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Sulle automobili a gassogeno -Seconda parte-

Dalla solida Fiat 1100 del 1937 alla bella Peugeot 202 del 1938

di Piccolo da Chioggia

Sulle automobili a gassogeno -Seconda parte-

Come sempre avviene per ogni cosa anche la più complessa, la sua procedura d’uso una volta che vi si è fatta l’abitudine, appare normale. E se poi, trattandosi d’una macchina, tutto funziona passabilmente e a costi alquanto modesti non tarda a formarsi una legione di appassionati che ne studiano le applicazioni più varie e inaspettate. Nella lontana e settentrionale Svezia degli ingegneri montavano il gassogeno a legna addirittura su di un piccolo velivolo da turismo, e la notizia veniva data con una certa curiosità dall’autorevole rivista tedesca Flugsport dei primi anni di guerra. Molto meno impressionanti restavano comunque le applicazioni del gassogeno alle macchine agricole, come trattrici e cingolati, documentate sulla stampa specialistica del tempo.

Nelle macchine agricole e sugli autocarri l’applicazione del gassogeno poneva meno richieste di aggiustamenti, essendo sufficiente che la macchina svolgesse le sue funzioni di traino o carico. Nelle automobili si aveva, al contrario, la massima necessità di arrivare ad un equilibrio che contemplasse anche per un minimo l’aspetto estetico. Nella fotografia qui di seguito, la Opel Kapitän dell’anno 1938, che a benzina sfoggiava linee avviate in omaggio alle nuove esigenze aerodinamiche, assomiglia ora, con il gassogeno montato in coda, ad un povero montanaro che carico d’una gerla di legna si avvia ingobbito verso la sua capanna. 


La medesima cosa avviene per la Fiat 1500 dell’anno 1935, una delle prime vetture europee ad aver assimilato i canoni estetici ed aerodinamici inaugurati negli Stati Uniti d’America dalla famosa Chrysler Airflow del 1933: l’esemplare qui targato Forlì 9858 reca, come il basto d’un bravo mulo, il caldaio nel quale versare la legna ed accenderla per sviluppare il gas. Siamo già nel tempo di guerra perché i parafanghi dell’automobile hanno le fasce bianche che permettono alla macchina di essere intravista anche con l’oscurità quando, per le direttive sull’oscuramento antiaereo, è obbligatorio procedere a fanali spenti. La coda della macchina ospitava all’esterno la ruota di scorta. Questa ora è stata spostata sul tetto sotto un voluminoso coperchio che ripara pure un telo con una riserva di trucioli di legna.


La bella Peugeot 202 del 1938 sfoggiava anch’essa un’elegante livrea aerodinamica che le aveva procurato l’appellativo la fusée de Sochaux, l’affusolata di Sochaux, dal nome della cittadina in Alsazia che alberga la fabbrica costruttrice dell’automobile. Ma pure qui le dure esigenze del razionamento carburanti hanno costretto il proprietario a incastellare sulla sinuosa e levigata carrozzeria un gazogène à bois, un gassogeno a legna, che trasforma il veicolo in una povera montanara carica non più solo sul dorso ma anche sulla testa. Quasi una strega delle favole. Nella complicata architettura si riconoscono i tubi che conducono il gas al motore e forse due radiatori di raffreddamento. Ma il forse qui è d’obbligo perché l’arzigogolo di linee pare corrispondere assai poco allo schema tecnico rappresentato nel disegno visto sopra. Resta possibile una considerazione tecnica ed estetica: senza gassogeno la 202 è aerodinamica, ma non può muoversi perché senza benzina, ovvero l’aerodinamica che dovrebbe aiutarla a raggiungere velocità più elevate non può agire; con il gassogeno la 202 non è più aerodinamica ma può viaggiare sia pure a modeste velocità perché un carburante alimenta il motore. Un fatto lapalissiano che comunque è da considerare in argomento ai compromessi tecnici di cui si è detto in un capitolo precedente.


La solida Fiat 1100 del 1937, ovvero più precisamente la Fiat 508 C, riesce per quanto si vede in questa immagine nel compromesso tecnico di montare sull’automobile un gassogeno a legna senza urtare troppo la suscettibilità estetica. L’apparato viene qui compresso e lo si alberga in coda sagomando questa parte della carrozzeria in un volume non troppo sporgente e passabilmente raccordato alle linee del padiglione. Il risultato finale è buono, la macchina a gassogeno quasi non si distingue dalla gemella a benzina. A suo tempo venne addirittura diffuso un cinegiornale che riprendeva questa Fiat 508 C in uscita dall’autorimessa dopo che tutta la procedura per l’accensione del caldaio e l’avviamento del motore era stata compiuta. Nel breve filmato si vedeva la macchina procedere disinvolta su di una strada collinare, senza che l’assetto in curva variasse di molto e, in pratica, il senso del cortometraggio era quello che pure con il gassogeno non erano precluse le possibilità di viaggi esattamente simili a quelli della gemella senza caldaio, a parte il diverso combustibile e la tecnica di messa in moto che vuole un preveggente anticipo dovuto ai minuti di attesa per lo sviluppo del primo gas ed il suo inoltrarsi nelle condutture che portano al motore.   





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