​Altro che abito da sera

Quando il cafonal diventa la regola!

Un altro must del buzzurro in servizio permanente effettivo è quello di dare del tu a chiunque, conosciuto o sconosciuto. Del resto il lei si chiama “forma di cortesia” che per il cafone è cinese mandarino

di Domenico Del Nero

Quando il cafonal diventa  la regola!

Altro che  abito da sera;  abbasso la cravatta, viva la canotta: libera ascella in libero corpo!  Se è vero che lo stile è l’uomo, oggi il tipo dominante è il cafone: è lui che detta legge, impone abbigliamenti e soprattutto comportamenti.  Il nostro bravissimo collega Lord Brummel potrebbe andare in pensione:  bon ton, buon gusto, eleganza sono anticaglie da rottamare. Del resto, l’esempio viene dall’alto, anzi da Rignano ….

Ma in fondo il buon Renzie è  non che il prodotto  di uno stile di vita, il cafonal, che impazza ormai da molto tempo, invade le stanze del potere dove del resto arroganza e cialtroneria si sono da tempo unite a inettitudine e rapacità e ultimamente sembra non risparmiare neppure i Sacri Palazzi.   Non si tratta certo della scanzonata goliardia che tutti da ragazzi abbiamo avuto e che tanti giovani ancora hanno;  un giovane impenitente ma di razza sa benissimo quando è il momento della “magliettazza” che strappa un sorriso anche ai più arcigni  e quando quello dello smoking;  sicuramente quest’ultimo lo  mette anche il cafone, ma magari per una merenda sul prato o per un pranzo all’aperto in pieno sole di mezzogiorno.  

Oramai non c’è palmo di terreno che non sia stato conquistato dagli esseri più grossolani, laidi, insopportabili, che fanno della loro maleducazione il proprio biglietto di visita, anzi il proprio pedigree. Il teatro, un tempo banco di prova per i sarti più rinomati, è adesso diventato l’arena per i più plateali toreri del  casual.  Si parte dalle elefantesse con scollatura  stile cratere lunare e gonnellino, che figurerebbero magari benissimo nella danza delle ore di Ponchielli nella versione di  Walt Disney, ma in platea sono un oltraggio allo spettacolo, per andare al cinquantenne jeans e pancetta, che con noncuranza occupa una poltrona di platea come se fosse al bocciodromo.  Non manca poi il catarroso di sesta fila, convinto di dover integrare l’orchestra con una serie di orridi gargarismi magari durante un pianissimo  o un momento di particolare tensione;  o la diabolica signora stile arsenico e vecchi confetti, che con mefistofelica perizia inizia a scartocciare una caramella a metà del primo atto  portandola avanti per una scena intera, incurante di occhiatacce e  commenti  stizziti. Fra i must del cafonal sotto il proscenio, la bottiglietta d’acqua di plastica da trangugiarsi  e accartocciarsi voluttuosamente durante un assolo o un monologo e l’incontinente d’assalto che di solito piazzato a metà di una fila viene assalito da un bisogno irrefrenabile proprio deici minuti dopo l’intervallo, capace di stoppare anche il direttore d’orchestra pur di poter andare in bagno!

Ma il palcoscenico del cafone è ovunque: sul treno e sull’autobus, dove, pur avendolo la natura di norma dotato di un unico deretano, per quanto voluminoso, riesce ad occupare tre o quattro posti: con una debordante borsa della spesa,  magari con qualche cappellaccio unto e naturalmente con i piedi  - un classico – sul sedile davanti. Abbiamo pure la variante calzata e scalza; difficile dire cosa sia peggio, perché la pulizia personale non rientra negli standard del cafonal, per cui spesso l’alternativa è tra fango disteso e cacio rappreso…. E provatevi a chiedergli di cedervi almeno un posto, possibilmente non quello dei piedi ….

Un altro must del buzzurro in servizio permanente effettivo è quello di dare del tu a chiunque, conosciuto o sconosciuto. Del resto il lei si chiama “forma di cortesia” che per il cafone è cinese mandarino.  Così ragazzette petulanti o bulletti di periferia  ti  appellano con un ciao nemmeno fossi un ragazzo del muretto o un cialtroncello loro pari, specialità questa anche di tanti commessi di negozio o dei baristi new age.

Non parliamo poi del  look.  Difficilmente oggi Pirandello userebbe il celebre esempio della vecchia signora imbellettata.  Si direbbe che le persone abbiano in molti casi perduto il senso del decoro, della dignità, della profonda bellezza che è insita in qualunque stagione della vita, quando non si pretenda di forzare la mano alla natura. Qualche ritocco va bene, la civetteria femminile  sa  innalzarsi a opera d’arte anche nelle età più mature,  ma quando neppure le acciaierie di Terni potrebbero far miracoli è inutile affidarsi a sgargianti tinture rosso-hallowen . Anche la befana ormai non è più una simpatica e dignitosa vecchietta ma assume spesso l’aspetto di sgargianti e variopinte carampane che neppure la fantasia di Bosch arriverebbe a partorire … e la parrucchiera si trasforma nel museo delle cere e delle cerette!

E il tatuaggio? Quello ormai è veramente diventato il medagliere del cafone. Come ufficiali e soldati portano fieri le loro decorazioni, così manzetti da palestra, torelli da osteria e bifolchi (ma anche …. “pentafolchi”) da diporto si fanno conciare la pelle dal primo pellaio del circondario per trasformarsi in inquietanti  graffiti deambulanti … Ovviamente un piccolo tatuaggio su una spalla o sul braccio potrebbe anche avere il suo fascino (per quanto …. De gusti bus !) ma ovviamente il villan fottuto (sempre in versione bisex) ignora del tutto il senso della misura e se potesse si farebbe tatuare pure la lingua e … qualcos’altro !  Per non parlare poi di anelli al naso, sveglie al collo e quanto più possibile per sciupare anche quel poco di grazioso che la natura poteva avergli donato ….

Altra variante del look cafonal, molto gettonata tra le giovani generazioni e tra gli “adolescenti” da mezzo secolo in su,  è “l’ostensione delle mutande” (quando va bene) ovvero pantaloni talmente bassi in vita che quando uno si  siede o si china ecco per la gioia degli astanti apparire la biancheria intima o peggio il suo contenuto. Un’aula scolastica offre talvolta una “panoramica di deretani al vento” poco consona alla presunta dignità del luogo. Ma il peggio è che qualche volta pure la cattedra  non scherza ….

 

 

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