Editoriale

Tutti i guai di Renzi e Berlusconi

Nemici-amici sembrano avere un karma comune anche se uno governa e l'altro no

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

due “compari”, dopo essersi incontrati (da soli?) e aver deciso (loro, ancora da soli?) la riforma del Senato e la nuova legge elettorale, hanno finto per un anno di governare e per lo stesso periodo di essere opposizione. Poi nel momento cruciale della designazione del sostituto di “re Giorgio”, sono entrati in rotta di collisione ed è stato eletto Sergio Mattarella, vecchio democristiano, che stenta a concludere il rodaggio, così da rendersi conto della situazione, della mortificazione del Parlamento (ieri con l’ennesimo voto di fiducia è stato approvato il decreto “Milleproroghe”) e della prepotenza inconcludente del dott. Renzi.

   Ai due “compari” però – e diciamo finalmente – cominciano i guai politici. Per il giovane è riemerso Pierluigi Bersani, che ha anticipato di “non votare la legge elettorale” e di considerare “incostituzionale” la riforma del lavoro mentre la situazione in Campania è divenuta ingovernabile, Fassina prepara l’offensiva sul fronte delle Popolari, Chiamparino rischia di cadere per le firme false ed il governo è nel caos sulle assunzioni promesse e sbandierate ma sempre più difficili nella scuola.

   Un’altra brutta figura il “premier” l’ha fatta con la clamorosa sponsorizzazione di Tsipras, ormai “considerato un fuoco fatuo “ e tale da non scaldare “più i cuori di chi l’ha votato né quelli di chi l’aveva scambiato per un profeta rosso”. Feltri crede di poter impartire una lezione al Granduca, “il quale, appena insediatosi a Palazzo Chigi, predicò a favore dello spendingreview, poi se ne dimenticò, creando i presupposti per un ulteriore aumento del nostro passivo mostruoso e ben avviato ad assumere percentuali (sul Pil) elleniche. Avanti con questo ritmo, l’Italia avrà gli stessi problemi che inchiodano la Grecia”.  Per due motivi però è da respingere la conclusione: “D’accordo che il nostro premier è sveglio, ma non abbastanza per scongiurare il pericolo, temiamo”. Le riserve nascono innanzitutto dal fatto che il “premier” rappresenta sempre di più la personificazione del proverbio medioevale “beati monoculi in terra caecorum” e poi perché ha la fortuna di non avere di fronte alcuna opposizione.

   Il “compare” meno giovane , dopo averne combinate con il patto del Nazareno di cotte e di crude, avere abbandonato il ruolo che i cittadini non di sinistra volevano svolgesse ed essersi comunque mosso nell’ottica dei suoi problemi giudiziari e dei suoi progetti industriali, si permette di ammonire Salvini, personaggio criticabile per i suoi propositi urlati o molto nebulosi e per il suo look di somma ineleganza (quell’orecchino alla sua età è a dir poco autolesionistico), “Così fa vincere la sinistra”. E da quando Berlusconi ha riscoperto l’opposizione?

   Il “cavaliere” cerca sempre più preoccupato di non essere disarcionato ma invece di scendere a confronti politicamente concreti ( non i patti “agli spinaci”), scatena con minacce i suoi “bravi” sulla eventuale caduta della giunta in Lombardia e con osservazioni forse oltre il limite dell’ingenuo “cura il proprio orticello a danno dei vicini”. E tutto questo can can perché il Cavaliere vuole rimorchiare nelle coalizioni in campo per le regionali il minipartito di Alfano, che continua ad essere tranquillamente assiso nella “stanza dei bottoni”.  

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