Parla Valentuomo

Piero Ostellino in «Corriere della Sera» 20 dicembre 2014

È incominciata la campagna, in Parlamento e nel Paese, per l’elezione del presidente della Repubblica e già nascono i primi equivoci sulla sua natura, primo fra tutti quello che l’eletto dovrebbe essere «di garanzia» nei confronti di tutte le forze in Parlamento. In realtà, non si vede come potrebbe essere di garanzia. Se non è eletto rapidamente, a maggioranza qualificata dei due terzi, ma, dopo le prime tre votazioni, a maggioranza assoluta, è certamente il presidente della maggioranza parlamentare che regge il governo. Insomma, un uomo di parte.

   Napolitano è stato, piaccia o no, un presidente di parte, favorevole soprattutto alla propria parte politica, vale a dire il Partito democratico. Lo ha fatto persino in modo, diciamo così, sfacciato, nel 2011, quando – persa da Berlusconi la propria maggioranza in Parlamento – aveva nominato senatore a vita e poi presidente del Consiglio il professor Mario Monti.

   Una operazione analoga Napolitano cerca ora di fare attraverso l’attuale capo del governo, Matteo Renzi, al quale dà il proprio sostegno per evitare, in nome di una fantomatica stabilità, nuove elezioni, nel timore le vinca, come sarebbe probabile data la situazione del Paese e i fallimenti di Renzi, la destra di Salvini e Berlusconi. Napolitano è prigioniero del vecchio schema della sinistra, secondo il quale la democrazia c’è quando a vincere le elezioni è la stessa sinistra, non c’è se le vincono gli altri. Renzi, che consulterebbe Napolitano persino se dovesse divorziare dalla moglie, non è un buon governante, ma un affabulatore che per restare in carica si è inventato persino delle Olimpiadi da tenere nel 2024 a Roma. A tenere bordone a Napolitano, è il sistema informativo che si è mobilitato per delegittimare Matteo Salvini, il segretario della Lega che ha rilanciato il proprio partito e minaccia di fargli conseguire un grosso successo elettorale.

   Napolitano non è stato un pessimo presidente come, ad esempio, Scalfaro, ma neppure buono. Si è mostrato, ad esempio di parte nominando senatori a vita quattro personaggi che, in Parlamento, avrebbero votato per il Pd. Forse, prima di procedere nella votazione per l’elezione del presidente della Repubblica, le forze politiche dovrebbero cercare, e trovare, un linguaggio comune e una procedura che risponda a concreti principi democratici al posto di quelli monarchici.



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