Editoriale

Il demone della città

Conoscete C. cittadina ricca e malefica?

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

n tempo, nei romanzi, quando non si voleva nominare un luogo, si ricorreva al semplice accorgimento di identificarlo con la sua iniziale puntata. L’ho fatto anch’io qua, per non far pubblicità inutile a ciò che non merita averla, in seguito a una serie di pensieri “controcorrente” scaturiti sulle città nelle quali viviamo e come crediamo esse siano, fino a quei “non luoghi” come l’Expo milanese o altri simili. Non vi affaticate inutilmente dunque a voler dare un nome al luogo di cui scrivo, esso esiste certo un po’ come i luoghi fantastici ideati da Italo Calvino, ma la sua lettera iniziale potrebbe anche essere un’altra e stare da tutt’altra parte.

C. non è una città, e neppure una cittadina ridente, come dicono le guide; è soltanto un piccolo paese affetto da ipertrofia edificativa costretto tra i monti, le colline ed il mare, afflitto dalle peggiori e perniciose malattie dell’animo che possano corrompere le genti.

Come insegnano gli “antichi”, ogni luogo abitato dall’uomo ha un suo proprio “genius loci”. Vi sono quindi posti che hanno uno spirito buono, luminoso, fasto, gentile, che fa sì che le sue popolazioni crescano e migliorino, come ve ne sono di nefasti, malvagi e oscuri.

Si tratta ora di capire a quale tipo di “genius” appartenga quello che governa la città di C.

Città che è definita “operosa” e in effetti è ricca, anzi molto ricca, anche se ottusamente e atavicamente poco incline all’imprenditorialità e piuttosto portata al risparmio fino ai limiti dell’avarizia più bieca.

Lo spirito del luogo di C. è un “demone”, no, non un “daimon” platonico, ma un vero e proprio “demonio” che si pasce appunto sulla ricchezza e sul denaro, nutrendosi di esso attraverso la Curia e la politica della città. 

Il demone che governa occultamente C. è nient’altro che Mammon e fa sì che chi lo serva, cioè clero e amministratori in testa, abbiano successo e vita facile. Sì perché nella solare cittadina da sempre Chiesa e Marxismo sono andati di buon accordo in un connubio pestifero e mortale travestito da liberalcapitalismo, ammantato dell’ipocrisia ferale di entrambi.

Una città edificata sul male, sull’odio, sull’invidia e sulla maldicenza più che su un terreno rubato al mare. Un luogo desolato e desolante dove l’ipocrisia e il fariseismo più falso e bieco vince ogni giorno in un susseguirsi di autoesaltazioni onanistiche di gente senza alcun valore ma di poco prezzo.

Un posto dove la Cultura è a senso unico e tutto ciò che è estraneo per nascita alla città è guardato con sospetto, ostacolato e se possibile distrutto, ma senza mai sporcarsi le mani.

C. è una città deserto, cimiteriale, abitata da morti viventi convinti d’essere vivi e vitali, occupati soltanto a contare il denaro accumulato nelle sue numerosissime banche e uffici assicurativi, autoreferenziale e chiusa a qualsiasi altra cosa che non la riguardi nei suoi interessi economici e sociali.

Il nulla travestito dalla presunzione del credersi migliori soltanto perché il panorama è tra i più belli del mondo. A detta loro, naturalmente.

C. è la città che conta un numero altissimo in percentuale di malati di mente di vario ordine e grado, di suicidi e tentati suicidi, dove persino il crimine è miserabile nella sua malignità inutile.

Case dalle persiane semichiuse dietro le quali si spia il vicino per meglio commentare la sua vita, e se non se ne sa abbastanza, inventare, fingendo di non sapere nulla invece dei problemi del prossimo. Così la gente muore e si fanno funerali quasi di nascosto, per non farlo sapere e se lo si sa si finge ancora di non saperlo.

Cafoni, arroganti e presuntuosi travestiti da colti, profittatori pronti a mangiare sulle tue spalle senza mai invitarti a loro volta. Codardi. Feccia delle genti e contasoldi a sangue freddo coloro che colà vivono lieti di viverci. Rettili bipedi che strisciano lungo i portici per raggiungere le loro case dipinte e i loro negozi ereditati dai nonni ritornati ricchi dal Sud America, facendo finta di non averti visto se ti incontrano per la strada. Fabbrica infinita di voltagabbana, ieri “uomini della Tradizione” oggi trionfanti progressisti.

Città di notai, legulei e commercialisti, bancari e banchieri poco lungimiranti quanto invece scaltri, che agiscono all’ombra della cupola vescovile, travestiti da buoni agnelli dediti al bene altrui in nome di una pelosa “accoglienza”.

E nelle ombre profonde di quegli archi, sussurra il demone del danaro e dell’odio, ininterrottamente  da secoli e continuerà a farlo perché lì, nulla muta mai, in quella stasi senza fine di parole sussurrate a mezza bocca.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Claudio lanzi il 04/05/2015 10:32:36

    ih ih ih...caro Dalmazio. Veramente di città come la tua ce ne sono diverse; e stanno aumentando a vista d'occhio, inpestate dalla corruzione, dall'indifferenza e dall'ipocrisia. Ma la città peggiore si sta formando nel cuore dell'uomo. Quella è realmente nefanda, perversa. I rettili umani in giro per le strade puoi ancora, con difficoltà, evitarli. Ma quelli che ormai si annidano nei cuori sono come un virus endemico. Ma è come urlare al mondo: "attenti che arriva la catastrofe!", mentre la catastrofe è già arrivata, anzi è addirittura finita ed ha.... renzianamente, asfaltato l'anima.

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