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La Città solare

Scarabocchi sulle acque

In quel di Pisa dorme in un canto della cattedrale l’alto Arrigo che fece sperare Dante e allora forse questo irgendwo è proprio non lontano dall’antica città marinara e dalle Alpi marmifere

di Piccolo da Chioggia

Scarabocchi sulle acque

Scarabocchiando sul foglio d’un tratto mi apparve adatto alla piattaforma lignea un bel modello di Città del Sole che fluttuasse cullato dalle acque. La piramide con la strana fiamma al vertice, la sfera che come un aerostato si culla ora sulle antenne che la sollevano, le piramidi ancelle di contorno. E però questo è solo il modello che scarica la tensione dell’architetto il quale non poté, né forse volle andare al fondo della Città solare così condensata nei due soli volumi, il poliedro che rammenta le fiamme levantisi dal focolare, donde il nome ellenico di piramide, il globo che dovrebbe ballonzolare fra le nubi issato sulle antenne oscillanti. Architettura come pura visione e visione come l’incauto balenare d’immagini nella mente che ne è infiammata. Conviene allora smorzare queste oscillazioni di fantasia e immagini e dunque nulla di meglio che un cubo a struttura reticolare, una gabbia senza sportello in alto simile a delle cassette per frutta e ortaggi ma finemente ricostruita. Con belle proporzioni e palese semplicità. Su di uno dei bastoni che costituiscono il cubo campeggia un modello ligneo di sterna ad ali estese.

L’incauta fantasia della Città solare si risolve dunque nel quadro così composto sulla piattaforma galleggiante.

In cielo si fa muovere dal vento un pallone aerostatico, sulle acque, appena esterne a quelle concluse della laguna, l’affilata nave dei Rus’ - vi erano cosacchi di Krasnoff che avevano studiato nei collegi marinari di Pietroburgo- ha fatto vela e si allontana per raggiungere una località dove un tempio romano con colonna  veglia alcune capanne ombreggiate da alberi. Uccelli appena sopra lo specchio fluido manifestano nelle imprendibili acrobazie dei voli la loro felicità.


Irgendwo, ovvero in un luogo che non si sa precisamente, della Versilia, alla foce dei fiumi?, oltre, verso la Maremma pisana? Sulle coste dell’Illiria? Non è dato sapere, perché le visioni quando sono incaute non badano a scegliere l’esatta ubicazione di dove possano avverarsi. E infatti lontana, come un parafulmine spettrale, la Città del Sole, si leva sulle acque marine in guisa di isola da raggiungere solo a certe condizioni. Non esistono ponti che vi conducano infatti, e la trepida nave a vela ormeggiata poco lontana presso la spiaggia volge altrove la prua.

Sul suolo, sulla riva è sorta in qualche tempo una copia della trinità di Alexandrovo, con la piramide abitata ed il tempietto circolare e colonnato. Chi l’ha eretta ha voluto temperare a più quieta misura il picco visionario della Città solare. E in effetti ciò si è avverato. Sulla spianata antistante un giardiniere alquanto addentro i segreti dell’arte antica ha sagomato delle piante, e una la costrinse a crescere allampanata come una I maiuscola, l’altra su di un piedestallo fu costretta a torcersi in guisa d’una O. E però le piante sono pazienti e non se ne adombrano troppo continuando a brillare del loro verde. E forse cercano così, prestandosi con la loro duttile fibra ad un fantasioso creatore con cesoie, di partecipare del grande volere, der Wille,  assumendo una nuova e graziosa e mondana rappresentazione, eine unerwartete neue Vorstellung. Ma di poi il giardiniere ha posto a compagnia delle due piante un’àncora con il delfino attorcigliato. Una triplice composizione di lettere I, O, S, fin troppo palese nei due virgulti e nel delfino ancorato cosa vuol dire? Un acrostico ghibellino? Quale potrebbe esser Imperium, Ordo, Salus? È possibile. In quel di Pisa dorme in un canto della cattedrale l’alto Arrigo che fece sperare Dante e allora forse questo irgendwo è proprio non lontano dall’antica città marinara e dalle Alpi marmifere. 

Più semplicemente le lettere IOS possono stare in guisa di regola aurea a chi vuol dedicarsi al disegno e all’architettura. I sia la linea retta, O il circolo perfetto, S la duplice voluta, l’incurvamento serpentino, la bella proporzione. E però l’acrostico imperiale e la regola dei tre elementi del buon disegno sono infine un unico inseparabile.

Prende il suo corso sempre la Flora e i fiori selvatici crescono fra i sassi e gli alberi danno sospirata ombra nei pressi della piramide del tempietto circolare. Più in là, da una colonna di avvistamento si possono mirare stelle, acque e monti.


L’ancora con il delfino piaceva a un qualche ufficiale cosacco molto addentro a letture latine e rigvediche. E questi ne ricostruiva pure un modello da appendere in guisa di monile al collo d’una stupefacente Aurora. Una delle tante che ancora devono nascere. Un omaggio certo alquanto ingenuo al chiarore dell’alba. Poco di presso i Rus’ elevavano la loro bella chiesa che nei dì luminosi specchia le sue cupole sulle acque. La loro nave a due prore si dondola sulle ondicine all’ormeggio.



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