Cosa dicono i giornali di oggi

Il Corriere punge Renzi sulle riforme, mentre l'opposizione (anche nei giornali) tace

di Vincenzo Pacifici

Il Corriere punge Renzi sulle riforme, mentre l'opposizione (anche nei giornali) tace

Matteo Renzi

Capita, purtroppo sempre più spesso, che le critiche del “Corriere della Sera” sull’operato del governo siano  più pungenti o più interessanti  rispetto a quelle dei giornali di “opposizione”, fatta eccezione per “Il Tempo”.

   E’ indispensabile comunque in premessa, però, rilevare che i titoli talora tradiscono la situazione esatta: non si dovrebbe dire “Renzi cambia il decreto del fisco” ma con rispetto della realtà “lo speaker [inteso come annunciatore] toscano del governo presenta i cambi operati ….”.

   Onestamente la nota di Panebianco è nella presentazione invitante ma risulta discutibile in alcuni passaggi. L’oggetto è “i dubbi sulla legge elettorale. La scomparsa dell’opposizione”.

   Dopo aver attribuito allo “statista” la patente di “furbissimo politico che sappiamo”  [secondo il proverbio medioevale beati monoculi in terra caecorum], lo presenta, immeritatamente ed ingiustamente, come autore del progetto di legge, che “renderebbe assai probabile la possibilità di un vincitore netto ma non la riduzione della frammentazione e dell’impotenza dell’opposizione”. Panebianco ritiene “pessimo”  il limite del 3%, delineando realisticamente questo scenario per “la prossima legislatura … e per diverse legislature a venire: un governo monocolore (Pd) con di fronte a sé il nulla, ossia un’opposizione vociante e impotente senza nessuna possibilità di costituire una minaccia elettorale seria per l’esecutivo in carica. Si aggiunga che, con la riforma del Senato, quest’ultimo passerebbe sotto il controllo pressoché totale del Pd, data la sua posizione dominante negli enti locali e regionale”. E’ un rilievo questo espresso – qualcuno ricorderà – tempestivamente di fronte all’infatuazione del presidente del Milan, da qualche tribuna più modesta di quella utilizzata da Panebianco.

   L’editorialista mostra suo “apprezzamento” per i sistemi maggioritari con collegi uninominali, che vantano alte “sia le probabilità di un vincitore che quelle di spinta alla (ri)composizione dell’opposizione”.

   Archiviata forzatamente la proposta, o meglio l’idea, per il rifiuto sdegnoso dei due attori del “patto del Nazareno”, il  collega cattedratico presso l’ateneo bolognese ripiega su un innalzamento “serio” della soglia di sbarramento, obbligando “i partiti alla riaggregazione”. Non indica, ad onore del vero, alcuna terapia di un contrasto ad una potenziale e sempre possibile scomposizione, magari all’indomani dell’apertura delle urne del cartello.

   Demonizza poi il voto di preferenza, presentato come sinonimo voto di scambio, riconsegnando quindi alle oligarchie clientelari, ipocritamente definite partiti, la selezione, del tutto arbitraria, raramente meritocratica, molto spesso, se non sempre, nepotistica o addirittura familistica o ereditaria dei candidati propinati all’elettore.  A conclusione dell’articolo, unico antidoto, francamente misero, proposto è l’eliminazione delle “candidature plurime”.    

  Qualche parola, come anticipo di un’analisi più minuziosa, sulla riforma della scuola, come di consueto strombazzata in un momento di vero e proprio intasamento legislativo. Per Orsola Riva, sempre sul quotidiano milanese, ogni ingrediente denunzia tanti “nodi da sciogliere”, tutti seri e consistenti.

   L’”opposizione” ha sentore dell’arrivo sul tappeto di questo tema? Probabilmente no. 

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