Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Meglio, assai meglio, di un’analisi dei fatti francesi confusi e non poco nebulosi, in cui sono emersi l’abissale autolesionismo dell’occidente e lo spaventoso disarmo morale dell’Europa solo mercantile e apolitica e di una considerazione dei giudizi espressi in modo banale, puerile, al solito reboante da autentico debuttante del pensiero, dal “presidente del Consiglio”, tanto caro a Napolitano, trogloditica è l’assimilazione fatta tra i concetti di integrità e di identità, risulta la lettura e la riflessione di due volumi freschi o quasi di stampa.
Il primo è dedicato dallo studioso livornese Aldo Grandi a Giorgio Almirante con il titolo, Almirante. Biografia di un fascista, Sperling &Kupfer. La mole del lavoro (pp. 468) è notevole ed è ricca di riflessioni e di osservazioni, perché a circa 27 anni dalla morte esse non possono mancare, come sarebbero stonati ed anacronistici i toni agiografici. Informata ed equilibrata è la ricostruzione del passato fascista del politico toscano, trapiantato a Roma, come quella dell’”interventismo culturale razzista.
Almirante anche da una posizione minoritaria nel partito fu ascoltato e non ignorato nelle decisioni. Alla guida del partito commise alcuni errori, primo fra tutti, soprattutto per i risultati catastrofici ottenuti in seguito, la cura ed i galloni di successore assegnati a Fini, “affascinante per 30 secondi, superficiale ed inconcludente dal 31° secondo”. Ugualmente discutibili furono la prova muscolare offerta a Genova, l’acquisizione nelle file del partito di uomini, solo e soltanto preoccupati del loro prestigio e della conservazione del potere, come De Lorenzo, Miceli e Birindelli e l’esperienza affrettata di “Democrazia nazionale” sulla quale si accanì la DC. Non credo sia stato censurabile di fronte ai fatti di Valle Giulia, al termine dei quali “tanti giovani, in nome della contestazione al “sistema” passarono [con buona pace della coerenza, della logica e della serietà] dalla Giovane Italia ai gruppuscoli ultracomunisti”. Tra i “misteri dolorosi”, addebitati ad Almirante, in cui forse “non l’ha detta tutta”, fu vittima e non protagonista della “rivolta” di Reggio, del “golpe Borghese” e delle manovre della Destra radicale con le questure, con i servizi segreti, con le logge e i finanziamenti d’Oltreoceano. Sono queste vicende, che attendono una ricostruzione equilibrata e piena, che chissà quando arriverà, se mai arriverà, perché i protagonisti ed i manovratori avevano in tasca tessere partitiche diverse, anzi antitetiche a quella di Almirante.
Il secondo lavoro è dedicato alla Grande Guerra. Come è avvenuto nel 2011, in occasione del 150° anniversario della proclamazione del Regno (e non dell’Unità d’Italia), già diverse sono le pubblicazioni apparse, tra le quali emerge, per rigore scientifico e corredo informativo, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra di Emilio Gentile.
Questa presa in considerazione – da me ricevuta, tengo a farlo rilevare, come strenna natalizia – reca il titolo La guerra dei nostri nonni. 1915 -1918: storie di uomini, donne e famiglie, è dovuta al giornalista Aldo Cazzullo ed appare per i tipi della “Mondadori”.
Il lavoro, salvo alcuni passaggi, si pone e quasi tiene ad essere, magari involontariamente, un autentico pamphlet di denunzia del sadismo e del cinismo degli ufficiali, specie, anche se non è difetto conosciuto nell’esercito italiano, dei generali ed inutilmente rimesta su una vicenda scandalosa quanto mortificante, quella degli stupri nel Friuli, impossibile da ignorare ma da definire, non nei crudi dettagli, ma nelle linee essenziali e caratterizzanti.
Sulla linea seguita dall’autore dalla sua impostazione politica di base è prova più eloquente, nel capitolo La memoria delle donne. La madre dei fratelli Calvi e la lettera di Nina, la segnalazione dei 5 fratelli Cairoli nel Risorgimento e dei 7 fratelli Cervi, “fucilati dai fascisti, ancora presenti nella memoria collettiva e nella polemica politica”. Perché “nella polemica politica”? Forse perché, secondo Cazzullo, qualche sfrontato osa ancora citare i 7 fratelli Govoni, Augusto, Dino, Emo, Giuseppe. Ida, Marino e Primo, di cui solo 2 avevano aderito alla RSI, trucidati l’11 maggio 1945 ad Argelato ?
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