Un grande Julian Kim nella parte di Figaro

Opera di Firenze: un brillante Barbiere a Palazzo Pitti.

Il capolavoro di Rossini in una bella esecuzione dell'Orchestra del Maggio diretta da Alessandro d'Agostini

di Domenico Del Nero

Opera di Firenze: un brillante Barbiere a Palazzo Pitti.

Foto Michele Borzoni

Datemi la musica di Rossini, che parla senza parole, scrisse una volta Schopenhauer che aveva il genio di Pesaro  una vera e propria venerazione. E sebbene Rossini con la parola sia un autentico mago, non solo per quanto riguarda il canto, ma anche per il singolarissimo rapporto che istituisce tra testo e musica, questo giudizio del filosofo tedesco tornava in mente ieri sera,  vedendo e ascoltando la prima fiorentina del  Barbiere di Siviglia nel fantastico scenario del cortile dell’Ammannati. Uno spettacolo che era la  ripresa dell’edizione estiva dello scorso anno (e questo di per sé non è affatto un male, anzi, visto che consente di vedere titoli senza sforare il bilancio) ma che sicuramente,  nel maestoso scenario di Palazzo Pitti,acquistava un valore aggiunto, anche perché la  versione di Damiano Micheletto è alquanto “povera” da un punto di vista scenografico. Ma certo,  Figaro e Almaviva, dovendo indicare finestre e balconi da cui avrebbe dovuto affacciarsi la bella e impertinente Rosina, non avevano che l’imbarazzo della scelta!

Ma merita, questa volta, iniziare da un elemento che di solito si lascia in fondo, dedicandogli non molto spazio: e non è assolutamente giusto. L’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, guidata magistralmente da Alessandro D’Agostini, ha veramente evocato la musica, di Rossini nel suo lato più “dionisiaco”: coinvolgente e trascinante nella brillante esecuzione dei “crescendo” e dei concertati, ma anche evidenziando squisite  sfumature e colorature.  D’Agostini, rispetto allo scorso anno, ha veramente “aggiustato il tiro” dando una lettura sempre molto raffinata ma più scattante e  vivace; peccato per i tagli che però purtroppo sono una costante nelle esecuzione di quest’opera eccezionale.  Ma nel complesso, veramente il massimo dei voti a direttore e orchestra, e anche al coro, confinato dalla regia nella “buca” e sostituito da mimi sulla scena.

Della regia si può più o meno ripetere quello che già si disse lo scorso anno: sicuramente molto “colorita” e ingegnosa, ma  per certi aspetti un po’ “povera”  : una prospettiva molto colorita e dinamica che sopprime quasi del tutto l’ elemento scenico in favore di quello coreografico e della “gestualità” degli attori cantanti, che hanno peraltro  saputo  prestarsi benissimo al gioco. Se alcuni momenti, come l’annuncio del treno in partenza prima dell’attacco della celebre sinfonia e il viaggio mimato sulla scena potevano essere poco comprensibili e persino irritanti, col procedere dello spettacolo il senso di questo “viaggio della fantasia” si chiarisce e si svela. Il riferimento naturalmente è alla commedia dell’arte e lo si capisce bene soprattutto da alcuni costumi (realizzati da Carla Teti)  soprattutto quello del dottor Bartolo, vero e proprio prototipo del “senex libidinosus”; e sicuramente azzeccato anche don Basilio, vero e proprio viscido rettile caudato, che canta la calunnio attorniato da uno stuolo di malefici mimi – ballerini che alla fine innalzano neri vessilli; Rosina vede messo in risalto il suo “caratterino pepato” da un vestito rosso decisamente sbarazzino…. E poi sedie, scale e palloncini colorati, mentre la “forza (ovvero i poliziotti) oscilla tra l’agente americano e il questurino di quartiere. Insomma, bellino ma non entusiasmante, o perlomeno poco convincente.

I cantanti, in compenso, sono stati molto bravi quanto a recitazione e mimica e la vis  comica non è certo mancata; e questo è senz’altro un punto di forza della regia. Sul piano vocale, deludente anche quest’anno la prova del tenore Francesco Marsiglia: timbro chiaro e discreta tecnica di emissione, ma volume alquanto limitato; anche le agilità di grazia e di forza non erano del tutto soddisfacenti.  Un po’ discontinua  La Rosina del mezzosoprano Paola Gardina, soprattutto nel primo atto: nell’aria una voce poco fa si è mossa con troppa “cautela” soprattutto nelle fioriture ; anche il fraseggio mancava di quella verve tra l’ingenuo e il comico  che è tipico questo personaggio.  Ottimo invece il Figaro di Julian Kim, molto vivace dal punto di vista scenico, dotato di  bel timbro scuro e di facilità negli acuti; buoni anche la coloratura e la dizione, decisamente migliori dello scorso anno. Il Bartolo di Filippo Fontana si dimostra un po’ carente nel sillabato ma nel complesso offre una buona prestazione sia scenica che vocale;  molto efficace il Don Basilio vedere ramarro di Gabriele Sagona, dotato di  buona sonorità . Apprezzabile anche la spigliata Berta di Francesca Longari.

Decisamente da vedere: prossime repliche 29 giugno, 6,15,20 e 27 luglio, ore 21,15.

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