spigolando dai giornali

Le riforme millantate dal premier e il centrodestra confuso

di Vincenzo Pacifici

Le riforme millantate dal premier e il centrodestra confuso

Cedendo al mio cronico ed inguaribile fastidio per il teatrino della politica, stavo per rinunziare  oggi a scrivere se non avessi letto un intervento di Ostellino ed una intervista di Larussa. Mi spiego, seguendo le farse del dott. Renzi, autentiche tragedie per l’Italia ed i suoi abitanti, e guardando alle diatribe autolesionistiche in casa Berlusconi (ché di partito, ammesso sia mai esistito, non è più davvero il caso di parlare), la stanchezza e la noia di tanti e tanti cittadini, sempre più numerosi nel rifiutare le urne. Le dispute e le manovre finora inconcludenti nell’area di destra, delle quali tutti, a cominciare dalla Meloni infatuata dai sondaggi, del tutto improbabili, non afferrano la letale dannosità, sono state imitate in Francia con lo scontro familiare tra i due Le Pen.

   Dicevo della nota di Ostellino e delle dichiarazioni di Larussa, entrambe presenti nell’edizione odierna de “Il Giornale”. Sulla prima, intitolata “La favola tragica del premier millantatore di riforme”, salvo la conclusione, si può essere totalmente concordi, dato che scorge gli stessi macroscopici errori, quasi quotidianamente segnalati da questo giornale. Definisce il “granduca” “un imbroglioncello, tanto cinico da credersi il più furbo di tutti e di poterla mettere nel sacco a chiunque, ma che ha incominciato a perdere consensi. Non si può ingannare tutti e sempre”. E continua, considerandolo “un venditore di auto usate dal quale sarebbe sconsigliabile, per evitare fregatura, comprarne una”. Dopo averne cercato di tracciarne l’identità, ritiene che tutti i provvedimenti, che millanta e propaganda come già fatti, “servono solo ad accrescere il potere personale dell’inquilino di Palazzo Chigi” e chiude in termini di sentenza capitale “Matteo Renzi è un pericolo per la democrazia”. Ora questo è il punto ed il nodo: il dottore, figlio del prode Tiziano, non è che la voce, il braccio di un sistema di potere, costruito con mille ramificazioni, e che vuole avere un potere sempre più ampio, fino a divenire assoluto, grazie all’inconsistenza interessata di Berlusconi, all’aggressività controproducente dei grillini e alle sparate demagogiche di Salvini. L’ultimo esempio di questo impossessamento è recato dall’attacco a De Gennaro, persona ampiamente discutibile, ma da scalzare, così da inserire un altro uomo, preparato nella solita “officina”.

   Stupefacente, tanto da dover essere riletta, è poi l’intervista ad Ignazio Larussa, il quale arriva ad affermare: “Con la Lega di Matteo Salvini nei programmi a livello nazionale su alcuni punti abbiamo impostazioni diverse, penso all’identità nazionale, ma ci troviamo d’accordo su molte battaglie, che sono poi quelle “storiche” della destra come il contrasto all’immigrazione clandestina, la difesa dei cittadini tartassati e la critica a “questa Europa””. Il “fondatore” di FdI sbaglia macroscopicamente nel considerare “diverse” mentre sono antitetiche e contrapposte le impostazioni tra la Destra e la Lega a proposito del tema toccante quanto dirimente dell’”identità nazionale”, e non riconosce l’errore sostanziale commesso nell’essersi la sua parte fatta depredare delle battaglie, enfaticamente definite “storiche”, della Destra, che non sono davvero solo quelle elencate da Larussa. Paiono poi troppo tenere le riserve sul comportamento di Berlusconi e di FI, sotto la cui protezione pare volersi riparare, perpetuando l’errore fatto con l’affossamento nel PDL. Non dimentichiamo che Larussa, negli anni d’oro del presidente del Milan (fino a quando?), fu annoverato tra i suoi più accalorati zelatori.

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