Editoriale

Omicidio di Fermo: prime vittime la giustizia, la logica e il comune senso di umanità.

Come un episodio che meriterebbe pietà e un po' di silenzio diventa l'ennesima occasione di strumentalizzazione.

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

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Humanitas, o se preferite, paideia.   Parole oggi sconosciute a una massa che storpia e dimentica, sotto le ondate montanti della moda anglo becera,  i bellissimi tesori della lingua del sì, figuriamoci i prestiti latini o greci. Eppure queste parole sono, o dovrebbero essere veri e propri filamenti del nostro dna culturale.

La morte di un essere umano è sempre una tragedia, soprattutto quando essa non avviene per  l’inevitabile corso della natura e del tempo, ma perché un altro essere umano (o sedicente tale) si ritiene in diritto di decidere sull’esistenza altrui. Purtroppo, una delle cose peggiori di questi ultimi tempi è stata la “spettacolarizzazione” della morte che gli attentati  e i massacri a getto quasi continuo propongono con una insistenza allucinante, spesso amplificati dai social con una compiacenza morbosa che rasenta il sadismo. Da quanto poi è scesa in campo l’Isis con il sedicente “califfo”, non c’è più neppure bisogno di film spazzatura con nauseabonde insalate di cadaveri: il sangue c’è ed è quello vero, versato con ogni mezzo che la più assurda e diabolica perfidia possa escogitare.  L’orrenda strage di Dacca, molto velocemente rimossa dalla (cattiva) coscienza collettiva italica, ne è un esempio eclatante. Si potrebbero aggiungere al conto le vittime silenziose, quelle di cui non si parla o si liquidano come una notizia su cui non valga la pena soffermarsi, come i cristiani massacrati in Africa e su cui anche  Papa Francesco, tra un buon appetito di qua e un buon Ramadan di là, non ritiene valga la pena dedicare che qualche frettolosa allusione, evitando ovviamente con la massima accuratezza di dire che sono stati dei fondamentalisti islamici a ucciderli. Ma tant’è, il santo  padre è troppo  impegnato a "dirigere il traffico" dei profughi o sedicenti tali con cui vorrebbe stipare ogni angolo del nostro paese, senza preoccuparsi affatto  di tutti gli enormi problemi che questo comporta e anche del fatto che in realtà questa  “misericordia” puzza molto di sfruttamento e di gigantesco giro d’affari.

In questa situazione di vero e proprio bollettino di guerra si inserisce un morto anomalo, che fa discutere perché non si capisce bene a quale campo si debba ascriverlo. E’ un nigeriano, Emmanuel  Chidi Namdi,  quindi di pelle scura, il che ne fa un soggetto ideale per le mosche cocchiere del politically correct; peccato sia cristiano, fosse stato pure islamico, buddista o adoratore della pantofola del pescatore stitico  sarebbe stata veramente la ciliegina sulla torta, ma tutto non si può avere.  L’episodio, ormai arcinoto, accade a Fermo: questo giovane nigeriano, a quanto si dice un profugo scampato dalla barbarie di Boko Haram  ( la terribile organizzazione terroristica jihadista sunnita,) mentre è   in compagnia della moglie ha  uno scontro con una persona del posto, Amedeo Mancini, che a quanto sembra non è esattamente un modello di gentiluomo oxfordiano. Il ragazzo viene ucciso ma a questo punto le versioni del fatto si fanno confuse: inizialmente sembra si tratti di una aggressione a sfondo razzista, poi l’intervento di alcuni testimoni mette fortemente in dubbio questa versione e si sostiene che il primo ad aggredire sia stato proprio il nigeriano, colpito poi dal Mancini con un pugno che si sarebbe rivelato fatale.

Non c’è dubbio che la cosa cambi aspetto a seconda di chi è stato il primo ad attaccare lite, anche se comunque la soppressione di una vita umana per così futili motivi è sempre  un fatto inaccettabile. Ma che le cose cambino non è una opinione, è  il diritto che lo dice, fermo restando se mai l’eccesso di difesa  Buon senso, civiltà e rispetto vorrebbero dunque che si accertassero pienamente tutte le responsabilità, per poi procedere nel modo dovuto nei confronti del Mancini, che sicuramente dovrà comunque pagare per le sue responsabilità; ma solo per quelle.

Ma la sensazione che si ha leggendo i commenti sui giornali e soprattutto le reazioni sui social sia che in realtà a ben pochi importi qualcosa della verità, della giustizia, di Emmanuel o di Amedeo.  Poco importa se Emmanuel sia solo vittima o almeno parzialmente corresponsabile della sua tragica fine:  le tifoserie si sono già schierate, hanno già deciso da che parte stare,  chi sia la vittima e chi invece il mostro. Così, Renzi fa quello che ha non mai fatto quando in questi ultimi tempi la vittima è stato un italiano, come quando, lo scorso anno, un profugo ivoriano massacrò selvaggiamente  una coppia di Catania. In questo caso si scomoda di persona e dichiara addirittura “il governo va a Fermo.”  Nulla da ridire se questo fosse il suo atteggiamento abituale in casi del genere che purtroppo diventano sempre più frequenti, anche se di solito le vittime sono italiane; ma in questo modo il sospetto di una speculazione, tanto più ignobile in quanto la dinamica dei fatti non è ancora del tutto chiara, è abbastanza forte e giustificato. E mentre i soliti idioti accusano Salvini di essere una sorta di mandante morale, con tanto di ignobile vignetta di Vauro che meriterebbe forse una querela, il Mancini diventa a seconda dei casi un fanatico leghista, un simpatizzante di Casapound etc: insomma un fascista. L’importante è quello e la cosa rimarrebbe tale anche se fosse vero quello che ha dichiarato il fratello, cioè che in realtà si tratti di un simpatizzante comunista. Questi sono dettagli insignificanti ….

Nella realtà il Mancini, qualunque siano le sue effettive responsabilità nella vicenda, è molto probabilmente un balordo legato al mondo degli ultrà del calcio, colpito tra l’altro da un daspo.  Nega qualsiasi simpatia di ultradestra e di avere idee e atteggiamenti razzisti: sembra più che altro un attaccabrighe da cui sarebbe stato meglio tenersi alla larga e soprattutto evitare di provocarlo, se davvero così è stato.  

Ma anche dall’altra parte non mancano gli eccessi:  sembra quasi che la morte di Emmanuel sia una sorta di “risarcimento” per le vittime dei vari Kabobo della situazione, c’è chi non manca, soprattutto sui social, di palesare una maligna e neppure troppo nascosta soddisfazione. Anche questi “soggetti” non sono certo migliori degli altri.

In ogni caso, a nessuno sembra importare cosa sia accaduto per davvero, perché un’altra vita sia stata spezzata e distrutta. Quel senso diHumanitas che ci viene dalla cultura greco latina, che vedeva in ogni essere umano una sua dignità, che poi con il Cristianesimo diventerà sacralità della vita, sembra ormai essere del tutto dimenticato. Ogni nuovo attentato, ogni nuova vittima o serie di vittime si presenta soltanto come una “partita” di uno scontro le cui ragioni e i cui veri motivi non si comprendono o si preferisce fingere di non vedere, reso sempre più “eccitante” dal sangue delle vittime, dal rumore dei cortei e degli insulti, dalle roboanti dichiarazioni di quei politici che gestiscono il potere e che sono i veri, reali responsabili di una situazione che sfugge ormai loro di mano e rischia di diventare sempre più esplosiva.

Se si vuole davvero salvare quel poco che resta della nostra civiltà, riscopriamo prima di tutto la pietà per i morti, quelli che Ugo Foscolo chiamava “il pudore e la compassione”, il senso di giustizia. Prima di dirizzare quelle forche e quei patiboli che piacevano tanto a giacobini e comunisti, o di innalzare sugli altari persone che forse sono  solo povere vittime ma non necessariamente santi o martiri, attendere almeno di sapere di cosa si sta parlando.  Altrimenti, il caos è davvero dietro l’angolo e quando sarà caduta anche l’ultima barriera non ci sarà più limite alla barbarie.

 

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