Editoriale

Almeno lasciate stare i morti

A Genova rotte le lapidi del viale dedicato ad una vittima missina degli “anni di piombo”

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

Genova gli antagonisti-intolleranti, mobilitati contro un comizio del Segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, hanno rotto, non sapendo evidentemente con chi prendersela,  due targhe  di Viale Ugo Venturini, dedicato al militante dell'Msi che fu ucciso a Genova, proprio in quel luogo,  durante un comizio di Giorgio Almirante,  nel 1970.

Già di per sé è aberrante l’idea di “contestare” una manifestazione di un partito politico, del quale non si condividono le idee. Prendersela poi con una vittima di uno dei peggiori periodi della nostra storia nazionale è un’autentica mostruosità.

Che cosa c’entra infatti Ugo Venturini con le attuali cronache della politica nazionale ? Che ne sanno i contestatori-antagonisti di quel periodo ? E di quella prima vittima dell’antifascismo militante ?

Vale la pena ricordarlo, proprio perché certi errori-orrori non si ripetano.

Il 18 aprile 1970, a Genova, in piazza Verdi, nel corso di un comizio di Giorgio Almirante, durante la campagna elettorale per le elezioni regionali, un gruppo di manifestanti dell’estrema sinistra, con l’intento di impedire il discorso del segretario del Msi, inizia un fitto lancio di sassi e bottiglie. Ad essere colpito alla testa è Ugo Venturini, 32 anni, militante del Msi: un operaio edile, un proletario,  che però porta al collo il fazzoletto tricolore, che lotta per cambiare, da destra, l’Italia e che, nel tempo libero, presta la sua opera di volontario presso una pubblica  assistenza. L’agonia di Venturini dura fino al 1° maggio e si conclude con la sua morte, proprio nel giorno della “Festa del lavoro”. Tralasciamo il “contesto”:  l’odio che molte forze politiche manifestarono in quell’occasione, i colpevoli mai trovati (malgrado ci fossero un film sugli scontri e numerose foto), lo strazio della famiglia e la difficile vita del figlio Walter.

Dopo anni di  Storia negata, di faziosi silenzi , di rievocazioni fatte dagli amici genovesi, nel più completo disinteresse delle istituzioni locali, finalmente, nel  2012,  grazie alla sensibilità dell’allora  sindaco di Genova, Marta Vincenzi, donna del Pd e di origini comuniste, a Venturini è stato intitolato un viale nei giardini dove era stato colpito, nell’aprile 1970.

Un atto di   vera pacificazione, che è stato  accolto lasciando da parte ogni strumentalizzazione politica e che – ci si augurava – avrebbe messo la parola fine ad ogni discriminazione,  dimostrando, con un atto simbolico, che quel periodo è veramente chiuso e che tutti i morti hanno uguale dignità.

Per alcuni evidentemente non è così. Ed allora ecco il “simbolo” distrutto. Ecco gli slogan lanciati, a Genova,  contro Salvini ed i suoi alleati: “Uccidere un fascista non è reato”, “Fascisti carogne tornate nelle fogne”.

Di fronte a mostruosità del genere, espresse da un  centinaio  di manifestanti, autentici “dissociati”

rispetto alla realtà, non bisogna però abbassare la guardia. 

La rottura delle lapidi di Viale Ugo Venturini dimostra purtroppo che i nostalgici degli anni di piombo esistono ancora e che perciò su quella terribile esperienza è necessario fare opera di informazione oltre che di condanna,  senza se e senza ma, specie da parte di una sinistra genovese che, in occasione della venuta di Salvini, non ha saputo fare altro – per voce della sua candidata alla presidenza della Regione, la “renziana” Lella Paita – che twittare “Qui i fascisti hanno perso già una volta”.

Nel 1970, la campagna elettorale per le regionali, inaugurò, con la morte di Venturini, una lunga e sanguinosa stagione. L’augurio, a quarantacinque anni di distanza, è di non cadere negli stessi atroci errori-orrori e silenzi dell’epoca.

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