Editoriale

Le riforme degli incompetenti

C'è una fastidiosa sensazione di essere guidati da giovanotti e giovanotte mediocri bravi a imporre se stessi e a eliminare la qualità dell'esperienza

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

a chi è la dottoressa Anna Maria Madia per poter predisporre una riforma di enorme portata e dalle incalcolabili ripercussioni, come quella della Pubblica Amministrazione? Nata a Roma nel 1980, è  laureata in Scienze politiche, possiede il dottorato di ricerca in economia del lavoro ed è ricercatrice, titolo nel sito della Camera non meglio precisato. E’ evidente ed è scontato con questo esecutivo, come per il dott. Renzi, la dottoressa Mogherini, la dottoressa Pinotti e tanti altri , che esista alla spalle uno staff di cervelli (o presunti tali), pronto ad impostare, suggerire e dettare le linee portanti ed anche quelle minute di provvedimenti e di misure, molto spesso, anzi sempre astratti, verbosi o banali. Ad esempio, forse perché lontano dagli sponsors, il dott. Renzi a Tunisi ha espresso considerazioni di allucinante superficialità.

Dalle notizie apparse sulla stampa nella riforma della PA l’esperienza e la competenza sono calpestate ed irrise in nome e nel segno di un confusionismo arrogante e presuntuoso spacciato per metamorfosi miracolose.

   I francesi, come era scontato e naturale che fosse, dopo l’ennesimo fallimento di un uomo fallimentare come Hollande, non potevano che tornare ad uno sciovinismo ma meno urlato, meno avventuristico di quello di Marine Le Pen (boicottaggio dell’euro? E poi? Uscita dall’Europa? E poi?). La Francia non è la Svizzera né la Gran Bretagna e La Pen non può bruciare le tappe ma deve prepararsi ad un’opposizione di destra, che smascheri le clamorose insufficienze di Sarkozy. Le “Cronache del Garantista” ne nota il clamoroso ritorno e la parallela sconfitta della sinistra e conclude “la destra dilaga”. E allora possiamo chiederci perché in Italia non è avvertito questo fenomeno. Perché la destra in questa fase, in cui emergono sintomi positivi, è chiusa e condizionata da “cerchi magici”, autoreferenziale e sorda ai contributi possibili e potenziali  dei giornali d’area. La stessa Meloni, accreditata oggi di un 5% quasi incredibile, deve capire che può essere alla guida del promettente movimento solo se, come più volte detto, “scende dal pero”.

   Miracolosamente una pagina d’ apertura efficace de “Il Giornale”: “Scandalo semiserio. Arrestato il vino di D’Alema. Nuova impresa del pm Woodcock:  azzoppato l’oppositore di Renzi  “ mentre babbo Tiziano è stato rapidamente prosciolto. “I dem spaccati sull’Italicum. Il Pd scopre il Caro leader Matteo “Siamo come in Corea del Nord”. Il foglio della famiglia dimentica che tanti italiani avevano scoperto da tempo la vera natura del PD nostrano, che personificherà la versione europea una volta approvato, grazie alla catastrofica imprevidenza di Berlusconi, l’”Italicum”.

  E’ stato ricordato in questi giorni il 100° compleanno di Pietro Ingrao, “partigiano, parlamentare, presidente della Camera. La biografia però è del tutto incompleta, perché sono state ignorate le fasi della vita del ciociaro durante il fascismo. Eccone una breve sintesi tratta dal volume di Nino Tripodi, Italia fascista in piedi (Memorie di un Littore): nell’aprile 1935, nei littoriali svoltisi all’Università di Roma, il ventenne Ingrao “allora del GUF di Littoria, che tornava alla carica dopo l’esperimento di Firenze del 1934, non riuscirà a qualificarsi che al secondo posto nel concorso per una composizione poetica esaltatrice delle bonifiche fasciste dell’Agro pontino”. Anche a Napoli, l’anno successivo, si classifica al posto d’onore sempre sul tema letterario, tra il 1937 ed il 1938  scrive sulle pagine de La Ruota con altri suoi futuri compagni del PCI.  E questo presentato non è altro che un riassunto!

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