Provando … dobbiamo parlare

Firenze: Una battaglia di coppie al teatro della Pergola

Esperimento riuscito? A giudicare dalla reazione del pubblico, non si può che affermarlo decisamente...

di Domenico Del Nero

Firenze: Una battaglia di coppie al teatro della Pergola

Foto Assunta Servello

Non è esattamente Il discreto fascino della borghesia,  il film acuto e dissacrante con cui il grande Luis Buñuel  realizzava nel  remoto  1972 una satira tra  l’ironico e il surreale della classe di una classe che se non altro conservava allora un minimo di stile, anche se ciò che si nascondeva dietro quella facciata era spesso tutt’altro che affascinante.

Oggi, in compenso, non c’è più nemmeno  una facciata: e questo lo ha capito benissimo Sergio Rubini, regista e autore, insieme a Carla Cavalluzzi e Diego De Silva, dello spettacolo  Provando dobbiamo parlare in questi giorni in scena al teatro fiorentino della Pergola, trasposizione teatrale del film Dobbiamo parlare  nelle sale cinematografiche dal 19 novembre, con gli stessi autori e gli stessi interpreti. Un’idea spiegata dallo stesso Rubini alla prima scena:  poiché erano state fatte alcune prove della sceneggiatura cinematografica davanti a un pubblico ristretto, si è deciso alla fine di portare avanti l’esperimento dando vita a un “doppio” teatrale vero e proprio, in contemporanea al film. Un doppio che però avesse una sua specificità e una sua autonomia,  nella forma dello “spettacolo da fare”, mantenendo l’idea di una sorta di prova a scena aperta con il pubblico in sala, come si vede chiaramente dalla scenografia che lascia intravedere le quinte.

Esperimento riuscito? A giudicare dalla reazione del pubblico, non si può che affermarlo decisamente: sala piena, applausi entusiastici, interpretazione decisamente convincente (qualche appunto si può fare, almeno in certi momenti, per quanto riguarda la dizione, cosa qualche spettatore ha sin troppo rumorosamente sottolineato). Eppure ….

Il gioco si basa tutto su un quartetto di amici, due coppie in crisi di nervi e esistenziale:  Sergio Rubini interpreta  alla perfezione Vanni, scrittore cinquantenne di buon successo, che sta insieme alla trentenne Linda (Isabella Ragonese): coppia “irregolare” che convive da un decennio e con lui che, per inerzia, ignavia (o opportunismo?) non  si decide neppure a una separazione legale: coppia progressista, con lui affabile, di apparente saggezza e buon senso,  ma in realtà con caratteristiche che ricordano l’inetto di sveviana memoria. Lei è  diventata compagna di vita e di scrittura dell’uomo, ma i libri li firma soltanto lui. “ E’ una situazione che risulta comoda a Linda perché stare nell’ombra la tiene fuori dalle sconfitte, dalle paure di uscire allo scoperto” dichiara Isabella Ragonese, che la interpreta con molta efficacia anche nei suoi “scatti” nervosi.

 L’altra coppia è decisamente più … ingombrante. Lui, il professor Alfredo Vairani detto il prof, magistralmente impersonato da  Fabrizio Bentivoglio, è il capitan Fracassa dei chirurghi: invece di ammazzarne cento in un’ora, lui li ricuce. Personaggio debordante, spaccone, arriva alla quintessenza della cafonaggine e del cattivo gusto: un personaggio da fare invidia a Trimalcione.  Eppure, senza la sua “ Costy”, la moglie Costanza a cui dà vita una esilarante Maria Pia Calzone,  si sentirebbe sperduto. Questo non toglie che la vita dei due sia un gioco reciproco di ipocrisie e tradimenti,  oltre che  un rinfacciarsi ogni istante di vita sino all’ultimo respiro, o  meglio all’ultimo plebeo e sonoro russare di lui. Coppia “di destra”, con lui conservatore e attaccato (davvero?) ai valori tradizionali, anche se entrambi hanno già un matrimonio fallito alle spalle con prole, ovviamente, non messa al mondo in collaborazione.

Questo forse spiega il senso di disagio, di tristezza profonda che lo spettacolo lascia nonostante ci sia letteralmente da ridere sino alla lacrime grazie alle gag, alle situazioni esilaranti, alla indiscutibile bravura degli attori.  Un disagio che non è necessariamente un difetto, anzi: il fatto è che dobbiamo parlare è fin troppo lo specchio della società in cui viviamo: in cui non conta più ormai essere “di destra o di sinistra”, nobili o plebei, falliti o realizzati: perché la vera condizione del nostro tempo è in fondo una spaventosa solitudine mascherata da una ancor più desolante sciatteria e volgarità. Il rosario di parolacce e oscenità che esce dalla bocca di “signore bene” e affermati professionisti può anche far ridere, e sicuramente questo è il primo effetto: ma c’è anche forse,  per dirla con Pirandello un “sentimento del contrario” quando si pensa a  ciò che veramente c’è dietro.

E il potere della parola, ben lungi dall’essere chiarificatore, diventa così una bomba  a orologeria. L’azione prende le mosse da una violenta crisi della coppia prof- Costanza, in quanto lei ha scoperto il tradimento del consorte. L’altra coppia, quella dei grandi amici (ma anche qui, con tutte le piccole ipocrisie del caso) si trova così a fare da spalla su cui piangere. Il salotto della loro raffinata e sgangherata casa di intellettuali si trasforma  presto in un campo di battaglia che progressivamente finisce per travolgere tutti, specie quando le parole non risparmiano più nulla o nessuno. E non c’è fuoco peggiore di quello “amico”, quando persino l’ipocrisia finisce per apparire tutto sommato uno schermo rassicurante.

Dopo tante risate, il finale è tutto sommato amaro e fa riflettere. Spettacolo  certo da vedere (a meno che non si sia di “stomaco delicato” per quanto riguarda il turpiloquio), ben curato e ben realizzato a ogni livello, dalla regia dello stesso Rubini, alla scene di  Luca Gobbi, ai costumi perfettamente intonati ai “tipi”di Patrizia Chericoni, alle luci di Luca Barbati. Certo non fa piacere l’idea di vivere in un’epoca in cui solitudine, opportunismo e cafonal sembrano essere i cardini fondanti di una società che ha sempre meno di positivo da offrire; forse in effetti è meglio riderci sopra, provando però magari anche a cambiare le cose. Per concludere con le parole di Sergio Rubini:

“Ed ecco così che la serata si fa notte e il salotto con tanto di vista da tremila euro al mese diventa un vero e proprio scenario di guerra in cui non solo emergono tutte le differenze tra le due coppie, ma i loro diversi punti di vista, le distanze, ciò che di ognuno l’altro non sopporta, tutto quel groviglio del non-detto che fino a quel momento soggiaceva sul fondo della coscienza. Col risultato che all’indomani della battaglia, alle prime luci del giorno, nonostante le premesse, quella più divisa sarà proprio la coppia tenuta insieme solo dall’amore. Ma perché l’amore forse non basta?”

 

Repliche sino a domenica, feriali ore 20,45, festivo 15,45.

 

 

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