Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Pietro Paolini -Terraproject
Uno spettacolo davvero british ma soprattutto memorabile. Il timido, goffo e impacciato Albert Herring del compositore inglese Benjamin Britten ha ottenuto un meritatissimo successo al Maggio Musicale Fiorentino. Non c’è stato, purtroppo, il tutto esaurito malgrado lo spettacolo fosse alla Pergola, cornice sicuramente più adatta ad una “opera da camera”, ma c’è stato comunque un discreto afflusso e il pubblico ha apprezzato moltissimo lo spettacolo in tutte le sue componenti, e a ragione.
La regia di Alessandro Talevi, coadiuvata dalle bellissime scene e costumi di Madeleine Boyd, rende perfettamente l’idea dell’Inghilterra anni ’20, che non differisce in nulla dall’epoca vittoriana se non per un fatto importante: la mancanza, o meglio la scarsità di figure forti maschili dovuta al quasi milioni di morti nella carneficina del primo conflitto mondiale. Nella lettura di Talevi, che identifica, sicuramente a ragione, Britten con il protagonista “è senz’altro degna di analisi l’inusuale mancanza di forti modelli di comportamento maschili, come contrappeso a queste donne dispotiche”. Così aveva dichiarato il regista, che richiama significativamente questo fatto mettendo in scena, nell’ombra, alcuni soldati nel terzo atto. [1]
“Bisogna rendere la virtù attraente, eccitante, desiderabile per i giovani! Troppi comportamenti riprovevoli … Cose sporche! Il tasso di natalità cresce ogni settimana” … Così pontifica all’inizio del primo atto la matronale e dispotica lady Billows, che il regista caratterizza magnificamente attraverso un personaggio che è la … virtù al vetriolo, vera e propria quintessenza della bigotteria e del moralismo vittoriani. E i suoi “ consiglieri” il sindaco, il prete anglicano, la maestra e il poliziotto ( i “pilastri della saggezza” di ogni rispettabile paesello britannico, a cui va aggiunta la pestifera segretaria – cameriera della lady) vengono messi in scena per quel che sono, senza idee bizzarre o stravolgimenti strani. Risultano vere e proprie marionette che si muovono a comando dei loro stereotipi e che non sembrano mai sincere se non forse, quando rincorrono di soppiatto i loro ben poco “virtuosi” istinti, cosa a cui il regista allude sapientemente con dei veloci “tocchi” scenici. Ottimo anche l’effetto delle luci, in particolare all’inizio del terzo atto, quando si cerca Albert creduto morto e in realtà semplicemente perduto tra le nebbie dell’alcool e di qualcosa “di peggio” che fa fremere lady Billows di una indignata quanto …malcelata, voyeuristica curiosità.
Difficile poi immaginare una scenografia più adeguata : il salotto della lady e la bottega della madre di Harry e la piazza del paese sono resi in maniera realistica ed efficace. Bellissimo il dettaglio della sedia – trono adornata di due uccellacci su cui siede in piena acidità regale sua signoria.
E un apprezzamento davvero senza riserve al cast vocale: dalle parti minori, come i bambini che ogni tanto danno un tocco di vera e un po’ pestifera innocenza alla scena, alla coppia di amici Sid e Nancy, che con la loro dirompente e disinvolta vitalità sono l’esatta antitesi della ipocrita bigotteria dominante, anche se nemmeno loro poi costituiscono un “modello” per il giovane Albert.Tutti hanno saputo con grande acutezza dare una caratterizzazione psicologica ai loro personaggi. Partendo dunque dal protagonista, Sam Furness è stato un Albert deciso e convincente, insofferente sin dall’inizio della “maschera” da “fantoccio virtuoso” che vogliono appiccicargli e immerso nei suoi dolorosi turbamenti adolescenziali buona presenza scenica accompagnata da una discreta vocalità. E queste caratteristiche si può riconoscerle veramente a tutti: la lady Billows di Orla Boylan, ad esempio, era eccezionale nel suo ruolo di vecchia despota, con una voce “imperiosa” altrettanto quanto le maniere, mentre Gabriella Sborgi era una dama di compagnia (Florence) altezzosa e intrigante e il baritono Karl Huml un roboante sovrintendente Budd.
Convincente e coinvolgente anche la direzione di Jonathan Webb, alla guida dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino: dal ridotto organico che la partitura prevede il direttore ha saputo veramente evocare una straordinaria vivacità e la carica comica e ironica, mettendo a fuoco i singoli dettagli e collegando perfettamente le sezioni di recitativo alle arie e ai pezzi d’insieme.
Spettacolo decisamente da vedere e da apprezzare, divertente e coinvolgente. Un vero piccolo gioiello del grande Maggio Musicale Fiorentino.
Prossime rappresentazioni:
Venerdì 27 maggio, ore 20:00
Domenica 29 maggio, ore 15:30
Martedì 31 maggio, ore 20:00
[1] Per la presentazione dello spettacolo e la trama dell’opera vedi http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=8319&categoria=1&sezione=8&rubrica=8
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