all’accoglienza  a qualsiasi costo, questo tra l’altro proprio in un paese come la Svezia che ne sta pagando pesanti conseguenze; e ribadito, se mai ce ne fosse stato bisogno, anche nel “magistero volante” del viaggio di ritorno.  Se è questo che unisce cattolici e protestanti non si può dire che sia davvero molto. E non è certo un caso che a intonare l’esultate su questa ennesima discutibilissima performance dell’argentino sia stato il nuovo guru della chiesa bergogliana, Eugenio Scalfari, tutto preso nel suo ruolo di unto del signore ( Bergoglio, per l’appunto). Scalfari  in una stucchevole articolessa su Repubblica, dopo averci messo al corrente di una telefonata ricevuta dal suo amico argentino tre giorni prima del viaggio “per parlare di quella Riforma che ebbe un’enorme importanza per tutta Chiesa “ se ne esce con questa interessante e illuminante riflessione:

“Per concludere la prima parte di queste riflessioni aggiungo che Lutero toccò il culmine della sua vita di riformatore negli anni che vanno dal 1510, quando cominciò a condannare la simonia della Chiesa di Roma con la vendita delle cosiddette indulgenze e fu scomunicato dal papa mediceo Leone X, fino alle tesi di Wittenberg del 1517 e fino al 1520. Ma poi il suo pensiero cambiò e altrettanto i suoi atti. Volle essere il sovrano assoluto della sua Chiesa, diventò conservatore, prepotente, si sposò, si mischiò con la politica e alla fine decise che i luterani dovevano far guerra non soltanto ai cattolici ma a tutte le Chiese protestanti, da quella di Calvino e agli Ugonotti francesi. Decise infine che i luterani dovevano essere soltanto l’unica religione della Germania.”

Ma tutto questo, ci assicura Scalfari (e gli crediamo) non interessa molto il  papa (ma è opportuno, o addirittura lecito, continuare a chiamarlo così?): l’unica cosa che gli importa è il Lutero “riformatore”. Ma riforma di cosa, se quella che viene chiamata in questo modo è stato in realtà una dolorosa lacerazione del corpo della Cristianità, dagli effetti devastanti?  E anche data ma tutt’altro che concessa la buona fede iniziale del monaco tedesco,  quale sia  stato poi in definitiva del bilancio della tanto celebrata “riforma” lo ha tracciato benissimo Scalfari stesso! Alla faccia dell’albero e dei frutti ….

“Ma il tema sul quale mi ha più a lungo intrattenuto – prosegue Scalfari -  riguarda la Riforma della Chiesa. Della sua Chiesa: la Misericordia e quindi i poveri, la loro accoglienza se sono immigrati, quale che sia la loro religione o nessuna.  (…)  La Misericordia, alla quale è intitolato il Giubileo da Lui indetto e tuttora in corso fino alla fine di quest’anno, non è la stessa cosa del perdono. È un dono spirituale che il Signore fa a tutti noi per il solo fatto d’averci creato e che noi a nostra volta dobbiamo fare a tutti nei modi e nei bisogni che dimostrano e che ciascuno di noi deve fare al prossimo. Questa è la tesi di papa Francesco. Si dirà — ed è vero — che questa è anche la tesi della Chiesa, in teoria. Ma nella pratica sono molti i vescovi che la applicano in modo restrittivo. L’esempio più lampante riguarda le comunità e le famiglie. Molti vescovi e molti sacerdoti lesinano o addirittura negano il loro dono di misericordia a chi non è in linea con i canoni ecclesiastici.

Francesco non la pensa così e su questo adotta il punto centrale della Riforma luterana quando supera l’intermediazione dei sacerdoti tra i fedeli e Dio. Il rapporto è diretto: ogni singolo che cerca Dio può naturalmente valersi dell’incoraggiamento e perfino dell’intermediazione dei sacerdoti, ma può anche cercare e trovare quel rapporto con Dio direttamente: si tratta di una necessità che la sua anima sente ed è l’anima che cerca, trova e ne è illuminata.” [4]

Se le cose stanno davvero in questo modo, il cattolicesimo è liquidato, la coscienza diventa l’unica arbitra del bene e del male (ma non era ferita del peccato originale?) e … insomma, pecca fortiter sed crede fortius.

Si potrà obiettare che è Scalfari che dice questo e non Bergoglio, ma non è certo la prima volta che quest’ultimo si rivolge all’idolo delle platee radical chic  per diffondere il suo  pensiero e senza che mai ci siamo state, da parte vaticana, recise smentite di certe incredibili affermazioni.

Si può anche convenire, come dice Bergoglio, che Dio sia unico (per chi ci crede, ovviamente.) Ma se le vie per cercarlo  e diffonderlo sono diverse non è detto che siano tutte dello stesso valore. Non solo: ogni strada, ogni ricerca rappresenta spesso secoli di civiltà. Nel caso del cattolicesimo significano cattedrali della pietra e del pensiero, come la Summa Teologica di Tommaso d’Aquino e la Divina Commedia di Dante. In cambio di cosa si dovrebbe barattare tutto questo? Con in Dio generico e indifferenziato, dove tutto quel che conta sono le intenzioni e non le azioni, perché tanto tutto è perdonato? Il che, intendiamoci, può anche accadere, perché non si possono porre limiti all’Onnipotenza divina e soprattutto perché solo Dio conosce i veri moventi delle nostre azioni. Ma tutto questo – oltre ad essere del tutto ipotetico – ci esime dalle nostre responsabilità, dal rispetto di regole che, per il credente cattolico, sono state poste da Dio stesso?

Va un effetto devastante sentire  colui che dovrebbe essere il successore di Pietro affermare candidamente  che non prevedeva di celebrare la Messa durante questo viaggio per non turbarne “lo spirito ecumenico”, e di aver ceduto solo per le insistenze della comunità cattolica, allungando però il viaggio di un giorno per non farlo nella stessa giornata dell’incontro con i Protestanti. Una cosa del genere si  commenta da sola.

Risponda dunque Bergoglio detto Francesco, alla domanda da cui siamo partiti: Che cos’è la verità?  quella a cui abbiamo creduto per 2000 anni, che è alla radici della civiltà europea, nella quale milioni di persone hanno vissuto e sono morte con fiducia? E parliamo non della Chiesa come istituzione umana con tutto il suo inevitabile carico di errori e manchevolezze, ma della custode di quel Depositum Fidei  per la quale c’è ancora chi oggi versa il suo sangue. Oppure la sua, quella di un uomo che sembra piuttosto farsi banditore di un credo indifferenziato, adatto per il villaggio globale, in cui la Verità non esiste perché possono tranquillamente convivere tutte le verità, senza  il minimo discernimento? E tutto questo  ha ancora qualcosa a che spartire con il Cattolicesimo?

Sembra sia giunta davvero l’ora di Pilato.  Ma per farci perdonare di aver tediato il lettore con lunghe  (anche se inevitabili) argomentazioni chiudiamo l’articolo con l’elegante epigramma di un arguto e spiritoso nobiluomo fiorentino:

Il sor Cecco acceso ha un cero
in memoria di Lutero
Aspettando (ormai è vicino)
di beatificar Calvino

 

 




 

 

 

 



[1] Attilio MORDINI, Il tempio del Cristianesimo, Vibo Valentia, edizioni Settecolori, 1979, p. 112.

[2] Vittorio MESSORI Joseph RATZINGER, Rapporto sulla fede, Milano, Edizioni Paolinie, 1985, p. 164.

[3] http://it.radiovaticana.va/news/2016/10/31/firmata_a_lund_la_dichiarazione_congiunta_testo_integrale/1269137

[4] http://www.repubblica.it/vaticano/2016/10/30/news/francesco_lutero_e_il_valore_condiviso_della_riforma-150895049/Eugenio Scalfari, 30 ottobre 2016. Tutti i riferimenti a Scalfari provengono da questa fonte.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Angelo Ciccarella il 08/11/2016 23:18:54

    Dottor Del Nero, la sua analisi è spietata e terribilmente vera su quanto sta succedente nella Chiesa di Roma. Perfino papa Borgia, pur con tutti i peccati e soprusi fatti, non ha spostato di uno iota la dottrina. El papa con tutti i cortigiani, chierici e laici (giornalisti in primis) portano il cattolicesimo verso lo scisma. Chi rimarrà fedele a Cristo e alla Sua Chiesa?

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