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Rileggere Strapaese

E se i "selvaggi" di Maccari avessero avuto ragione?

Il gusto del locale, l’anticentralismo nazionale, opposizione alla modernità rappresentata dagli USA

di Ivan Buttignon

E se i

Il Selvaggio, di Mino Maccari

Mino Maccari è generalmente dipinto come il portabandiera del movimento “nazionalistico e autarchico” di Strapaese. In realtà il pensiero degli intellettuali strapaesani è, per certi aspetti, localista, provinciale. Tende perciò a scontrarsi frontalmente con il cosmopolitismo, di chiara fatta universalista, dei principali avversari della rivista “900”, ma anche con le spinte urbaniste del Regime. Non a caso Curzio Malaparte, strapaesano come pochi, contrappone lo Stato centrale alle Province, dimensioni amministrative che ritiene squisitamente e autenticamente fasciste.

Sullo stesso tasto batteranno gli ideologi del movimento, Ardengo Soffici prima e Camillo Pellizzi poi.

Essere strapaesani significa dimostrare fedeltà alla propria terra, alla proprie tradizioni. Essere affezionati alla famiglia, ai costumi, alle usanze. E significa anche essere antimoderni, nella misura in cui la modernità vuole sradicare tutti questi principi.

Lo Stato centrale talvolta si dimostra refrattario a questi principi, e allora gli Strapaesani partono all’attacco. Contrastare direttamente il Regime non è sempre possibile. Non direttamente. E allora si polemizza contro gli Stati Uniti, che la modernità incarnano e che portano, con la loro finanza, corruzione e malgoverno. Ecco quindi che è necessario affrancarsi da un tale dominio, opponendovi la tradizione rurale italiana[1].

Alla politica, intesa come gestione operativa e operante della res publica, è riconosciuto un ruolo principalmente locale. Quella locale è quindi l’estensione politica del vero fascismo, quello dei ras, che gestiscono il potere vicino ai cittadini. Oggi chiameremo questo concetto “sussidiarietà”.

Giudizi negativi sono riservati al novecentismo, al sentimentalismo, al futurismo, al cubismo, al surrealismo, alla tragedia di Sam Benelli, al Raduno, all’Istituto di cultura fascista, agli intellettuali pigri, alle opere di Carolina Invernizio, a Solaria, alla letteratura dei Dieci (scrittori marinettiani che cercano di sistemarsi all’interno del Regime), all’”architetto del Duce” Piacentini, alla letteratura amena, al cinema di cattivo gusto e, non ultimo, al movimento universalista di Stracittà e alla sua rivista “Novecento”[2].

Tant’è che nel numero de “Il Selvaggio” del 30 giugno 1928 leggiamo alcuni pensieri che tracciano uno spaccato della società:

“Si sono venute formando delle categorie e stabilendo dei “ruoli” veramente inaspettati della vita italiana.

 C’è il ruolo di gerarca e il ruolo di gregario; albi chiusi; chi è di là è di là, chi è di qua è di qua: gerarchi a vita e gregari a vita.

C’è il ruolo degli “impestati”. Bravi giovani, ma… - Fedelissimi, ma… - a tutta prova, ma…

C’è il ruolo dei “bravi ragazzi” i quali per tutta la vita rimarranno dei “bravi ragazzi” e nulla più. Minorenni politicamente per omnia secula seculorum.

Ci sono le “Comparse” e guai a chi le tocca.

Ci sono gli “insostituibili”, gli “inamovibili”, i “vice” per antonomasia. Vi sono poi altri ruoli che omettiamo”[3].

Secondo Strapaese, quindi, nei ranghi della cultura ufficiale e nelle stesso Governo si insinuano diversi ruffiani, parecchi signorsì, molti conformisti. Il tutto con l’assenso, o almeno il permesso, del Potere centrale. Potere centrale al quale “Il Selvaggio” vuole rappresentare un’alternativa valida, un’isola felice per chi vuol far davvero cultura. Non è un caso, quindi, che con la rivista inizino a collaborare giovani brillanti, spesso discussi, come Oscar Gallo, Quinto Martini, Spazzapan, Cremona, Mollino, Zeglio, Guttuso, Mafai, Ciarrocchi, Tamburi e, sul piano letterario, Tobino, Bilenchi, Benedetti, Brancati e molti altri. Oppure senior già attivi: Moranti, Carrà, Rosai, De Pisis, Ungaretti[4].

Diversi gerarchi fascisti, pur senza aderire in toto alle teorie strapaesane, le trovano a dir poco stimolanti. Uno di questi è Giuseppe Bottai[5], che vede in Maccari, Malaparte e il loro movimento in generale validi alleati (e come tali si rivelano) al suo “fascismo revisionista”.

Non solo: l’esperimento strapaesano, radicato in Toscana, sarà imitato in altre aree. Per esempio a Bologna dal gruppo intellettuale stretto attorno alla rivista di Leo Longanesi “L’Italiano” (fondato nel ’26). O a Roma, da quello che collabora con il quindicinale di Curzio Malaparte “La Conquista dello Stato” (fondato nel ’24 ma “convertito” alla causa strapaesana nel ’27). “Il Selvaggio” non è quindi più solo in questa battaglia all’ultimo sangue tra centralismi urbanisti e strapaesani ruralisti. Battaglia che termina solo con la destituzione di Mussolini e la caduta del Regime e che resta tuttora sepolta nei ricordi dei pochi appassionati a Strapaese.

 

Ivan Buttignon

 

...E per chi voglia saperne di più

 

“Il Selvaggio”.

“La Stampa”, periodo 1929-1931.

“La Conquista dello Stato”.

“L’Italiano”.

AA.VV., Il Selvaggio di Maccari, Roccalbegna, 2003.

G. Callaioli, Mino dal Colle: l'impolitico di Strapaese, Petrartedizioni, Pietrasanta (LU), 1998.

G. Vicentini, Gusti esagerati, Vallecchi, Firenze, 1942.

I. Buttignon, Compagno Duce. Fatti, personaggi, idee e contraddizioni del fascismo di sinistra, Hobby & Work Publishing, Milano, 2010.

I. Buttignon, Il Verde e il Nero. Maccari, Malaparte, Soffici. I fascisti che anticiparono l’ambientalismo, Hobby & Work Publishing, Milano, 2011.

M. Maccari, Il Selvaggio di Mino Maccari, a cura di Carlo Ludovico Ragghianti, Neri Pozza, Venezia, 1955.

M. Maccari, Il Trastullo di Strapaese, Vallecchi, Firenze, 1928.

M. Maccari, Rosai e Maccari al tempo del Selvaggio fiorentino, (con lettere di Maccari e un discorso di Rosai, a cura di Vittoria Corti), Giorgi & Gambi, Firenze, 1994.

P. Buchignani, La rivoluzione in camicia nera. Dalle origini al 25 luglio 1943, Mondadori, Milano, 2007.

P. Cesarini, Italiani cacciate il tiranno. Ovvero Maccari e dintorni, Editoriale Nuova, Milano, 1978.

S. Busini, La passione politica di Mino Maccari nelle pagine de “Il Selvaggio”, Boccacci, Colle Val d’Elsa, 2002.



[1]Orco Bisorco, Gazzettino ufficiale di Strapaese, “Il Selvaggio”, IV, 3, 15 febbraio 1927.

[2]Orco Bisorco, Gazzettino ufficiale di Strapaese, “Il Selvaggio”, IV, 6, 30 marzo 1927.

[3]“Il Selvaggio”, 30 giugno 1928.

[4]L. Bardi, Il Selvaggio e dintorniin AA.VV., Il Selvaggio di Maccari, Roccalbegna, 2003, p. 17.

[5]S. Busini, La passione politica di Mino Maccari nelle pagine de “Il Selvaggio”, Boccacci, Colle Val d’Elsa, 2002, p. 80.

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