Editoriale

Destra e sinistra fallite, cancellate, indagate. Eppure sarebbe necessario rinascessero

Ci siamo beati nelle fine delle ideologie, e abbiamo lasciato lo spazio lasciato vuoto da idee e ideali al semplice malaffare

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

opo lo scandalo politico esploso a Roma, sia chiaro non abbattutosi, perché da tempo da anni covava e mille e mille erano le chiacchere e le vociferazioni, si può continuare a guardare alla politica solo se essa si dimostra capace di intraprendere vie nuove, soprattutto limpide. La politica deve essere aperta, non soffocata in cerchi ristretti, spesso nepotistici o addirittura familistici, deve rifuggire dagli schemi e dalle critiche conformistiche, come è il caso della Meloni, che pare addebitare la causa a “un sottobosco di burocrati difficili da rimuovere in grado di far valere il proprio peso, amministrazione dopo amministrazione”. Una spiegazione del genere non è altro che l’attribuzione di una patente di incapacità e di insipienza alla classe politica di sinistra, di centro e, ahimè, di destra, incapace di rimuovere e di neutralizzare i “burocrati”, una razza scoperta e maledetta senza alcuna conseguenza dallo “statista”, che occupa palazzo Chigi, e oggi di nuovo accusata dalla Meloni con argomentazioni banali e scontate.

  Una parola su Alemanno in replica all’analisi fatta da Sallusti, che “ritiene legittimo contestar[gli] parecchie cose, sia sul piano politico che amministrativo”. L’allusione è chiaramente rivolta alla bocciatura subìta dai romani con la conseguente designazione, rivelatasi del tutto fallimentare, di Marino al Campidoglio. Allora sorge spontanea e “legittima” una domanda: Sallusti quando e dove ha “contestato” i tanti Sindaci, appartenenti a Forza Italia, in primo luogo la Brichetto Arnaboldi Moratti, sconfitti pesantemente dagli avversari di sinistra nelle città amministrate?

 Ancora su Alemanno si è espresso chiaramente e al solito in maniera condivisibile Marcello Veneziani, nel momento in cui si è interrogato sulle ragioni della pessima figura fatta dalla destra, che lo scrittore pugliese condensa in una, notando che:“quella destra aveva a volte coraggio fisico, ma non coraggio civile né intellettuale. Non ha saputo rischiare, tentare davvero di cambiare le cose, lasciare un segno vero sulla città, essere popolare e non chiusa in un cameratismo di setta de’ noantri, selezionare i migliori e non gratificare i comparuzzi “.

  Il guaio vero e più consistente, però, è rappresentato dal fatto che la destra governativa ha mostrato gli stessi difetti, non certo di malcostume vero o strombazzato, ma quelli della carenza di un “coraggio civile e intellettuale”, essendo risultata arida nelle proposte e debole nel contrapporsi a quelle secessionistiche e disgregatrici. La prova migliore – a giudizio di avversari – è stata offerta dalla Meloni, che si sperava mostrasse le stesse qualità di incisività e di grinta alla guida diFdI.

 Stenio Solinas, qualche giorno or sono, ha presentato un saggio di Eric Zemmour, Le suicide français, in cui si dimostra come “la Francia si suicida annegando la sua storia nel politicamente corretto” e come “né la destra né la sinistra sono in grado di governare la globalizzazione”.

  L’uso e la sottolineatura dei due termini “destra” e “sinistra”, adoperati in tutti i paesi del mondo, porta a rilevare l’arretratezza italiana, in cui ne viene presentato come anacronistico l’uso.  L’  obiettivo esplicito è quello di ripristinare il sistema politico postbellico con un centro egemone, una sinistra avversaria di comodo ed una destra emarginata. Una destra, che negli anni in cui poteva finalmente, raggiunta la maturità e compiuto l’aggiornamento con la realizzazione, fragile e momentanea, di AN, provare ad essere se stessa, si è fatta attrarre in un disegno egemonico ecesaristico, dai connotati equivoci e sfuggenti, dall’ispirazione fondamentalmente e innegabilmente centrista. La destra, sulla carta e nelle idee ha un patrimonio e dei tratti operativi, diversi e distinti dai suoi campioni romani o bolognesi e dalla stessa Le Pen e tanto meno dal “Salvini desnudo”, tanto fisicamente quanto ideologicamente.

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