Una firma a sottoscrivere una vendita

Afghanistan: il patto della condanna

Forse qualcosa potrebbe affacciarsi all'orizzonte a mutare il corso di questa storia afghana che di afghano ha solo il sacrificio di quella terra e le sue genti. Chissà. E la speranza potrebbe rivivere.

di Marika Guerrini

Afghanistan: il patto della condanna

Abbiamo atteso, sperato, forse pregato che quella firma non venisse apposta. Abbiamo mentito a noi stessi, con consapevolezza mentito a noi stessi, coltivato un'illusione, così, tanto per sognare, ma l'Afghanistan ha firmato il patto della condanna. 

E' strano pensare, dire, scrivere questo di quella terra da anni sofferta, è strano sentirla   violata ora, come non fosse mai accaduto prima, strano malgrado distruzione e morte le appartengano dagli stessi anni, strano, incomprensibile ai più ma non a noi a cui la speranza, perenne dea, non era mai venuta meno, chissà, forse per amore. Un amore antico come le montagne che ancora s'ergono laggiù benché violate anch'esse, come i silenzi, la  storia millenaria, i laghi di Band-e-Amir, i Buddha di Bamiyan, le leggende, i fiumi segreti a custodire segreti, i minareti, la voce del muezzin, i gioielli racchiusi nel grembo di quella  madre di alture e deserti, sì, per amore non era mai venuta meno la speranza. 

Ora è diverso, ora vacilla, pare si sia infranta, in frantumi per una firma, una firma a sottoscrivere una vendita, un contratto di vendita lungo dieci anni, contratto che potrebbe rinnovarsi, andare oltre e ancora oltre. Ha sottoscritto il Bilateral Security Agreement Ashraf Ghani, colui che avrebbe dovuto proteggere quella terra, la sua storia, le sue genti, Ghani e la sua firma. Il patto stipulato con gli Stati Uniti d'America è patto di condanna per l'Afghanistan, è consegnare quella terra al nemico, autorizzarlo ad impossessarsene, a suo piacimento a suo modo. Altro non è per noi che alto tradimento. 
E' stato una settimana fa, abbiamo preso a preteso altri impegni, ci siamo rifiutati di parlarne,  era per metabolizzare, ma la novella ci è giunta immediata, immediata ha attraversato la linea diretta Kabul-Roma, Roma-Kabul, linea abituale. Ma ora è fatta, tutto si sta organizzando, tutti sono indaffarati, tutti quelli che "contano". Il popolo no, il popolo si sente tradito, appunto.

L'elezione di Ashraf Ghani, che per l'occasione ha rafforzato la sua appartenenza etnica pashtun mostrando il nome tribale Ahmadzai, era scontata, scontata per la formazione del candidato alla Columbia University, il suo ruolo di economista alla Banca Mondiale, quello di ministro delle Finanze (2002-2004) comprensivo di scandalo (si ricordi la Kabul Bank) protetto e coperto da Washington, era scontata dopo mesi di brogli, scontati anch'essi, finti interventi Onu e controlli Isaf, scontati anch'essi, e ancora e ancora. E scontato era il seguente accordo con Abdullah Abdullah, la nomina di questi a Capo dell'Esecutivo. E scontata era anche la vice presidenza affidata a Rashid Dostum, losca figura politica di quel paese, ma scontata non era la celerità con cui gli Stati Uniti d'America si sarebbero precipitati a richiedere la firma del patto della condanna. Ghani aveva appena giurato sulla Costituzione e sul Corano, infatti, aveva appena lasciato il luogo deputato quandomister Cunnigham, Ambasciatore degli Stati Uniti a Kabul, sottolineava al consulente afghano che il Bilateral Security Agreament di cui sopra, era in attesa di assenso. E' così che, obbedendo agli ordini, Ghani ha firmato la condanna entro le successive 24 ore. Obbedendo al padrone. Sì, non ci ha mai ingannato il suo aspetto volutamente afghano nell'abbigliamento e nella falsa espressione, non ci ha mai ingannato.  

Ora, con la cessione della sovranità di stato allo straniero invasore e nemico, nulla si sa per certo tranne la conferma della permanenza Nato fino al 2024, tranne la libertà d'azione dei soldati Usa e company, oltre 10mila unità, inizialmente, il che vuol dire alcuna formazione di militari locali, che da formare non c'è più nulla dopo tredici anni, ma libertà di interventi d'ogni tipo come quando su qualunque cosa su chiunque. Interventi senza alcun permesso, richiesta, segnalazione al Governo o chi per. Nulla si sa per certo tranne l'ampliamento delle basi aeree e militari di Mazar-i-Sharif, Bagram, Kabul, Shindand, Jalalabad, Kandahar, che, per chi conosca la geografia di quel paese, vuol dire presidi Nato da nord a sud, da est ad ovest. E si sa il non detto, ovvero che nelle aree rurali continueranno a circolare enormi quantità di armi così che le multinazionali delle armi, veri vincitori di questi anni di guerra, continuino il profitto, si sa che i campi di oppio si moltiplicheranno, così come le raffinerie così come lo spaccio così come le giovani morti, tutto a favore internazionale mafie comprese. 

E si sa  che Iran e Pakistan hanno urlato al patto della condanna, al perpetrarsi dell'invasione straniera oltre confine, e si sa, perché dichiarato, che questo inciderà negativamente sui rapporti interni. Ma non si sa nulla di India, Russia e Cina, loro hanno taciuto, o quasi, e sì che l'interesse di quest'ultima per  alcune aree del sottosuolo ricco di minerali, il cui valore complessivo su territorio ammonta a circa 3 triliardi di dollari, è molto forte. Eppure, silenzio. Chissà forse silenzio dovuto a quella certa alleanza che, in compagnia del Brasile e forse del Sudafrica questi paesi stanno andando a formare oltre l'interesse economico? Come se il vecchio Brics stesse cambiando aspetto, sostanza? Come si stesse trasformando in un vero asse a bilanciare la più vecchia Nato? Forse qualcosa potrebbe affacciarsi all'orizzonte, il che spiegherebbe ancor più la recrudescenza delle violenze di questi giorni, Isis compreso, e le sommosse di Hong Kong e tutti i parti criminali di questa dilagante ameba d'occidente. Forse qualcosa potrebbe affacciarsi all'orizzonte a mutare il corso di questa  storia afghana che di afghano ha solo il sacrificio di quella terra e le sue genti. Chissà. E la speranza potrebbe rivivere.

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