La Traviata

Il fascino di Violetta all’Opera di Firenze

L’edizione che va in scena da oggi all’Opera di Firenze per cinque rappresentazioni (fino all’8 aprile) si avvale di un cast di tutto rispetto, a partire dalla bacchetta, che sarà quella di Zubin Mehta

di Domenico Del Nero

Il fascino di Violetta all’Opera di Firenze

“Han fatto la Traviata pura ed innocente. Tante grazie! Una puttana deve essere sempre puttana. Se nella notte splendesse il sole non vi sarebbe più notte.” Così Giuseppe Verdi, non certo a ritmo di minuetto, commentava gli eccessivi interventi della censura che avevano troppo “velato” la triste storia di Violetta,  protagonista della sua Traviata i cui fasti modani  e la cui straziante caduta rivivono da stasera sul palcoscenico dell’Opera di Firenze.  La vicenda , tratta dal romanzo (poi dramma)  la signora delle Camelie di Alexandre Dumas figlio è assai nota e non solo ai melomani. Non tutti sanno forse che il prolifico scrittore francese si ispirò a una vicenda reale: quello di Marie (o Alphonsine)  Duplessis, (1824-1847) che nella realtà pare sia stata molto più cinica e determinata che sul palcoscenico, dovendo avere a che fare con una discreta folla di amanti in servizio, aspiranti tali, fornitori e creditori da tenere costantemente in riga, nella Parigi cinica e mondana del re borghese Luigi Filippo, grasso e ipocrita come i suoi sostenitori.  Tra la schiera dei suoi “ammiratori” vi furono lo stesso Dumas figlio e il compositore Franz Liszt e anche la morte per tisi in giovane età è purtroppo un dato reale.

Ultima opera della cosiddetta “trilogia popolare” (dopo Rigoletto e Trovatore ) fu rappresentata per la prima volta a Venezia del 1853.  “La Traviata ha fatto un fiascone e peggio, hanno riso”,  scrisse amareggiato Verdi all’amico direttore d’orchestra Angelo Mariani. Sembra che nella caduta dell’opera abbia avuto il suo … peso  la stazza  un po’ troppo florida della protagonista Salvini Donatelli, tanto che quando il medico annunciò il fatale “la tisi non le accorda che poche ore” il pubblico scoppiò in una irriverente risata. Insomma, la Traviata non è opera per cantanti ….  di peso.   Comprensibile l’amarezza del compositore che tra l’altro aveva seguito molto da vicino il “suo” poeta Francesco Maria Piave nella stesura del libretto,  componendo la musica, a quanto sembra, in poco più di un mese.  In compenso si può dire che per certi aspetti oggi essa sia l’opera per eccellenza.” In tutto lo svolgimento dell’opera, è chiara la strategia di Verdi nei confronti del materiale melodrammatico: all’interno di una architettura fedele alla tradizione, la protagonista è creata con tocchi irregolari ma precisi. Il suo canto è incluso in quell’architettura, ne dipende , e nello stesso tempo se me stacca per la brevità e per la pregnanza delle sue frasi musicali. Violetta partecipa, da principio, al proprio mondo, ne è addirittura una protagonista; ma nel confronto con i due persecutori, nella trama di parole e di sentimenti in cui è coinvolta, ella si lascia cadere fuori da questo mondo, da questi sentimenti, restandovi aggrappata per qualche esile legame melodico, che simboleggia i barlumi di una coscienza annientata.” [1] Così Claudio Casini  sintetizza efficacemente il rapporto tra novità e tradizione in quest’opera  che presenta un personaggio straordinario, che va ben oltre il modello originale di Dumas: una vittima dell’amore in una società spietata e egoista come quella borghese dell’Ottocento. Una società pronta a commuoversi alla minima svenevolezza sentimentale, ma incapace di cogliere e apprezzare la sincerità e la profondità  dei sentimenti autentici e abilissima a nascondere le più infami sconcezze sotto un velo di ipocrita perbenismo, magnificamente rappresentato nell’opera dal personaggio di Giorgio Germont, padre di Alfredo.

L’edizione che va in scena da oggi all’Opera di Firenze  per cinque rappresentazioni (fino all’8 aprile) si avvale di un cast di tutto rispetto, a partire dalla bacchetta, che sarà quella di Zubin Mehta.  Lo spettacolo è una produzione della Fondazione Pergolesi - Spontini,  con la regia di Henning Brockhaus, scene di Josef Svoboda e costumi di Giancarlo Colis.   “Lo specchio riflette l’azione scenica. Le singole scene sono invece dipinte su grandi teli che giacciono a terra come enormi tappeti sopra i quali si muovono gli attori: un sipario teatrale, un collage di varie pitture con motivi erotici tratti da stampe di fine Ottocento, una casa fuori Parigi, un campo di margherite, un collage di immagini tratte da un album di famiglia, i lampadari del casinò di Montecarlo. Quando alla fine non ci saranno più immagini e il pavimento rimarrà desolatamente nudo, vorrà dire che il tempo delle illusioni è finito (…)   Lo specchio, incontrovertibilmente e senza scampo, catapulta il pubblico nell'azione, confondendo vittima e colpevole, tutti noi oggi responsabili nei confronti di quel mondo di “deboli” di cui anche Violetta faceva parte” -  dichiara il regista. Una impostazione sicuramente interessante da verificare. 

Nomi considerevoli anche sul piano vocale:  nel ruolo di Violetta si alterneranno Eva Mei e Ekaterina Sadovnikova   (2,7 aprile); in quello di Alfredo Germont  Ivan Magrì e Aquiles Machado (2,7,aprile) e in quello di Giorgio Germont Paolo Gavanelli  e Simone Piazzola .

Rappresentazioni: 1,2,7,8 aprile ore 20,30, 4 aprile ore 15,30.

 

La trama dell’opera:[2]

ATTO I

È in corso una festa nel salotto parigino della cortigiana Violetta Valery. Il Visconte Gastone de Letorièrs le presenta Alfredo Germont che, da tempo infatuato della padrona di casa, le dedica un brindisi. Mentre gli invitati si spostano nella sala da ballo, Violetta a causa di un improvviso malore è costretta a fermarsi. Alfredo ne approfitta per dichiararle tutto il suo amore; la donna, che in un primo momento lo invita a dimenticarla, gli dona un fiore pregandolo di riportarlo quando sarà appassito, ovvero l’indomani. Rimasta sola, riflette sull’insolito turbamento provocatole da Alfredo mentre da lontano la voce del giovane continua a ribadire il suo amore.

ATTO II

Da qualche mese i due innamorati vivono in campagna. Alfredo, informato dalla domestica Annina che Violetta per avere di che vivere sta vendendo tutti i suoi beni, corre a Parigi in cerca di una soluzione. Nel frattempo si presenta Giorgio Germont, padre del giovane: l’onore della famiglia è in pericolo e la condotta di Alfredo sta minacciando le nozze della sorella. Violetta accetta di sacrificarsi e lascia l’amato con la scusa di voler tornare alla sua vecchia vita. Alfredo, consolato dal padre, scopre un invito per una festa dall’amica Flora Bervoix e decide di parteciparvi. Qui compare Violetta assieme al barone Douphol, suo antico amante. Alfredo, di fronte a tutti, annuncia di voler saldare i suoi debiti con la donna e le getta il denaro appena vinto al tavolo da gioco. Violetta sviene e Alfredo, dopo essere stato rimproverato dal padre, esce tra il disprezzo generale.

ATTO III

Violetta giace nella sua camera da letto, vegliata da Annina. A questa il medico rivela che alla padrona, malata di tisi, non restano che poche ore di vita. Violetta, sconsolata, rilegge la lettera che le ha inviato Germont per avvisarla di aver confessato ogni cosa al figlio. Finalmente giunge Alfredo e i due, riabbraciandosi, sognano un futuro insieme lontano da Parigi; accorre anche Germont ma ormai è tardi e Violetta, dopo aver donato un suo ritratto all’amato, muore.

 



 

 



[1] Claudio CASINI, Verdi, Milano, Rusconi, 1994,  p. 165.

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