Anna Bolena di G. Donizetti

Amore e potere al Maggio Musicale Fiorentino

L’edizione inizia con purtroppo tre sole repliche (Domenica 18 marzo, ore 15.30; Mercoledì 21 marzo, ore 20.30; Sabato 24 marzo, ore 18.00

di Domenico Del Nero

Amore e potere al Maggio Musicale Fiorentino

All’apparenza, un bel minestrone romantico, anche se tutto fa pensare che sarà ben cucinato. Per la verità, questa vera e propria rinascenza donizettiana lascia per alcuni aspetti perplessi; con tutto il rispetto per il compositore bergamasco, si ha infatti la sensazione che non sempre certe riscoperte e rivisitazioni valgano la spesa (proprio il caso di dirlo) e non sarebbe male provare a esplorare altri lidi.  Comunque sia, Anna Bolena era una delle opere a lui più care e soprattutto riflette assai bene lo spirito dell’epoca in cui fu scritta: il 26 dicembre 1830, periodo dunque abbastanza caldo quando facilmente i palpiti della scena potevano trasformarsi in moti di piazza. Proprio il 25 agosto di quell’anno una rappresentazione della Muta di Portici di Auber a Bruxelles aveva dato il suo bravo contributo ad accendere la miccia della rivoluzione belga.  Ma la torbida vicenda della seconda moglie di Enrico VIII  non era fatta per eccitare spiriti di rivolta; certo Enrico compariva  nel suo peggiore aspetto (e per una volta, l’arte e la storia sono molto probabilmente in sintonia) di sovrano crudele e incapace di autentici sentimenti: Felice Romani, l’abile librettista che fu  l’abile collaboratore soprattutto del rivale di Donizetti, Vincenzo Bellini, coglie infatti la vicenda di Anna nel momento del la sua caduta, quando il suo astro, il cui sorgere provocò uno scisma e un fiume di sangue, iniziava ormai a tramontare per cadere rovinosamente. Se mai, la rappresentazione della regina come donna innocente e sventurata è leggermente, come dire …. stonata. Ma nel Romanticismo, si sa,  certe licenze erano ampiamente ammesse., senza contare il profondo fascino che la storia inglese esercitava in Italia grazie anche al romanzo storico ispirato da Walter Scott: già Rossini aveva composto una Elisabetta regina d’Inghilterra ( 1815) e soprattutto quello che oggi è giustamente considerato uno dei suoi capolavori seri, La donna del Lago (1819) tratto proprio da Scott.

M.Devia

Donizetti trarrà a sua volta dal celebre romanziere inglese quello che è che il suo indiscusso capolavoro, la Lucia di Lammermoor (1835); ma le vicende britanniche  ebbero senza dubbio sul musicista bergamasco un fascino particolare, se proprio Anna Bolena  costituisce il primo capitolo della cosiddetta “trilogia inglese formata anche da Maria Stuarda (1834) e Roberto Devereux, conte di Essex (1837); tutti drammi che hanno in comune la presenza di una regina al centro della scena.  Per quanto riguarda Anna Bolena la “genealogia” del soggetto scenico a cui lavorò Romani  è abbastanza complicata: non c’è infatti un’unica fonte teatrale ben precisa ma è probabile che Romani, letterato classicista di buona cultura, abbia “contaminato” fonti di varia provenienza, a partire da Enrico VIII di Shakespeare sino ad altri titoli decisamente meno noti, come  Henry VIII  (1791) di Joseph Marie Chénier, fratello del poeta André, futuro protagonista del capolavoro operistico di Umberto Giordano.  Si trattava di un testo di un autore fieramente repubblicano, che metteva in scena con particolare compiacimento la crudeltà e il cinismo di Enrico: una sua traduzione ebbe discreta fortuna anche in Italia.

M. Devia

I due lunghi e ponderosi atti ci mostrano infatti la brama porcina del re che ha ormai lasciato le grazie di Anna per indirizzarsi su Giovanna Seymour, dama e amica della regina nonchè futura terza moglie del Barbablù britannico. Per ottenere lo scopo di far fuori (in tutti i sensi) Anna , deve trovare il modo di accusare la consorte di tradimento: richiama pertanto dall’esilio lord Richard Percy, suo antico innamorato, dal quale lui stesso l’aveva separata per sposarla. Anna cerca di far di tutto per non incontrarlo (in fin dei conti, i palazzi reali non sono monolocali!) ma questi fa di tutto per ottenere un colloquio e … ci riprova. Anna rifiuta di ricambiarlo, a che il focoso lord minaccia di uccidersi con la spada, fermato in tempo dal paggio ficcanaso Smeton (anch’egli segretamente innamorato della regina) che di nascosto assisteva al colloquio. A quel punto irrompe il re, fa arrestare tutti quanti e dopo vari sotterfugi e finzioni di clemenza  vengono pronunciate le immancabili condanne. Inutilmente ha chiesto la grazia (tanto, ormai il letto regale e il trono erano assicurati) la stessa Giovanna Seymour.

L’opera al suo apparire ebbe un buon successo, anche se non proprio del tutto immediato: essa richiede un cast vocale di prima grandezza (sullo strumentale Donizetti di solito risparmia) e senz’altro quello della prima lo era,  con la grande soprano Giuditta Pasta e il tenore Giovanni Battista Rubini. Essa comunque fu la prima opera a dare al suo autore un prestigio veramente europeo, ma a per  Firenze si tratta  della prima ripresa in tempi moderni. L’opera infatti scomparve dai repertori dopo non molto tempo ma “risorse” alla Scala in una memorabile edizione del 1957, con Maria Callas, la regia di Luchino Visconti e la bacchetta di Gianandrea  Gavazzeni. L’edizione che parte stasera  al teatro del Maggio Musicale Fiorentino(giovedì 15 marzo, ore 20,30 con purtroppo tre sole repliche (Domenica 18 marzo, ore 15.30; Mercoledì 21 marzo, ore 20.30; Sabato 24 marzo, ore 18.00) ha pertanto suscitato molta attenzione e anche aspettativa: anzitutto per un cast vocale di tutto rispetto, con la soprano Mariella Devia (il 24 Serena Farnocchia) nel ruolo di Anna, Sonia Ganassi in quello di Giovanna Seymour (mezzosoprano); mentre il ruolo del re è stato affidato al basso Roberto Scandiuzzi e quello di Percy al tenore georgiano  Shalva Mukeria.  La direzione d’orchestra  è di Roberto Abbado, la regia di Graham Vick ripresa da Stefano Trespidi. Interessante la dichiarazione di Vick a proposito del soggetto (da una intervista pubblicata nel programma di sala del Maggio):

“C’è in quest’opera un aspetto strano che la distingue nel panorama del melodramma ottocentesco e che mi attira come regista: Anna, la protagonista, non è innocente, ha già venduto l’anima prima dell’inizio dell’opera, quando ha acconsentito a sposare Enrico VIII, e ora paga il prezzo di questo patto col diavolo. Anche il re non può essere ridotto a un vilain, a un malvagio puro, come accade nel teatro shakespeariano o in Verdi. E Giovanna non fa altro che seguire la strada tracciata da Anna. Questa ambiguità etica connaturata ai personaggi crea situazioni complesse, giuochi di potere guidati, si capisce, dall’antitesi letto-cuore, ambizione-affetto, ma dove assume rilievo centrale la figura della sovrana che tenta di pianificare gli eventi secondo i propri desideri.  (…)la Storia, priva di morale, segue indifferente il suo corso e esercita una violenza feroce sugli uomini, che invano s’illudono di opporvisi o addirittura di dirigerla.”

E dalle immagini, la regia di Vick sembra per fortuna abbastanza rispettosa della storia, con uno sfarzo scenico decisamente allettante.

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da Blaze il 09/05/2016 09:10:58

    Kiva kun tilastoit! Kiinnostavaa pohdintaa; minulle tuli mieleen että lukeminen taitaa olla sitä sukupuolittuneempaa, mitä viihteellisemmässä tarkoituksessa luetaan, esim. romantiikka (lähes aina naiset) ja trillerit (useimmiten miehet). Viihdettä (tai &q&ur;lokutomaanejauquot;) lukiessaan ihminen haluaa ennen kaikkea samastua henkilöhahmoihin ja lukea itseään kiinnostavista aiheista. Korkeakirjallisuudessa sitten taas sukupuoli menettää merkitystään, koska kirjailija kirjoittaa jotenkin universaalimmin, koskettaen ihmistä, ei niinkään sukupuolta. http://naxgrcb.com [url=http://cydedlhyfrj.com]cydedlhyfrj[/url] [link=http://lmfzkk.com]lmfzkk[/link]

  • Inserito da Butterfly il 03/05/2016 23:59:57

    You know what, I'm very much inlenicd to agree.

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